mercoledì 30 aprile 2008

Un amico in Parlamento

...Nirenstein, Nizzi, Nola...

Ora, a parte che il presidente temporaneo della Camera, Pierluigi Castagnetti, ha pronunziato dapprima "Nirenstèin" così come si legge, poi s'è corretto a metà biascicando "-stàin" rimontando di fatto alla tradizionale disputa fra Gene Wilder e Marty Feldman in Frankestein Junior ("Frankenstàin?" "Frankenstìn!"), il primo motivo per cui sto controllando con l'occhio sinistro la seduta mattutina di Montecitorio è seguire il primo giorno da onorevole di Carlo Nola, eletto del PdL nella circoscrizione Lombardia 3.

Carlo Nola ha 48 anni, è avvocato e vive a Pavia. È stato segretario del locale Fronte della Gioventù negli anni in cui a destra c'era la porta stretta, e non gli ampi portali che si aprono oggidì. È stato segretario provinciale del Movimento Sociale Italiano, e ha guidato la sezione di Pavia traghettandola in Alleanza Nazionale. L'ho conosciuto qualche anno fa nella sede di AN, quando io ero studente e lui consigliere regionale. Fino a ieri era assessore provinciale ai trasporti.

La domenica dopo le elezioni mi ha incrociato in Piazza della Vittoria e mi si è fatto incontro ("Posso salutare il mio scrittore preferito?"). Poi mi ha detto che gli toccava andare a Roma. C'è forse un moderato scetticismo nei confronti delle persone che si conoscono, tale che pur sapendo che era candidato alla Camera non m'ero posto il problema che venisse eletto; non per scarsa fiducia nelle sue capacità e nella sua passione, figuriamoci: banalmente perché m'era entrata in testa la silenziosa convinzione che il Parlamento restasse comunque inaccessibile all'esperienza comune, concreta, mia e sua. Il suo posto in lista non era d'avanguardia. Non avevo considerato però che i capilista erano Berlusconi e Fini in Lombardia 3 così come in tutta Italia, e che quindi avrebbero verosimilmente optato entrambi per altri lidi (Berlusconi per il Molise, Fini non lo so). Risultato: oggi, non ieri, è il primo giorno di Carlo Nola, onorevole ripescato.

Soprattutto, non avevo considerato che la distanza della politica dai cittadini (e/o viceversa) è in realtà una cretinata. La politica è fatta di persone concrete che ricoprono incarichi di governo a livello comunale, provinciale, regionale e nazionale ma che - come tutti i comuni mortali - portano il proprio corpo a spasso sugli stessi marciapiedi che calpestiamo noialtri, professionisti o impiegati, disoccupati o scrittori preferiti. Quella che il presidente provvisorio della Camera ha chiamato all'appello dopo Nirenstein e Nizzi è la stessa identica persona alla quale ho stretto ogni volta la mano, con la quale ho chiacchierato mentre andavo a fare la spesa e alla quale ho spedito cartoline dall'Inghilterra. Che oggi io lo veda non dal vivo al bar in piazza della Vittoria ma attraverso una diretta televisiva non me lo rende più distante: anzi, a vederlo così conservo la serena consapevolezza che, votando per il Presidente della Camera, scrivendo sulla sua scheda "Gianfranco Fini", l'abbia fatto un po' anche per me, e non posso che ringraziarlo.

Intanto séguita la conta: ...Tremaglia, Tremonti, Tullo...

lunedì 28 aprile 2008

Un po' di liveblogging alla romana


h 18:18
Non sono più padrone delle mie azioni. Fra poco spengo il computer e vado a guardare La7.

h 18:11
A 2373 sezioni (ne mancano duecentoventisette), col 53,4% (vantaggio del 6,9%), direi che si può smettere di contare e iniziare a festeggiare.



h 18:05 2158 sezioni, 53% pieno. E' la vittoria del modello romano.

h 17:57
Fini ha detto che è una pagina storica. Sto per mettermi a piangere.

h 17:42
Silenzio, prego. Rispondo a una mail di Spangly Princess (2082 sezioni, 53,2%, vi pare niente?).

h 17:37
1998 sezioni, Alemanno sale al 53,1%. Sta' a vedere che si erano lasciati alla fine i municipi più destrorsi.

h 17:32
Le sezioni sono 1843, Alemanno è al 53,08%. Secondo me fra poco qualcuno del PD inizia a parlare di storica rimonta nelle restanti cinquecentocinquantasette sezioni.

h 17:28
Rai3 sta trasmettendo Cose dell'altro Geo, e in particolare il documentario "La leggenda degli uomini-piuma". Costoro, a quanto pare, non sono Rutelli e Veltroni ma degli aborigeni col culo di fuori. Da Sky Tg24 il conduttore lascia trapelare una tragica notizia: "Ermete Realacci (PD) ci ha lasciati alle 17".

h 17:22
Forse è il caso di vedere cosa dice la tv. Ho un gran prurito di sintonizzarmi su Rai3.

h 17:20
Se a qualcuno interessa, le sezioni sono 1.647 e Alemanno è al 52,87%.

h 17:17



h 17:13
1446. 52,8. Tie'.

h 17:10
Iniziano i cori alpini: Noi andre-e-mo a Roma sa-a-nta, a vedere il Campidoglio! Pianteremo su quel soglio la bandiera tricolor, pianteremo su quel soglio la bandiera tricolor!

h 17:09
1338. 52,6%. Mi sa che a Rutelli je mettono er braccialetto.

h 17:07
1231 sezioni. 52,69%. Alemanno.

h 17:00
Le sezioni sono 1080. Alemanno è al 52,7%. Devo fare la pipì.

h 16:54
Mi sono interrotto un po' per consolare Spangly Princess, che non ha nemmeno potuto votare (cfr. commenti qui sotto). Se non che nel frattempo The Right Nation informa che le sezioni sono 878 e Alemanno è al 52,8%. Inoltre il Mancia fa notare che rispetto al primo turno, a parità di sezioni, Rutelli ha guadagnato lo 0,7% e Alemanno il 12,9%. Gesù. (Ma è ancora presto).

h 16:48
Alemanno sale al 52,7%. Le sezioni sono 707.

h 16:44
Mi ha chiamato mia madre, senza preavviso. Sembra che Branko abbia detto che da lunedì (oggi) inizi un periodo molto positivo per i Pesci. Alemanno è nato il 3 marzo.

h 16:40
Alemanno ha sempre il 52,5%, ma le sezioni sono 486 (su 2.600, quasi un quinto). Prepariamo le bandiere?

h 16:35
416 sezioni, Alemanno al 52,5%.

h 16:34
377 sezioni, Alemanno al 52,3%.

h 16:31
Le sezioni sono 290 e Alemanno ha sempre il 52%. Non aggiungo altro.

h 16:29
Va notato che oggi pomeriggio era nelle mie intenzioni lavorare alacremente. Però se la Storia chiama Gurrado risponde.

h 16:26
Pare che Alemanno mantenga il 52% a sezioni raddoppiate (260, un decimo del totale). Voi non sapete quanto mi sto grattando.

