mercoledì 9 gennaio 2008

Tempo di recupero

(Gurrado per Quasi Rete / Em Bycicleta)

L’Historia si può veramente deffinire
una guerra illustre contro il Tempo

(Alessandro Manzoni)


…e se Javier Marías, in Selvaggi e Sentimentali (Einaudi 2002), sosteneva che il calcio è il recupero settimanale dell’infanzia, io mi permetto di andare oltre e ritenere che il calcio funzioni proprio in quanto superamento del tempo e passaporto estetico per l’immortalità. Vado a dimostrarlo.


Dei miei diversi collezionismi più o meno nevrotici (uno dei quali mi spinge da undici anni ad accumulare senza ritegno diverse edizioni dello stesso romanzo), il più difficile a giustificarsi è quello che mi porta all’acquisto compulsivo degli Almanacchi Illustrati del Calcio Panini. Qualche mese fa mi è stato molto difficile spiegare – negli ambienti intelligenti che soglio frequentare, dove ahimé sono noto per lavorare coi libri e vivere di libri e respirare libri fin dalla più tenera infanzia – che, sul podio dei cinque libri più importanti nella mia vita, il primo gradino spetta all’Almanacco del 1989, con Franco Baresi in copertina: uscita che ha scioccato più di un critico o ammiratore pronto ad aspettarsi che mi pronunciassi per il classico intramontabile, per il libro chiuso per intellettuali, per l’opera aperta sperimentale, e così via.


Nell’infelice occasione, non avevo scelto l’Almanacco del 1989 soltanto per ragionevoli (e irrazionali) criteri affettivi, ma basandomi sull’elementare considerazione che il volume in questione da un lato aveva resa possibile e tangibile la trasformazione dell’emozione aleatoria di una partita in pagina definitiva; dall’altro aveva dato abbrivo alla mania dalla quale mi è tuttora, quasi vent’anni dopo, impossibile distaccarmi. Ragion per cui, appena vedo in giro un Almanacco Illustrato del Calcio Panini, non c’è verso: lo compro.


Comprarlo di anno in anno ha senso perché giova alla memoria a breve termine, consentendole di ripassare i risultati più freschi, tanto quanto alla memoria a lungo termine, costituendo via via un archivio grazie al quale ricordare nei secoli dei secoli che l’Inter è stata eliminata al primo turno di Coppa Uefa ’91-’92 dal Boavista; ma questo è niente. Comprarlo di anno in anno, quando si è abbondantemente maggiorenni e decisamente capaci di intendere e di volere, è la controfirma dell’età adulta all’intuizione di Javier Marías: infatti comprandolo ogni volta recupero l’infanzia poiché reitero consapevolmente il gesto compiuto da mio padre che, quando avevo otto anni, mi comprò l’Almanacco del 1989 di cui sopra. Arriva dicembre, esce l’Almanacco e ogni anno, correndo in edicola col sangue agli occhi e piombando sulle ginocchia fino al momento in cui il giornalaio non me lo concede previo congruo esborso di denaro contante, sono al contempo già padre e ancora bambino.


La figura del padre in questa circostanza non è retorica, anzi fondamentale. In principio fu lui, sbolognandomi alcuni vecchi inserti calcistici del TV Radiocorriere, a fornirmi la prova provata che la storia non iniziava nel 1987 con il mio primo apporto percettivo, e che quindi Van Basten e Matthäus non erano nati per partenogenesi ma erano la conseguenza di un viluppo che rimontava indietro negli anni: e gli speciali del TV Radiocorriere delle estati 1983 e 1984 e 1986 – ciascuno volto a presentarmi un campionato che mi era sfuggito per troppa giovinezza ma che pur tuttavia aveva avuto una realtà oggettiva che mai nulla mi avrebbe potuto restituire – me ne accesero in petto un desiderio inesausto.


Lì si origina la mia rincorsa al tempo che fu, a ciò che antecedé la mia infanzia calcistica il cui punto d’inizio è segnato dall’Almanacco del 1989. Così, nell’attesa che ogni anno arrivi dicembre e che un volume nuovo di zecca si aggiunga alla collezione, di tanto in tanto qualche rigattiere si fa alleggerire di un vecchio Almanacco Illustrato del Calcio Panini dopo avermi alleggerito il portafoglio alla bisogna. Nello scaffale apposito, dunque, il segmento che si origina nell’Almanacco del 1989 ormai non si allunga più soltanto verso destra con le edizioni del ’90, del ’91 e così via fino al 2007 e al 2008 nei prossimi giorni; ha preso ormai a crescere anche verso sinistra, in senso inverso al progredire del tempo, con le edizioni dell’88 (in copertina Altobelli) e dell’84 (Bruno Conti) e dell’82 (Scirea) e col proposito incrollabile di colmare, con tempo e pazienza nella ricerca, tutti i buchi che il tempo ha lasciato dietro di me, fino a trasformare il segmento in una retta continua e come tale (per definizione) infinita.


Io non so come sia l’inferno, mentre sul Paradiso ho le idee piuttosto chiare: sarà la sospensione di ogni temporalità che mi permetterà di vedere in diretta tutti i campionati che mi sono sfuggiti per nascita ritardataria; mi stupirò per l’Hellas Verona che vince lo scudetto e tratterrò il fiato a ogni ruzzolone di Riva; vedrò l’Inter che vince la Coppa dei Campioni ed esulterò per l’impero calcistico dell’Italia fascista. Sarà la dilatazione dell’infanzia, la conquista dell’eternità, l’immortalità recuperata: come volevasi dimostrare.

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