lunedì 26 febbraio 2007

Fede e Reazione


(lunedì 10 luglio 2006, copyright Ore Piccole)


Vengano dieci, vengano cento, vengano mille altri libri come Contro Ratzinger, che la ISBN ha finito di stampare nell’aprile 2006 e che io ho finito di leggere nel giro di ventiquattr’ore scarse. Innanzitutto la grafica, visto che più invecchio più mi fa piacere avere in mano un oggetto libro che sia piacevole a vedersi e, caso mai, anche da mostrare orgogliosi nei parchi, sul treno, in biblioteca e alla fidanzata. La scelta di pubblicare la qualsiasi con la stessa copertina candida come una sposa, se non per il nero del titolo e del codice a barre, che è uguale e diverso per ogni volume e che coincide col logo della casa editrice, mi ha di primo acchito ricordato l’effetto che Woody Allen creava facendo precedere tutti i suoi film, si trattasse di ombre e nebbia come di una commedia sexy in una notte di mezz’estate, dai titoli di testa bianchi su fondo nero: una firma inconfondibile che incollava allo schermo anche lo spettatore distratto.
Di lettori distratti, si sa, è piena l’Italia, pertanto ben venga che una casa editrice goda di una riconoscibilità talmente forte (meglio della ISBN, forse, in questo campo è solo l’inglese Penguin, che ha creato una collana la cui copertina ritrae di volta in volta un oggetto che è l’oggetto epifanico del libro: un bicchiere di latte per Arancia Meccanica, un foglio appallottolato per Herzog, e compagnia giocando). Al lettore distratto, nella fattispecie, trovo che sia diretto questo Contro Ratzinger, non già per blandirlo come un papabile Ratzinger per Idioti, bensì per schiaffeggiarlo ben a ragione. Sfatiamo, dunque. Innanzitutto perfino il lettore occasionale potrebbe, qualora illuminato dalla grazia divina, accorgersi che manca il nome dell’autore. Paura, si dirà; macché, coraggio anzi: l’arcano è svelato dall’editore stesso, il quale dichiara subito dietro la copertina di assumersi la piena responsabilità del volume bianco col bordo giallo (i colori del Vaticano, ovvio), e di aver così voluto omaggiare “la tradizione dei libelli secenteschi”. Il lettore distratto si incuriosirà e, visto che costa soltanto dieci euro, quasi quasi lo compra.
Compra perché - come me, ma in maniera diversa - nutre il desiderio di far bella figura e cosa c’è di meglio in questo reo tempo di un volumetto contro il Papa cattivo? Così che, forte dell’ammirazione della cassiera del megastore Feltrinelli, il lettore distratto si avvia verso casa (poniamo che abiti a Modena così che io possa incontrarlo di sguincio) tenendo ben visibile il titolo nero, le due parole che pesano come un macigno, passando di fronte alla chiesa di San Domenico ovvero di San Giorgio, nella quale io sono prostrato a chiedere perdono di tutto quello che ho fatto e che farò.
Una volta sedutosi e una volta sprofondato nella lettura, il lettore distratto viene sommerso da una gragnola di sorprese. Prologo ed epilogo si scambiano di posto (Fantasioso epilogo in forma di prologo all’inizio; Fantasioso prologo in forma di epilogo alla fine), così che dalla prima pagina non si capisca più cos’è in alto e cos’è in basso. Per di più il lettore distratto si aspetta un saggio e ha dato sicuramente poco pochissimo peso alla paroletta corsiva in esergo: pamphlet. Il pamphlet, come alcuni sanno, è l’omaggio (a un uomo o a un argomento) in cui si toccano gli estremi d’amore (ossessivo-compulsivo) e guerra (senza quartiere); e poiché in amore e in guerra tutto ma proprio tutto è permesso, il pamphlet è il genere che lascia all’autore la più completa libertà di scrivere ciò che gli pare come gli pare, col pregevolissimo risultato che si diverte chi scrive e si diverte chi legge.
Non deve dunque sorprendere che l’esordio sia in forma narrativa; una sorta di distopia cattolica in cui viene convocato un referendum (in Italia, d’altronde, abbondano) la cui domanda suona: Volete che Dio esista? (i Francesi, che non per niente hanno tagliato teste, sono gli unici a formularla al contrario: Est-ce que vous voulez que Dieu n’existe pas?). Fatto sta che vincono i sì (in Francia i no, che è lo stesso), a testimoniare la diffusa esigenza di soprannaturale; dalla consapevolezza di quest’esigenza muove il pamphlet, e non solo: questa consapevolezza fondante è il suo pregio primigenio, stante che le librerie sono prese d’assalto da testi che muovono dal presupposto ancipite che di Dio non vi sia più alcun bisogno (leggete Onfray, leggete Ruggenini; anzi, non leggeteli affatto) e che chi vi resti appigliato sia, espresso in termini più intellettualmente corretti, un misero coglioncello - il tutto grazie a una riproposizione in salsa postmoderna dei baffi di Nietzsche e dei lumi di Voltaire.