h 16:19
Se il buongiorno si vede dal mattino, Roma (comune: 113 sezioni su 2.600) Rutelli 47,2%, Alemanno 52,0%. Tanto scrive The Right Nation. Ma è mattino presto, molto molto presto.

h 15:15
Geniale intervento di Maurizio Gasparri a Sky Tg24: "Fare commenti sui pronostici è azzardato. Fare commenti sul nulla è folle. Pensavo aveste proiezioni, exit poll, qualcosa. L'unico dato che abbiamo è l'affluenza delle 22. Mandate in onda un film."

h 15:01
Sono le tre e un minuto. Inizia il terrore.

h 14:51
Se siete a Roma e volete impiegare utilmente questi ultimi nove minuti elettorali, prima andate a dare un'occhiata al sito Degrado Di Roma, dopo di che catafottetevi al seggio e votate Alemanno facendo una, dieci, cento crocette sul suo nome.

h 14:38
In fin dei conti anche Prodi era Romano.

h 14:21
La pancia del Paese: per il mio portinaio il ballottaggio potrebbe vincerlo Rutelli, ma il derby lo vince sicuramente l'Inter 1-0.

h 13:50 Sondaggio fra i Romani/6 Sms di Otta (area centrodestra dell'amore): Anto, purtroppo per noi credo che vinca Rutelli...ma io spero in Gianni!

h 12:55
Ahò, vado a magnà.

h 12:52
Tutte le analisi politiche di questi giorni trascurano un fattore fondamentale: a Roma vive una mia amica monaca di clausura presso un convento di Clarisse. Non vota ma prega. Potrebbe vincere Alemanno.

h 12:49
Un po' di angoscia deriva dal fatto che Political Betting, il sito di bookmakers inglesi che due settimane fa aveva addirittura previsto la vittoria di Berlusconi, non contempla traccia della corsa a sindaco di Roma. Si vede che sono distratti con quello di Londra (si vota giovedì).

h 12:37
Non so voi ma io ho la tremarella storica, la stessa del 27 marzo 1994.

h 12:29 Sondaggio fra i Romani/5
Sms di Flavia (area dottori di ricerca in antropologia): Rutelli immagino, ma non potrei giurarci.

h 12:28 Sondaggio fra i Romani/4
Sms di Spangly Princess (area signorine inglesi coi capelli rossi e abbonate alla Curva Sud): Direi Rutelli ma è molto vicino e l'affluenza è in calo netto, quindi non sono per niente sicura (seguono apprezzamenti su Rutelli che non pubblico). Va notato che SP (QR?) è inglese e l'Inghilterra è un luogo ragionevole. Roma no.

h 12:28 Sondaggio fra i Romani/3
Sms dello Zio (area si stava meglio quando si stava peggio): Non ti so proprio dire, ma dopo la cosa della Storta e dei braccialetti alle donne, Alemanno ha buone chances! In ogni modo lui non vota perché non ha la residenza, un voto in meno ad Alemanno.

h 12:28 Sondaggio fra i Romani/2
Telefonata dettagliata di Silvia (area sinistra incazzata altromondista e astenzionista): è appena andata a votare, per la prima volta dopo non so quanto (tanto che alle politiche la sua astensione ha contribuito all'estromissione della Sinistra Masochista), tirata a forza da amici e parenti per evitare la catastrofe. Ha ripetuto più volte che c'è tensione, c'è tensione, c'è preoccupazione, c'è preoccupazione. Ha ovviamente votato Rutelli e, se il suo comportamento non è isolato e implica un trend, potrebbe ragionevolmente vincere Rutelli (ma Roma non è un luogo ragionevole). In ogni modo mi ha detto che comunque vadano le elezioni dopo lo spoglio parte e va per due settimane in mezzo ai campi profughi palestinesi. In Palestina, non a Tor Pignattara.

h 12:26
Sondaggio fra i Romani/1 Sms di Elisabetta (area centrodestra monarchico e cattolico come me): Potrebbe anche vincere Alemanno, sai?

h 12:24
Secondo me finisce fifty fifty, come la trasmissione di Gerry Scotti. Testa a testa dalle sei del pomeriggio in poi, serata con commenti entusiastici e terrificati da entrambe le parti, notte bianca davanti alla tv, conclusiva vittoria dubbia di Rutelli con margine insignificante, lacrime.

h 12:17
Poiché è arrivata la donna delle pulizie, si spolvera.

h 12:08
Come sempre un liveblogging migliore del mio (e più serio) sul blog di Andrea Mancia, The Right Nation. C'è anche l'analisi dell'affluenza a Roma municipio per municipio, con appresso il dettaglio di come quel municipio si fosse espresso al primo turno in favore di Alemanno o di Rutelli. Nel municipio in cui l'affluenza è più bassa (il primo), Rutelli era in vantaggio del 10%. Nel municipio in cui l'affluenza è più alta (il dodicesimo), Rutelli era in vantaggio dello 0,8%. Nel municipio in cui Rutelli aveva preso più consensi (l'undicesimo), l'affluenza è al 47,8%. Nel municipio in cui Alemanno aveva preso più consensi (il ventesimo), l'affluenza è al 45,2%. Vorrà dire qualcosa? Sarà la riedizione dell'astensionismo di sinistra di due settimane fa? Sta a significare che quelli dell'Udc e della Destra sono andati a fare i bagni? Potrebbe sottintendere che tutte queste analisi a tre ore dalla chiusura dei seggi sono del tutto inutili e servono solo a tirare l'ora di pranzo, che in Longobardia peraltro arriva prestino?

h 12:05
La prova provata del calo dell'affluenza: si ballotta pure per la provincia di Asti ma ieri sono andato a prendere un gelato con un'amica. Di Asti. A Pavia. Segno evidente che non è andata a votare.

