domenica 26 agosto 2007

Operazione Santa Chiara

Colui che sposa la sua vergine fa bene
e chi non la sposa fa meglio.
(1Corinzi 7, 38)

Mannaggia ai preti, mannaggia ai fedeli. Ieri ero al matrimonio di una splendida ragazza con due splendide sorelle di splendida famiglia (a beneficio delle lettrici va detto che non ero lo sposo) e il celebrante non ha trovato di meglio per concludere la sua (lunga) predica che citare – come oserò dirlo? Non so la vostra, ma la mia edizione della Bibbia consta di milletrecentoquaranta pagine stampate su doppia colonna a carattere corpo otto; di conseguenza anche chi non l’avesse mai letta, ma soltanto aperta per sbirciarne il layout, ha tutto l’agio di dedurre che (se non altro per la legge dei grandi numeri) il librone brulica di possibili esempi e citazioni riguardo al matrimonio. Senza pretendere di essere un esegeta, mi permetto di far notare che la mia stessa edizione della Bibbia, al modico costo di sei euri e novanta (considerate che comprare Repubblica per tutta una settimana costa sette euri e cinquanta), fornisce un congruo indice analitico grazie al quale, cercando sotto matrimonio, chiunque si trovi nella necessità di una predica d’occasione può agevolmente orientarsi: “trova gioia nella donna della tua giovinezza” (Proverbi 5, 18); “l’ho amata e ricercata fin dalla giovinezza, ho cercato di prendermela come sposa, mi sono innamorato della sua bellezza” (Sapienza 8, 2); “più numerosi dei figli dell’abbandonata sono i figli della maritata” (Isaia 54, 1); “io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità; giurai alleanza con te e divenisti mia” (Ezechiele 16, 8). Senza contare le nozze di Cana; la storia di Booz e Ruth; quella di Tobia e Sara figlia di Raguele; tutto il Cantico dei Cantici; la legislazione maritale di Levitico 18; la nuova legislazione della prima lettera ai Corinzi. In caso estremo di matrimonio fra persone insopportabili si può eventualmente citare Osea 1, 2: “Va’, prenditi in moglie una prostituta e abbi figli di prostituzione”. Posta questa premessa, riprendo il discorso.

Ieri sono andato a un matrimonio e il celebrante non ha trovato di meglio per concludere la sua (lunga) predica che citare – testualmente – “una massima del sufismo, la corrente mistica dell’Islam”. Cosa dicesse questa massima non l’ho sentito, perché dopo una simile ouverture il mio unico istinto era di trattenermi dal fare al prete in questione quello che buona parte dei suoi amici mussulmani (e poligami) non si sarebbe trattenuta dal fargli se si fosse azzardato a celebrare messa, invece che a Gravina, a Trebisonda o nel sud delle Filippine o della città santa di Qom. Né sono stato l’unico a sorprendermi: lo stupore per l’affermazione è stato tale che alcuni dei presenti si sono addirittura svegliati di soprassalto.

Bisogna salvare il cattolicesimo dai preti (non tutti), dunque, che per sembrare à la page diventano i peggiori difensori delle radici giudaicocristiane dell’Occidente; così come bisogna salvarlo dai francescani (non tutti) che sull’altare di Assisi mischiano le loro funzioni con quelle degli scintoisti e dei Dio solo sa cosa, dai gesuiti (non tutti) che fanno lunghe prediche senza citare Gesù Cristo una sola volta che fosse una, dai comboniani (non tutti) che vogliono negare la comunione ai soldati italiani che in Iraq non potevano sparare nemmeno per difendersi e non morire. Bisogna salvare il cattolicesimo anche dai fedeli, già che stiamo, visto che se si va a un matrimonio si applaude agli sposi, se si va a un battesimo si applaude al bambino che frigna, se si va a un funerale si applaude alla bara in mogano con interni viola; quale sarà il prossimo confine? Le pernacchie alle cresime, i putipù alle estreme unzioni? Soffiare nelle lingue di menelicche all’imposizione dell’ordine sacro? I cd delle migliori confessioni in allegato con l’Espresso?

Se soltanto l’infinita misericordia divina, ieri mattina, ha fatto sì che alla citazione sufista del prete filoislamico non venisse giù l’intera chiesa (una di quelle chiese moderne peraltro, che si distinguono dalle moschee perché la gente porta le scarpe e dai garage perché ci sono delle panche allineate; in cui a prima vista non si riesce a trovare uno straccio di Crocifisso, né lo si trova a seconda e a terza vista, ma solo verso il quindicesimo controllo ci si rende conto che il Crocifisso c’è ma è piccolissimo, ha l’aria di chi sta là solo perché non se ne può far a meno, è la carta d’identità di una chiesa che si vergogna di non essere un supermercato), lo Spirito che soffia dove vuole ha saputo darmi, ieri sera, un motivo di sollievo. Come molte sorelle hanno preso soltanto i pregi dei fratelli, così le monache clarisse sono dei francescani senza difetti. Non sgozzano galline in onore di Manitù e non marciano per la pace con i nipotini di Stalin ma passano la giornata in preghiera e gli anni in clausura; gli addobbi degli altari li fanno loro, la disposizione floreale la decidono loro, poi danno soldi ai bisognosi e fanno dolci e liquori particolarmente consolanti. Il sufismo nemmeno sanno cosa sia perché sono troppo impegnate a pregare: pregano per le persone che non hanno tempo di farlo, per quelle che se ne dimenticano, per quelle che non hanno voglia e per quelle che non ne hanno la minima intenzione; pregano per il seme che cade sulla roccia e per quello che si secca al sole e per quello che viene divorato dai rapaci e per quello che viene soffocato dalle spine. Voi magari state facendo del vostro meglio per finire all’inferno; poi un bel giorno morite (fra cent’anni, per carità) e vi trovate risucchiati in Paradiso grazie alle sovrabbondanti preghiere di una clarissa che manco vi conosceva.

Mannaggia ai preti, mannaggia ai fedeli, evviva le suore: a più di tre secoli dalla fondazione del loro monastero e dopo anni e anni di incontri periodici e attivi coi giovani e coi bambini e con tutti gli strati della società civile, ieri sera le clarisse di Altamura hanno festeggiato la partenza per Roma di una nuova novizia; nel resto d’Italia quest’anno ce ne sono altre due. (Va notato che nella circostanza un’intuitiva bambina di otto anni ha dichiarato di essere giunta all’irrefragabile conclusione che gli uomini sono tutti stronzi).

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