Io ho studiato Voltaire a sufficienza da essere del tutto anti-illuminista (le ammiratrici più scatenate potranno presto spendere qualche decina di euro per leggere il mio saggetto Sei ebrei contro un cristiano: il problema Voltaire da Hertzberg a Schwarzbach sul numero annuale di Studi Filosofici, Istituto Orientale, Napoli); ma dell’Illuminismo ho conservato quanto basta per apprezzare la capacità dell’Anonimo anti-ratzingeriano di schierarsi (dalla parte sbagliata, inevitabilmente) con raro talento nel dimostrare di aver ragione. Tutte, ma proprio tutte, le prese di posizione sono argomentate teoreticamente (ma io rifuggo dalla filosofia pertanto, una volta presone atto, non mi ci addentro); tutti, ma proprio tutti, gli eventi sono commentati con notevole arguzia storica.
Il magistero di Ratzinger, da capo dell’ex Santo Uffizio a dopo la chiamata al soglio petrino, è notoriamente collegato a quello di Wojtyla. Insieme hanno lavorato per vent’anni e più; insieme hanno dettato le linee guida del cattolicesimo di fine secolo; insieme hanno condotto (non nel senso televisivo del termine) la Via Crucis più toccante a memoria d’uomo (cioè mia), l’uno soffrendo in silenzio e l’altro denunziando l’insana sporcizia della Chiesa. L’Anonimo sa benissimo che, nel proliferare di rimpianti per Giovanni Paolo II e di giaculatorie contro il Papa cattivo e per nulla telegenico, compiere l’operazione inversa e fonderli in un unico macropapato destinato a durare ancora (spero) a lungo significa colpire l’uno colpendo l’altro, riempire la botte e ubriacare la moglie, tirare il collo a tutta una religione senza offrirle scappatoia alcuna.
L’Anonimo lo fa, con cognizione di causa. Se non sapessi a priori che Ratzinger era nel giusto, l’elenco di vent’anni di cantonate (contro Leonardo Boff tanto quanto Marcel Lefebvre, Anthony De Mello, l’imbarazzante Emmanuel Milingo) mi avrebbe impressionato non poco. Gli inserti narrativi sono davvero ben scritti, il che li avrebbe resi pericolosissimi agli occhi della censura di due secoli fa. La conoscenza degli scritti di Ratzinger è enciclopedica e i rimandi delle citazioni sempre puntuali; la rilettura della vita di Wojtyla, quando ci si aspetta che tutto sia già stato detto, indubbiamente penetrante. Perfino le cadute di stile (il futuro Papa operaio della Solvay minacciato dal futuro Papa soldato nazista) non mancano, paradoxically enough, di un certo stile.
L’unica sbandata è, manco a dirlo, sulla politica sessuale della Chiesa (nel capitolo Dell’amore infecondo, dell’orrore assoluto). Va preso atto che all’Anonimo non salta in testa - come invece a molti sedicenti buoni cattolici, per tacere degli avversari - di sostenere che il fine ultimo del Cattolicesimo sia impedire il piacere fisico: l’Anonimo invece ha letto, capendola, l’enciclica Deus Caritas Est. Tuttavia, viene fatta una certa confusione sull’ostilità ad alcune pratiche sessuali, mettendo sullo stesso piano masturbazione, rapporti prematrimoniali, omosessualità e quant’altro, di modo tale da lasciar intendere - anzi, dicendo esplicitamente - che sia il Catechismo stesso a fare confusione (non è vero, direi: controllate il Catechismo della Chiesa Cattolica, paragrafi 2351-2359). Basterebbe andare a confessarsi una sola volta per scoprire che c’è molta più gradazione (e molta più comprensione) di quel che si creda; tanto che m’è sorto il sospetto che l’Anonimo abbia deliberatamente intorbidito le acque, su questo passaggio tanto caro alla tradizione della morale anticattolica, proprio perché il pamphlet, per la sua stessa costituzione naturale, implica e per certi versi obbliga al gioco sporco.È un libro d’altri tempi, per questo m’è piaciuto; il lettore distratto lo compra e non lo finisce, deluso di non sentirsi dire ciò che vorrebbe come vorrebbe; ma è un chicco di senape che cresce e dà frutto. Dunque vengano dieci, vengano cento, vengano mille altri libri come questo: obliquamente, potrei dire perché la riproposizione critica e sintetica di una summa Ratzingerii, fatta tanto onestamente, non può che far sorgere più sostenitori che iconoclasti, almeno fra gli assennati - non lo dico, però. Dico invece che una mia amica clarissa immagina il Paradiso come una festa, alla quale non si sarebbe felici di accedere se non si potesse portare con sé qualcuno che non è stato invitato; qualora fossi degno di tanto onore, mi prenoto per portare con me l’Anonimo di Contro Ratzinger, così almeno avrò qualcuno con cui scambiare due chiacchiere vivaci.

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