h 11:47
Tutto è cominciato con Rutelli, con Rutelli tutto finirà. A pensarci bene il Partito Democratico è nato nel 1993, la bellezza di quindici anni fa, ovvero quando il centrosinistra vinse le comunali a Roma. Tangentopoli aveva fatto piazza pulita dei partiti tradizionali, e non esisteva ancora un contenitore per i moderati che non si riconoscevano nel PDS. Candidare Rutelli fu una scelta dettata dalla consapevolezza della particolarità della Capitale, dove meglio che a Napoli (con Bassolino) e a Venezia (con Cacciari) venne tentato l'esperimento di fondere gli eredi (legittimi) del Partito Comunista con residui di democristianesimo, venature di radicalismo e un indefinito generone dalla conclamata superiorità morale e intellettuale (in quei giorni, l'inserto satirico de L'Italia Settimanale coglieva nel segno titolando: "O Rutelli o la barbarie di quei fascisti"). Fosse stata Roma un luogo ragionevole, Rutelli avrebbe dovuto vincere al primo turno, col settanta per cento, si finì al ballottaggio come oggi.
Tutto è cominciato con Rutelli, con Rutelli tutto finirà. Dall'altra parte si candidava Gianfranco Fini, all'epoca ancora con gli occhialoni, segretario del Movimento Sociale Italiano (Alleanza Nazionale a stento la si supponeva, né esistevano le attuali tristi parodie della fiamma). Ineleggibile per ipotesi, espressione di uno e un solo partito appena fuggito dal ghetto costituzionale. Fosse stata Roma un luogo ragionevole, Fini avrebbe dovuto cedere al primo turno, e dichiararsi contemporaneamente orgoglioso del suo trenta per cento: alle ultime politiche il MSI aveva preso il cinque.
Tutto è cominciato con Rutelli, con Rutelli tutto finirà. Accadde che un imprenditore che nemmanco era iscritto al Comune di Roma, tale Berlusconi Silvio, dichiarò che avesse potuto avrebbe votato Gianfranco Fini, lui. Anche il PdL, a pensarci bene, forse è nato nel novembre di quindici anni fa, e quello di oggi non è il suo primo ballottaggio romano, bensì il secondo. Che vincesse poi Rutelli contò relativamente: Fini arrivò al ballottaggio e fu già una vittoria, ieri come oggi. Con la sostanziale differenza che nel 1993 Rutelli, superando il primo e più difficile ostacolo, spianò la strada a ciò che sarebbe gli sarebbe arrivato dietro: le notti bianche, il cardinalismo laico, i Democratici, il Giubileo, la Margherita, Veltroni, la festa del cinema e il PD. Avesse vinto Fini, tutto ciò non ci sarebbe stato: si sarebbe perduto il birignao del modello romano, che nella sua adolescenza quindicenne (e nella sua reincarnazione rutelliana) oggi è chiamato a giudizio. Ma Gianfranco Fini, allora, non poteva ragionevolmente vincere.
Alemanno invece forse oggi sì, e Roma non è affatto un luogo ragionevole: tutto è cominciato con Rutelli, con Alemanno tutto finirà.

domenica 27 aprile 2008

Berlusconissimo

(Gurrado per Books Brothers)

[Nota preliminare: scrivo questa recensione una settimana prima delle elezioni, senza sapere come andranno, ma con l’esplicita indicazione di pubblicarla dopo, potendo prevederlo.]

Marianna Edda Mellone è una bimbetta fortunata, nonostante non mi senta di condividere il nomignolo col quale suo padre suole chiamarla e col quale ha intitolato il suo ultimo libro (Angelo Mellone, Cara Bombo…, Marsilio 2008). Mi ha fatto tornare in mente il passo de Il Male Oscuro in cui Giuseppe Berto, la sera della nascita di sua figlia, progetta di scrivere un diario dei suoi primi giorni da farle leggere al ventesimo compleanno: ed è lo stesso intento che Mellone si propone col suo libro, non fosse che il sottotitolo (Berlusconi spiegato a mia figlia) rivela un obiettivo ben più ambizioso. Oltre al concreto rischio che nel 2026, compiuto il ventesimo anno d’età, la Bombo cresciutella dichiari di non sapere che farsene.

Marianna Edda Mellone è una bimbetta fortunata perché, nella pletora di volumi su Berlusconi pro Berlusconi e soprattutto contro Berlusconi che ha visto la luce negli ultimi quindici anni, ne avrà uno fatto su misura e che si colloca su un piano diverso da tutti gli altri; un piano, per così dire, compiutamente narrativo.

Se nel catalogo dei libri in commercio cerchiamo l’elenco dei titoli comprendenti la parola “Berlusconi” o derivati, ne otteniamo centotrentatre, l’ultimo dei quali è proprio Cara Bombo, mentre il primo è un Berlusconi, i media e il consenso risalente guarda caso proprio all’anno zero, il 1994. In mezzo c’è di tutto: dall’autobiografia intellettuale di Sandro Bondi al florilegio delle offese giuntegli a mezzo agenzia Ansa, da un poco profetico L’Italia dopo Berlusconi (2007) alla storia critica dei trionfi del Milan, dall’analisi della comunicazione politica di Forza Italia alle Barzellette su Silvio comprese quelle raccontate da lui stesso, da Alexander Stille a Bruno Vespa, dall’Analisi statistica e linguistica dei discorsi di Berlusconi a Non ho votato per Berlusconi, dal Libro Nero del governo Berlusconi al Libro Azzurro di Berlusconi, dall’avventato Come e perché Berlusconi presto cadrà (2004) a La fantastica storia di Silvio Berlusconi, dai saggi sulla tv dopo Berlusconi a quelli sul Sud dopo Berlusconi, dai saggi sulla giustizia dopo Berlusconi a quelli sulla politica estera dopo Berlusconi, da Lo chiamavano impunità a Fratello P2 1816, da Sette mesi di Berlusconi all’Elogio di Catilina e Berlusconi, da Inferno tv a Telefascismo, dalla copiosissima produzione di Marco Travaglio a un Sergio Travaglia che forse si ispira alla quasi omonimia, per culminare infine nel panteistico Tutto è Berlusconi. Perbacco, verrebbe da dire: un libro in più su Berlusconi non era precisamente ciò di cui si sentiva il bisogno.

Mellone sarebbe dunque andato incontro al fallimento (editorialmente parlando), o se non altro alla ritrita riproposizione del già detto, se non avesse scelto di uscire dal tempo e riconsiderare la prospettiva su quest’argomento tanto diffuso. La novità non sta tanto nella narrazione in sé e per sé: quelle volte in cui Berlusconi ha ispirato romanzi (Franco Cordelli, Il Duca di Mantova; Giuseppe Caruso, Chi ha ucciso Silvio Berlusconi; Giuseppe Magnarapa, La morte non basta; Allan Cameroni, 2048; Andrea Salieri, L’omicidio Berlusconi), è avvenuto che o la finzione romanzesca è stata sepolta dall’urgenza della realtà berlusconiana (e quindi dal pamphlettismo) o la storicità di Berlusconi è stata sepolta dall’utopia indefinita (che il più delle volte contemplava l’eliminazione fisica del presunto tiranno). In entrambi i casi, si trattava di romanzi a tesi, con gran danno sia per la qualità del romanzo sia per la credibilità della tesi stessa.

L’unico punto comune del centinaio abbondante di variegati volumi che si concentrano su cause e conseguenze di Berlusconi, con netta prevalenza di un atteggiamento ostile, è che tutti partono dall’assunto che il lettore sappia benissimo chi sia Berlusconi, differenziandosi nelle seguenti tipologie: lettori pregiudizialmente avversi a Berlusconi, da esacerbare nella loro avversione; lettori pregiudizialmente avversi a Berlusconi, da trasportare al versante opposto; lettori pregiudizialmente favorevoli a Berlusconi, da confermare nel loro favore; lettori pregiudizialmente favorevoli a Berlusconi, da trasportare al versante opposto. Nell’ambito di questa contrapposizione si potrebbe tracciare una griglia pressoché aristotelica nella quale infilare uno per uno centotrentadue libri. Potrei farlo, ma mi trattengo – e mi limito a dire che da questa griglia resta fuori solamente Cara Bombo, buon centotrentatreesimo.

