lunedì 26 febbraio 2007

Il campionato più bello del mondo

(sabato 18 novembre 2006, copyright Il Resto del Pallone)

Scrivo dopopranzo con il cuore in gola e la radiolina accesa, mentre i cronisti decantano uno dopo l’altro le formazioni che entrano in campo, e ogni settimana l’emozione si rinnova: perché Abramovich e Calderon potranno spendere tutti i soldi che vogliono, Zambrotta e Shevchenko potranno scappare dove preferiscono, la televisione satellitare collegarsi con gli stadi di Cina o Stati Uniti, ma va sempre a finire che il campionato più bello del mondo noialtri Italiani ce lo giochiamo in casa, la radio a squarciagola, la Gazzetta del lunedì precedente aperta (anzi, spiegazzata) sulla pagina della classifica e un occhio costantemente rivolto alla storia, alla gloria, al campanile e alla maglia che torna fedelmente ogni sette giorni da anni immemorabili e per chissà quanti anni ancora.
La storia, appunto: cos’hanno in comune, all’occhio del profano, il 1899, il 1952, il 1925, il 1990 e il 1985? A prima vista niente, ma l’appassionato, anzi l’innamorato, con la voce spezzata dal pianto risponde al volo che sono tutti anni in cui lo scudetto è stato vinto da squadre che oggi come ogni sabato giocano in Serie B: in rigoroso ordine di classifica, il Genoa, la Juventus, il Bologna, il Napoli e il Verona. Tradotto in soldoni, si tratta di complessivi quarantasei titoli (1 il Verona, 2 il Napoli, 7 il Bologna, 9 il Genoa e 27 la Juventus, più 2 non pervenuti); quarantasette se vogliamo generosamente contare il titolo vinto dai Vigili del Fuoco di La Spezia che tutto sommato nel 1944 indossavano una maglia non dissimile da quella dello Spezia di oggi senza più Vigili del Fuoco.
Ma non è solo una questione di scudetti, perché il calcio non è fatto di numeri e vittorie. Certo, l’occhio del tifoso è allenato a scorgere l’ombra delle passate gesta sulle maglie della squadra che ama (o di quelle che odia, o semplicemente ammira, o con le quali convive più o meno indifferente), e sa che il recentemente ripulito bianconero della Juventus conserverà sempre un’ombra tricolore che gli omocromatici di Ascoli, Siena e Udine si sogneranno probabilmente in eterno. Tuttavia si viene colti da un moto d’amore per la Serie B già solo pensando al continuo scontro che inscena ogni sabato fra l’eccelso e l’infimo, le nobili decadute che riempiono stadi enormi e le provinciali emergenti che chiamano per nome i loro tifosi.
Neanche questo è il punto, però. Se, per assurdo, nessuna delle grandi scudettate fosse stata chiamata a infangarsi alla periferia del calcio luminoso, non verrebbe meno la poesia della provincia. Mi sembra un calcio più vero, quello cadetto: non solo per trita retorica ma per una superficiale notazione tecnica che spiegherò con un esempio. Sabato scorso, il primo goal della Juventus è stato criticato a reti unificate per via di una gamba di Nedved alzata troppo vicino alla faccia di un giovanotto che giocava nel Pescara. Hanno dimenticato, i signori moviolisti, che la Juventus era stata retrocessa. Hanno dimenticato che in Serie A si incrociano i fioretti ma in Serie B le mazze ferrate: è il motivo per cui Nedved è rimasto a inabissarsi nel fango. È il motivo per cui Ibrahimovic è andato a zampettare altrove.
La Serie A è il salotto, la Serie B è la terrazza la cui vista domina l’Italia. Affacciandosi, quest’anno il tifoso può vedere le valli bergamasche contro Brescia capitale, gli infiniti derby della Via Emilia, la lotta per la supremazia nel Triveneto, così come negli anni scorsi poteva vedere, cito a caso, San Benedetto del Tronto, Licata, Cava de’ Tirreni e Castel di Sangro senza dover scendere nella buia cantina della Serie C. Può vedere un campionato in cui tutto è possibile (perfino che il beneamato Bari stia perdendo, come in quest’istante, a Frosinone costringendomi a prendere a testate la tastiera) e i cui eroi si chiamano Vito Chimenti, Walter Junior Casagrande, Totò De Vitis. Dov’è nato il Foggia di Zeman? Dove sono nati il Parma di Sacchi, il Mantova di Fabbri, l’Ascoli di Rozzi? La Serie B è la causa; la Serie A è la conseguenza. L’università del calcio è alla domenica pomeriggio, siamo d’accordo; ma ho sempre pensato che al liceo ci si diverte di più, e che è pure più istruttivo.Ora smetto di dire e mi godo in religioso silenzio il secondo tempo di Napoli-Bologna. Mi dicono invece che quest’anno la Serie A è piuttosto noiosa, nonostante Catania-Livorno.

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