martedì 5 febbraio 2008

La negazione dell'evidenza

Se guardate le foto delle brevi consultazioni esplorative, l’ombra di Marini ha gli occhietti vispi, gli occhiali leggeri, la barba incolta e un’espressione di compunta superiorità. Dietro Marini c’è Enzo Bianco: presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato, relatore della bozza omonima per la proposta di legge elettorale (il potpourri che veniva presentato in tre diverse versioni a seconda dell’interlocutore), Bianco custodiva e vegliava Marini con un ruolo di garanzia.

Né si può negare che Enzo Bianco sia una garanzia: da sindaco di Catania intese celebrare il capodanno commissionando a un artista postmoderno e ipercontemporaneo (Pomodoro o Melanzana) delle enormi candele da elevare al centro della piazza principale; sortendone il risultato che, una volta accese, le enormi candele si sciolsero né più né meno di quelle dalle misure più contenute, cospargendo di cera mezza città e lasciando che i catanesi continuassero a scivolare per le vie del centro storico fino all’Epifania (ho dalla mia la testimonianza di un amico che andava in motorino ed è caduto sui resti dell’opera d’arte). Da Ministro dell’Interno nel governo D’Alema, durante un viaggio in Turchia venne filmato nell’atto di infilare una banconota nelle mutande ballonzolanti di un’odalisca (sia chiaro che non critico l’atto di infilare banconote nelle mutande; critico la fesseria di lasciarsi filmare). Da Ministro dell’Interno nel governo Amato, gestì le elezioni politiche del 2001 che prevedevano la chiusura dei seggi alle 22, in alcuni casi protratta fino al cuore della notte per esaurire le file in attesa (s’è trattato peraltro delle elezioni meno chiare della storia della Repubblica, poi ampiamente superate dalla nottataccia del 2006; speriamo bene per le prossime).

Nella necessità di difendere l’indifendibile davanti alla platea di Porta a Porta e soprattutto di fronte all’agguerrito Maroni e all’ecumenico Bondi, il centrosinistra non ha trovato di meglio che spedire lo stesso Enzo Bianco, reduce dall’indefessa attività di gendarme muto al fianco di Marini in questi giorni di fervide consultazioni. E, costretto a tacere per mezza settimana, finalmente Bianco ha potuto scatenarsi; guardando incerto ora Bruno Vespa ora la lucina della telecamera, ha ripetuto forte e chiaro la pappardella fattagli mandare a memoria dai celebri romanzieri Walter Veltroni e Dario Franceschini. Ha ribadito che il Partito Democratico intende concentrarsi su pochi punti semplici e chiari, affrontando di petto i veri problemi della pancia del paese: i salari bassi, la sicurezza fragile, le riforme costituzionali. L’ha detto con un piglio, con una decisione, con una cattiveria tali da riuscire quasi a convincermi che negli ultimi due anni al Governo mica c’era il Partito Democratico, macchè, c’erano i DS e la Margherita.

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