Questo avviene perché Mellone parte dall’assunto che la sua unica presunta lettrice, e dedicataria degli appunti semi-diaristici, sia una povera innocente che nella leggerezza dei suoi due anni non ha la più pallida idea di chi sia il signore che, in tv, finge di sentirsi male dopo aver addentato una mozzarella o che sorridendo punta il dito indice verso la telecamera. In questa finzione scenica, e romanzesca in senso lato, il lettore effettivo è costretto ad adeguarsi e deve accostarsi al racconto su Berlusconi con spirito sgombro e mente vergine. Non è facile, ovviamente, ma così mi è parso giusto interpretare il disegno di copertina nel quale la piccola Bombo, bionda e con gli occhi azzurri, progressivamente cancella con la gomma lo schizzo di un Berlusconi poco più alto di lei. In questo caso non si tratta della eliminazione fisica di Berlusconi, sulla quale già ci si è esercitati in abbondanza, ma dell’eliminazione psicologica dell’immagine di Berlusconi che si è venuta via via formandosi nei nostri cervelli, a favore o contrari, nel corso degli anni da politico e prima ancora da editore, presidente del Milan, costruttore e perfino chansonnier.

Solo senza avere un’idea su Berlusconi possiamo capire Berlusconi medesimo. E infatti Mellone specifica che, da vecchio missino, ciò che pensava di Berlusconi era in realtà una bilancia in equilibrio, costretta fra il favore di parte e un’istintiva avversione o, se non altro, un comprensibile scetticismo.

Sulle duecento pagine del libro di Mellone ho segnato la bellezza di dodici passi da commentare diffusamente, ma non ne commento nemmeno uno perché sarei di parte – di Berlusconi amo la corda pazza, lo scatto imprevisto anche nel fare ciò che è ragionevole aspettarsi, la capacità impossibile di far convivere la responsabilità istituzionale del governare col talento istrionico di dire quello che molti sanno che non si dice, o non sanno come dire, o addirittura non sanno di pensare – e quindi così facendo finirei per collocarmi anch’io nella griglia aristotelica di cui sopra e travierei in un senso o nell’altro il lettore dall’ingenuità primigenia che Mellone pretende e che forse solo la piccola Bombo può garantirgli.

Il 2026 è piuttosto lontano, e Berlusconi è stato dato per finito varie volte: nel 1993, quando decise d’emblée di darsi alla politica; nel 1994, quando cadde il suo primo governo; nel 1996, quando perse le sue prime elezioni; nel 1999, quando affossò la Bicamerale; varie volte fra il 2001 e il 2005, a seconda delle intemperanze dei suoi alleati; nel 2006, quando perse le elezioni ai rigori; nel 2007, quando sembrava essere rimasto solo coi suoi progetti; e così via. La ventenne Marianna Edda Mellone, nel 2026, riceverà il diario di suo padre e molto probabilmente si ritroverà con un Berlusconi ancora vivo e felice, sopravvissuto all’antiberlusconismo trendy, al berlusconismo spinto e a chissà cos’altro.

venerdì 25 aprile 2008

Oggi è San Marco



Spiegazione per gli accecati, ripresa dai commenti in risposta all'amico Mulas: si tratta esclusivamente di una provocazione religiosa. San Marco, per la Chiesa Cattolica, è una festa (termine tecnico), e come festa si colloca poco al di sotto delle solennità (termine tecnico) quali Natale Pasqua Ascensione Pentecoste.
Mi ha fatto rabbia, domenica scorsa, sentire un prete vagamente francescanizzante dire che il 25 aprile la sua parrocchia avrebbe celebrato la Messa per la liberazione. Cazzate. Il 25 aprile è San Marco, San Marco è una festa, e per le feste si usa recitare il salterio secondo il proprio dei Santi e celebrare la messa in nome del Santo celebrao.
Probabilmente in Italia, compreso il prete vagamente francescanizzante, i cattolici sono troppo moderati per saperlo. Fra un paio di generazioni, quando saremo tutti morti o mussulmani, potremo celebrare tutte le liberazioni che vorremo.

giovedì 24 aprile 2008

Lo Stato dei Licei, 17: il sacro e il profano

[State buoni, ché Gurrado ha da fare e non può perdere quel poco di vista che gli rimane davanti al computer per soddisfare quotidianamente i vostri giustificabili appetiti di virtual prosa gurradesca. Ma, così come dove ha abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia, dove difetta Gurrado si dilata Silvia G - e si dilata metaforicamente, mi sia concesso precisarlo con la stessa chiarezza con cui alla stessa Silvia G ricordo che mancano meno di due mesi agli Esami di Stato, forse è il caso di muoversi.]

Gurrado, il liceo Voltaire gode di un’ottima posizione al centro di ***: esso confina a sud con l’Arcivescovado, a nord con la sede di una nota compagnia di assicurazioni, a ovest con la trattoria “La via dell’ovile” e a est con la chiesetta della SS. Trinità, dove molti studenti devoti si attardano la mattina a pregare prima di un compito in classe, appellandosi alla Beata Vergine, agli angeli e ai santi tutti per racimolare una strascicata sufficienza in greco o in matematica.

Talvolta però lo spirito religioso degli studenti deve cedere forzatamente il posto all’attaccamento al dovere, come è capitato in Terzaddì alcuni giorni fa. Si dà infatti il caso che il sommo dirigente scolastico, dimentico di trovarsi ad amministrare un liceo classico, abbia deciso di allestire nell’Aula Magna una mostra dedicata alle varie forme di energia, con tanto di esperimenti fisici e tecnologici. Tale mostra ha lo scopo di attirare numerose scolaresche elementari, le quali, guidate dalle proprie maestre, giungono ogni giorno in visita, e si mostrano deliziate dalla visione di lampadine elettriche che miracolosamente si accendono davanti ai loro occhi, o di piccoli mulini ad acqua, o di candeline che, sprigionando calore, mettono in moto gli ingranaggi di un’elica.

La mostra è gestita dalla professoressa Selli, insegnante di fisica della Terzaddì, donna che ha dedicato la sua vita alle scienze e che si mostra eccitatissima ogni qual volta le capiti di avere a che fare con un esperimento. Disgraziatamente, in un uggioso martedì mattina, la povera docente scoprì con orrore di aver terminato le candele poco prima che una scolaresca elementare giungesse in visita per ammirare le meraviglie dell’energia nell’Aula Magna del Voltaire. Dal momento che tali candele risultavano fondamentali per mettere in moto l’ingranaggio collegato all’elica che avrebbe dovuto spostare la valvola in modo da muovere la rotella che avrebbe fatto girare l’ingranaggio stesso, la professoressa sprofondò nella più cupa disperazione e cominciò a vagare per i corridoi della scuola come un’anima in pena, sperando di incontrare qualcuno che potesse risolvere il suo tragico problema.

Accadde che, proprio in quel momento, le due rappresentanti della classe Terzaddì, ovvero Eleonora F e la sottoscritta Silvia G, stessero bighellonando per i corridoi dell’istituto, annoiate dall’ennesima ora di supplenza della giornata (la professoressa Fiorello, infatti, era costretta a letto dopo un episodio di pertosse capitatole la settimana precedente a causa di una reazione allergica al polline). Incappando sulla strada della professoressa Selli, esse vennero da quest’ultima fisicamente aggredite: “Ragazze mie, ragazze mie!”, esclamò l’insegnante con un’agitazione molto vicina al panico, “Ho urgente bisogno di alcune candele, o il mio magnifico esperimento andrà a monte! Pensate a quei poveri bimbi delle elementari e alla loro delusione! Pensate al ricordo che conserveranno di questa scuola! Pensate a come finiranno per disprezzare voi e me se non rinveniamo i preziosi ceri!”.

Io e la mia compagna, pur addolorate da tali terribili pensieri, non sapevamo che pesci pigliare: di candele, al liceo Voltaire, non c’era ombra. Al solo scopo di sdrammatizzare la situazione e di sollevare un poco l’umore della povera professoressa Selli, che si avvicinava sempre più alla crisi di nervi, avanzai una battuta di spirito: “L’unica soluzione sarebbe prelevare dei ceri dalla chiesa qui a fianco”. Io ed Eleonora F cominciammo a ridere divertite; la professoressa Selli, dal canto suo, s’illuminò d’immenso ed esclamò: “Giustissimo! Fatemi il favore di uscire subito e di portarmene quattro o cinque!”. Io ed Eleonora F cessammo all’istante di ridere: per quanto la professoressa fosse animata dal suo sconfinato amore per la scienza, l’idea di sgraffignare dei ceri votivi da una chiesa non ci garbava affatto.

L’entusiasmo della docente ebbe tuttavia la meglio e, senza dare troppo nell’occhio, ci recammo furtivamente nella piccola chiesa. Avvicinateci all’oggetto del nostro interesse, ovvero alle candeline poste di fronte a una sacra immagine della Vergine Maria, badando di non essere osservate, ne prelevammo quattro o cinque e le infilammo cautamente nelle tasche dei jeans. Mentre già ci defilavamo, sotto l’occhio vigile e scandalizzato di un anziano fedele, ci sovvenne all’improvviso che per l’ora successiva era stato programmato un compito in classe di storia: “Esimia collega”, bisbigliai nell’orecchio di Eleonora F, “ritieni sia prudente affrontare una prova scritta dopo aver compiuto un furto in una chiesa, seppur per esplicita richiesta di un’insegnante?”; “Ebbene, no. Tuttavia, la professoressa Selli non si è premurata di darci del denaro per le offerte, e io manco di spiccioli”; “Io pure. Credo sia opportuno però dare fondo ai risparmi”. Estrassi dunque dalla tasca dei pantaloni una banconota nuova di zecca, superstite dell’ultima paghetta settimanale con la quale avrei dovuto acquistare il mio pranzo, e, sospirando, la devolsi per la fame nel mondo (dimentica che, nel giro di poche ore, avrei avuto fame nel mondo io stessa).

Non mancai tuttavia di raccogliere i frutti del mio buon gesto (frutti sciaguratamente non commestibili): l’esperimento della professoressa Selli funzionò alla perfezione, il compito di storia saltò in quanto l’insegnante si era ammalata quel giorno stesso, e la nostra anima, presumibilmente, era sal[NdG: Silvia G viene precipitata all'Inferno, per cui il manoscritto termina qui]

martedì 22 aprile 2008

Plis, vot for me, biutiful sindac!



(Dice: "Plis, visits uebsait, bat, plis, visit Itali. (Rutto) best cauntri te uold (rutto) calcio, lanzcheps, arz, istori, zitis, villegis, biutiful cantrisaid, sisaid, mauntens: tat its Itali. Iu no, perappes iu driming abbaut, bat plis visit auar cantri uill uelcam iu uormli, and with a better organization".)

Il problema non è che non sa l'Inglese. Il problema è che non ha vergogna. Votate Alemanno.

lunedì 21 aprile 2008

Il fumo nuoce, digli di continuare

(In principio fu Stilos, e Stilos era presso Gianni Bonina e Stilos era Gianni Bonina. Con la sostanziale differenza che Gianni Bonina è un ottimo critico letterario siciliano mentre Stilos, dapprima inserto de La Sicilia, era un ottimo quindicinale di recensioni a libri di varia risma, ventiquattro pagine, un euro. Qualche volta ci ho scritto anch'io, come i più fedeli fra i gurradomani ricorderanno. Se non che, a settembre 2007, Stilos concluse la propria esistenza per mancanza - suppongo - di adeguati fondi. Gianni Bonina, che non è tipo da restare a braccia conserte, subito promise un nuovo periodico autofinanziato, Il Sottoscritto, che doveva arrivare in edicola a gennaio. Se non che il mondo non è dei critici letterari e l'uscita di gennaio venne rinviata a febbraio dapprima, quindi a marzo. Siamo ad aprile e di uscire in edicola ancora non si può parlare, per questo, questo e quest'altro motivo. Ciò nonostante, Il Sottoscritto ha un sito piuttosto attivo e il primo numero della rivista può essere scaricato in pdf, stampato e letto dove meglio vi aggrada.
Dunque: Gurrado per Il Sottoscritto)

Enrico Remmert e Luca Ragagnin concludono, con Smokiana, il trittico a cadenza pressoché biennale iniziato nel 2004 con Elogio della Sbronza Consapevole e proseguito nel 2006 con Elogio dell’Amore Vizioso, tutti editi da Marsilio. Alcol, sesso e fumo (ossia Bacco, Venere e tabacco) vengono così racchiusi in tre raccolte di citazioni nelle quali, a differenza dei prontuari ordinati per autore o per tema, denotano invece un certo capriccio catalogatore, in cui pare si voglia volutamente sfuggire a ogni tentativo di sistematizzazione razionale. Né questa scelta può essere criticata, stante che la trilogia dell’elogio del vizio di Remmert e Ragagnin ha a che fare con quanto di meno ragionevole ci sia nella vita dell’uomo: l’obnubilamento (alcol), la dissipazione (sesso), l’autodistruzione (fumo). Le centinaia di voci di varia autorità che intervengono a supporto dei tre temi costituiscono, a ben guardare, una cospicua – e in larga parte condivisibile – testimonianza in favore del piacere vario, interpretato non più alla luce di un criterio razionale (o ragionevole) ma assolutamente estetico, nei due significati del termine: tanto sensuale quanto piacevole, bello in sé. Una scelta non immemore di Oscar Wilde, tanto per citare il più famoso di una pletora, che trae autorevolezza dalla sua stessa divertita audacia, ironica, lieve e convincente.

Dei tre volumi, Smokiana è il più volubile – verrebbe da dire, con immediato gioco di parole, il più fumoso. Se gli atti del bere e dell’amare erano più facilmente catalogabili in quanto pienamente intenzionali ed esclusivistici (soprattutto il sesso), il fumo è invece sfuggente per definizione. Si fuma facendo altro, così come si fuma per evitare di fare qualcosa d’altro: di modo tale che il fumo, nelle sue molteplici incarnazioni, diventi un pretesto per parlare degli argomenti più dissimili.

Tale volubilità è testimoniata nell’articolazione delle dieci sezioni del volume, che riguardano (traducendo dai termini immaginifici coi quali R&R via via le introducono) il sigaro, la pipa, la sigaretta, l’ideologia tabagista, il fumare mentre si beve, il fumare mentre si ama (o più probabilmente dopo), le tabaccherie e le tabacchiere, la marijuana, le canzoni a tema (“Un uomo di una certa età / mi offriva spesso sigarette turche”, come cantava Battiato) e infine le droghe più varie.

A maggior ragione, il migliaio di citazioni selezionato da R&R costituisce un pot-pourri onnicomprensivo, in cui Tolstoj può convivere senza particolari patemi con Ricky Gianco e Cioran con Morozzi; e come tale si presta agli usi più vari. Si può, indubbiamente, farne un manuale della risposta pronta e arguta per tacitare i più svenevoli fra i salutisti e fumare con piacere crescente in base alla sacralità del luogo che si profana. Si può anche praticare il giochino, suggerito in seconda di copertina, della ricerca delle “false citazioni disseminate qua e là”: ma io ho ritenuto più poetico (e più saggio) credere che tutte le citazioni fossero veridiche, in particolar modo le più incredibili. Si può indire una sapida caccia, come in tutte le raccolte di citazioni, alle esclusioni più o meno ingiustificate –come il celebre sketch in cui l’energumeno Walter Chiari, accendendosi una sigaretta nello scompartimento di un treno che divide con un nano, prima gli chiede: “Le dà fastidio se fumo?” e poi, ricevutane risposta affermativa, indaga cautamente: “Vuole che la butti dal finestrino?”. E poi, ça va sans dire, butta fuori dal finestrino il nano, non la sigaretta, e si risiede a fumare beatamente.

Secondo il noto adagio che citavo fugacemente all’inizio, Bacco tabacco e Venere riducono l’uomo in cenere: resta da capire cosa sia la cenere in questione. Remmert e Ragagnin rifiutano tacitamente la consueta interpretazione dell’incenerimento dell’uomo come suo annichilimento e sembrano invece propendere per una versione più positiva, un po’ edonistica ma sicuramente efficace, che – in chiusura della trilogia del vizio – dà probabilmente la cifra dell’intera operazione iniziata nel 2004.

Una plausibile linea interpretativa viene suggerita dal più bello degli aneddoti – variazioni sul tema del fumo come metafora e sublimazione dell’attesa – che i curatori antepongono a ogni sezione del volume. Alla regina Elisabetta I che lo sfidava a pesare il fumo della sua pipa, Sir Walter Raleigh rispose sottraendo dal peso iniziale del tabacco da fumarsi il peso finale del tabacco fumato: ciò che ne risultava era, appunto, il peso inafferrabile del fumo. È intuibile che per R&R la cenere a cui l’uomo viene ridotto sia assimilabile al rimasuglio che persiste nella brace della pipa, valevole non in sé e per sé (anzi ripugnante) ma per il fatto stesso di essere stato utile e funzionale all’atto di fumare. Nel loro lieve slalom fra infinite citazioni, Remmert e Ragagnin ricordano senza alcuna pedanteria che dà un senso all’uomo ciò che ne rimane dopo aver fumato, dopo aver bevuto, dopo aver amato: in una parola, dopo aver vissuto appieno.

sabato 19 aprile 2008

Aria di casa mia

Mi segnala Camillo Langone un passo delle Relazioni sulla Puglia di Giuseppe Maria Galanti, risalente al 1791: di tutta la terra di Bari, vi si legge, "in Gravina soltanto si vede una biblioteca pubblica, senza alcuno studioso: si tiene aperta ogni giorno per la sola ventilazione".



Definizione efficace e tuttora di stretta attualità.

venerdì 18 aprile 2008

L'estate inventata

(Gurrado per Books Brothers)


Nel 1975 non ero ancora nato, siano rese grazie a Dio, ma nutro qualche dubbio su alcuni contenuti de L’Estate del Cane Nero di Francesco Colafiglio (Marsilio, 2008). Soprattutto, non mi convince che nella calura barese un ragazzino barese chiami una sua coetanea col diminutivo “Vale”, che barese non è affatto. Nell’estate del 1975 io ero ancora in mente Dei ma, fossi già esistito da una dozzina d’anni, penso che non sarei riuscito ad andare oltre il più classico sdrucciolo e lamentoso “Valentì”, eventualmente terronizzato con la comune sostituzione della d alla t: “Valendì”. Però mi rendo conto che un petulante e strascicato “Valendììì” a fronte del “Vale” sicuramente più vivace e à la page avrebbe appesantito il romanzo, rendendolo meno scorrevole agli occhi del lettore geograficamente neutrale, e soprattutto avrebbe in qualche modo circoscritto troppo la storia, logisticamente intendo, di fatto imprigionandola entro il ghetto che fa aggiungere il consueto velenoso aggettivo: bel romanzo meridionale, bravo autore meridionale, tipica storia meridionale.

Però (c’è sempre un però), da qualche parte che non riesco più a trovare nonostante le innumerevoli orecchie con cui ho martoriato il romanzo, Francesco Carofiglio parlando in prima persona come autore e narratore dice distintamente che una storia del genere non può accadere altrove; di sicuro, a pagina 95, un personaggio secondario ribadisce il concetto specificando “che a Bergamo queste cose non succedono”. Io, che nel 1975 non venivo nemmeno ipotizzato, ho ormai vissuto abbastanza a Sud e a Nord per concordare che no, effettivamente certe estati meridionali, con certe storie meridionali e personaggi meridionali, sopra il muro di Ancona se le sognano e sempre se le sogneranno – anzi, sempre cercheranno di leggerle in qualche autore meridionale che farà loro esclamare: “Però, se fossimo stati meridionali!”.

Io non discuto la qualità de L’Estate del Cane Nero, che è un romanzo gradevolissimo e filante a leggersi, che si distingue soprattutto per il brio nel tratteggiare i personaggi secondari prima ancora che quelli principali, e nel quale io medesimo (che pure nel 1975 ero pura potenza e atto nullo) ho ritrovato parole e ritmi ed episodi che hanno segnato pezzi delle mie estati di vent’anni più tardi, alle medesime latitudini. Sono solo perplesso, piuttosto perplesso, molto perplesso, di fronte al “Vale” che qua e là riappare come a voler rassicurare il lettore geograficamente neutro, colui insomma che potrebbe acquistare il volume in Liguria oppure nel Triveneto, come a dirgli: “Tranquillo, questa è una storia meridionale, ma fino a un certo punto.”

Niente di destabilizzante, insomma. La terza di copertina informa che Francesco Carofiglio, fratello di, vive tuttora a Bari dov’è nato; ma avverto come una punta di distacco nel passo che pure è il più bello del romanzo intero, dove si racconta (a p.76): “Tra poco avrebbe avuto inizio la festa pagana di fine luglio, il rito propiziatorio dei frutti vermigli. Tra poco sarebbe scattata la mitica preparazione della salsa di pomodoro”. La descrizione (che non anticipo) è vivida, diffondendosi soprattutto nei colori contrastanti di pomodori e vasche e grembiuli e polpacci. Io, che nel 1975 non esistevo più di quanto oggidì esista mio nipote, ho osservato a debita distanza e posso offrire veritiera testimonianza che sì, effettivamente il rito della salsa è propiziatorio e orgiastico al contempo, che si risolve in un’esplosione di suoni e colori e voci e pezzi di corpo imbrattate di succo vermiglio, che scandisce una stagione e che non mi ricordo altro romanzo in cui se ne parli per una paginetta abbondante con altrettante precisione e visionarietà. Se non che arriva la fine del capoverso e voila, la governante addetta alla salsa viene definita “l’autentica regista dello show”; autentica caduta di tono, mi verrebbe da dire, a fronte del turbinante cerimoniale descritto fino ad allora, un’indebita uscita dai confini della presupposta serietà del rito, fuori dalla quale non c’è salvezza. Che credito dareste al Papa se, subito dopo la sua messa d’Incoronazione, si trattenesse a firmare autografi e a farsi fotografare a pollici levati fra schiere di groupies ululanti? Così, alla stessa maniera, la degradazione della salsa da rituale (p.76) a show (p.77) fa tracollare l’attenzione del lettore repentinamente trasportato dalla messa alla messinscena.

Le quattro lettere della parolina straniera – comprensiva peraltro di h e di w per maggior esotismo, lettere peraltro ignote alla buona parte degli abitanti della provincia che io e Francesco Carofiglio in fin dei conti condividiamo – sortiscono lo stesso effetto delle quattro lettere del diminutivo ammiccante dal quale ho preso le mosse. Tant’è “Vale”, tant’è “show”. Sembrano due spie, anzi due sentinelle messe lì a controllare che la meridionalità resti sì ben evidente ma non prenda il sopravvento, così da risultare potabile per un pubblico (nato a Torino o a Firenze o chissà dove) che ama i romanzi meridionali, come no, però sterilizzati.

Alla fine comunque mi consolo, io che del 1975 so solo che la Juventus vinse il campionato con Zoff in porta e Bettega davanti, quando leggo a pagina 11: “Ma giuro che dirò la verità, tutta la verità. Anche se me la invento”. Mi sono ricordato di una frase di Boris Vian, che con una riga soltanto spiegava il senso intrinseco di secoli e secoli di narrativa: “Questa storia è assoutamente vera, poiché me la sono inventata dall’inizio alla fine”. Nella finzione Francesco Carofiglio, fratello del più celebre, dà voce a un narratore autodiegetico che ha solamente una sorella (censura freudiana, vendetta latente?); e, dopo che dieci anni di Nord mi hanno assuefatto e condannato a un perpetuo mal di testa, mi fa tornare in mente pezzi autentici di estati veritiere, tutti accuratamente reinventati. Questo è sufficiente, mi accontento.

giovedì 17 aprile 2008

Parole famose

"Questa legge elettorale garantisce l'ingovernabilità, non sarà mai possibile avere una maggioranza chiara al Senato."

"La Sinistra Arcobaleno non deve accontentarsi dell'8%."

"Berlusconi ha perso la sua spinta propulsiva, è evidente che la gente gli preferisce Veltroni."

"L'Udc sarà decisiva e non potrà sottrarsi alle proprie responsabilità: siamo pronti a governare il Paese."

"I programmi di Pd e PdL sono effettivamente simili, ma ciò che conta è la credibilità: le persone sanno che Veltroni può realizzarlo mentre Berlusconi le inganna."

"Ci sono quattro regioni in bilico, e tutte possono verosimilmente finire alla coalizione di Veltroni".

"Gli exit poll confermano la rimonta di proporzioni storiche nella quale il Pd ha creduto fin dal primo giorno di campagna elettorale."

"Nove punti percentuali di distacco fra le due coalizioni mi sembrano francamente inverosimili."

"Berlusconi conterà su 159 senatori al massimo, e abbiamo già visto che fine fanno i governi con tre senatori di margine."

"La Lega sarà la spina nel fianco di Berlusconi."

Gran finale: "Berlusconi è un politico finito" (Curzio Maltese, novembre 1996)

martedì 15 aprile 2008

Risveglio


Buongiorno, sono tornato. Mi hanno detto che ci sono state le elezioni.

Fair play
. Innanzitutto mi complimento con gli amici del Pd per la storica rimonta che hanno realizzato negli exit poll. Quindi con gli amici dell'Udc, che a seguito della loro coraggiosa scelta di dar voce all'antiberlusconismo moderato e di palesarsi come decisiva coscienza costituzionale (qualsiasi cosa significhi questa circonlocuzione di Buttiglione) hanno conseguito un cospicuo numero di senatori, quasi comparabile a quello dell'Svp. Inoltre con gli amici della Sinistra Arcobaleno, che nonostante un lieve calo è comunque riuscita a ottenere più voti di Giuliano Ferrara. Infine una virile stretta di mano a Boselli, l'unico capace della storica impresa di eliminare i Socialisti dal Parlamento dopo cent'anni e più.

Where have all the flowers gone? Niente più Ulivo né Quercia né Margherita né Rosa nel pugno né cespugli vari.

Merci beaucoup. Ringraziare Berlusconi sarebbe ridondante. Ringraziare i vari esponenti del Pdl che sono venuti personalmente a Gravina farebbe torto a quelli che sono andati in giro per gli altri ottomila comuni d'Italia. Ringraziare gli amici che ogni volta che Berlusconi vince minacciano di espatriare è inutile perché tanto restano sempre qui a lamentarsi di pagare meno tasse. Allora abbraccio virtualmente i blogger politicizzati che per due anni hanno sofferto per me e oggi festeggiano o si godono il meritato sonno: Perla Scandinava, Maria Luisa Rossi Hawkins,
Fausto Carioti e Roberto Alfatti Appetiti. Ringraziamenti particolari alla comunità di TocqueVille e al geniale The Right Nation, che mi ha consentito di darmi improvvisamente all'ippica.
Attendo ancora la telefonata di Mulas, che nel 2006 aveva detto testualmente: "Se candidiamo Veltroni, Berlusconi è rovinato" [h 15:19 Rettifica, Mulas mi ha appena scritto: "Io sono giovane e quindi ti mando un sms. Auguri e buon lavoro"]. Infine tre abbracci speciali a persone che non mi conoscono. A Umberto Bossi, che merita affetto incondizionato e non le brutalità che da quindici anni gli riservano i cosiddetti progressisti. A Giuliano Ferrara che sostengo con amore e buonumore. A Gianfranco Fini, che quando ho iniziato a tifare per lui prendeva il 5% e ora siamo al 38.

Miracolo a Gravina. A Gravina, negli anni '50 venivano i kolkhoziani a tenere conferenze in Russo, e i gravinesi applaudivano. A Gravina, alle elezioni comunali vinceva sempre il centrosinistra, alle politiche non ne parliamo. A Gravina, l'ultimo sindaco è stato eletto con due voti su tre al primo turno, ed è segretario cittadino del Partito Democratico. Stamattina vado dal giornalaio e scopro che a Gravina il Pdl ha preso il 49,7%. A Gravina! (Al riguardo va rimarcato il merito di un amico, Pino Prezzano, vicepresidente del consiglio comunale e capo dell'opposizione; è un amico e da oggi, fra qualche ora, sarà finalmente attivo il suo blog: Rialzati, Gravina!).

h 15:36 Oscar per la migliore interpretazione da non protagonista al nobile Tommaso Staiti di Cuddia, mitico esponente del Msi per il quale non si può che provare ammirazione. Quando Storace gli ha proposto di candidarsi ne La Destra, lui ha accettato a patto che gli fosse garantito l'ultimo posto in lista. La classe resiste ai cambiamenti di simbolo.

Oscar per la migliore vignetta a Vincino sul Corriere della Sera: si vede un coccodrillo con la faccia di Veltroni che piange mentre mangia Bertinotti.

Oscar per la migliore insinuazione sottile a Enrico Mentana, durante Matrix di ieri sera: "Bersani, lei sta insinuando che Mediaset abbia qualcosa a che fare con Berlusconi?"

domenica 13 aprile 2008

E ora, un po' di liveblogging elettorale


h 14:51
Affluenza alle sezioni dirimpettaie: ormai solo rappresentanti di seggio. Circolano voci per nulla buone sui risultati ippici. Fra meno di dieci minuti verranno diffusi i primi exit poll, la mia signorina fidanzata (quota Pd) non ha una tv né internet a disposizione e quindi vorrebbe essere aggiornata da me in tempo reale via sms, io sto per morire di crepacuore e le mie ultime parole potrebbero essere Forza Varenne!



h 13:28
Temo di dover andare a pranzo. Buon appetito e non praevalebunt!

h 13:26
Due parolette sull'affluenza che cala precipitevolissimevolmente. Nel 2006 aveva votato l'83,6% (con vittoria di Prodi); nel 2001 l'81,6% (con vittoria di Berlusconi); nel 1996 l'82,91% (con vittoria di Prodi); nel 1994 l'86,1% (con vittoria di Berlusconi). Tendenzialmente, Berlusconi ha vinto le elezioni con la massima e la minima affluenza, Prodi quelle in mezzo. Da persona ragionevole, direi che il calo dell'affluenza non avvantaggia né svantaggia né l'uno né l'altro schieramento.

h 13:21
Interrompo il silenzio, dopo la lettura ma prima della focaccia, per segnalare l'ultima oscillazione delle quote di Betfair, sostanzialmente stabili (Berlusconi vincente a 1.17, Veltroni a 9.20). In definitiva, più si avvicina la chiusura dei seggi, più la vittoria di Berlusconi appare verosimile (ai bookmakers inglesi), essendo nel dettaglio dieci volte più probabile. L'effetto Casini ha un nuovo rinculo: da 55 la sua quota è passata a 100, il che sembrerebbe scongiurare l'ipotesi di un pareggio.

h 12:20
Poiché non succede nulla, e poiché in fin dei conti sono un lettorato, mi metto a rileggere La Cosa Buffa di Giuseppe Berto, che consiglio a tutti voi, e già che ci sono pranzo pure. Ci vediamo fra centotrentasei pagine e una focaccia.

h 12:13
Ancora quote Betfair per il prossimo Presidente del Consiglio: Berlusconi vincente è dato quasi per sicuro (dall'1.21 è calato a 1.10), Veltroni raddoppia e si stacca quasi irrimediabilmente (da 6.60 a 10, per la prima volta in doppia cifra dall'inizio della campagna elettorale), Casini stabile (55), Santanché in leggero calo (da 150 a 170), Bertinotti stabile e inverosimile (970).

h 12:09
Affluenza nelle sezioni dirimpettaie (5-9 Gravina in Puglia): io che ho tentato di votare pure oggi ma me l'hanno impedito, 'sti comunisti.

h 12:05
Fatto. Tanto per movimentare la giornata, dal giornalaio non c'era niente d'interessante (a meno che riteniate interessante la Repubblica, dove Michele Serra suole sostenere che l'armata papista abbia perso la battaglia di Lepanto) e nella casella postale niente in assoluto. Meno di tre ore agli exit poll, mentre su The Right Nation impazza il toto-senatori per il PdL (io ho votato 165: oer il resto delle ipotesi cliccate qui e rovistate fra i commenti).

h 11:07
Visto che qui non succede nulla, non vota nessuno, non crollano i seggi, non muoiono gli scrutatori, non sparano ai rappresentanti di lista, non aggiornano i blog, non diffondono sondaggi fasulli, non trapelano exit poll ottimistici, non si spogliano le schede, non si spogliano le fanciulle, non rimontano i Veltroni e non trionfano i Berlusconi - mi sa che è tempo di fare un salto dal giornalaio e in posta.

h 10: 25
Affluenza nelle sezioni dirimpettaie: due vecchietti a braccetto.

h 10:24
Io ho tutta l'intenzione di lavorare, ma hanno citofonato i testimoni di Geova.

h 10:11
Visto che non succede nulla, forse è il caso di lavorare un po'.

h 10:09
Ancora quote Betfair: Berlusconi stabile (da 1.24 a 1.21), Veltroni rimbalza indietro (da 4.20 a 6.60), pareggi e Casini dimezzano la probabilità, comunque alta (da 90 a 55). Stabili Santanché e Bertinotti.

h 10:06
Affluenza nelle sezioni dirimpettaie: nessuno. In compenso una signora sta spolverando le persiane di casa sua.

h 10:05
Importante rettifica: causa galoppante miopia, le sezioni dirimpettaie non sono 5, 6, 7 e 8 ma 5, 6, 7, 8 e 9.

h 10:04
Fatto (con comodo). Ora profumo come una puttana di Damasco.

h 09:16
Forse è il caso di andare a lavarsi. Ci sentiamo fra un po', decisamente più profumati.

h 09:08
Importante aggiornamento: in preda al sonno ho dimenticato di dirvelo direttamente ieri sera, ma alla fine di Desperate Housewives Susan e Mike si sposano.

h 09:04
Aggiornamento quote Betfair (qui di fianco) sul prossimo Presidente del Consiglio. Berlusconi sostanzialmente stabile (dall'1.20 all'1.24). Veltroni in decisa ma forse insufficiente rimonta (da 7.20 a 4.20). Casini immobile (90) - d'altra parte sta al Centro e meno si muove meno danni combina. Rimbalzano indietro la Santanché (da 90 a 140) e soprattutto Bertinotti (finito addirittura a 970, una tragedia) - segno probabilmente che Destra e SA non stanno andando gran che bene. Giova ricordare che mentre i sondaggisti e gli exitpollisti vengono pagati comunque per il loro lavoro, e quindi possono anche sparare fregnacce a girandola, i bookmakers inglesi se sbagliano le quote ci rimettono, e che all'estero sono noti gli exit poll e gli ultimi sondaggi la cui trasmissione in Italia è vietata o affidata esclusivamente ai botteghini ippici e alle apparizioni dell'Arcangelo Gabriele. Questa è la situazione grafica delle quote nelle ultime 12 ore (quello sopra è Berlusconi, quello in mezzo Veltroni, quello in basso Casini), buon divertimento:

h 09:01 Una signora è uscita dalle sezioni dirimpettaie (5-8 Gravina in Puglia) facendosi il Segno della Croce.

h 08:57
L'Arcangelo Gabriele è apparso a un tizio che commenta il blog di non so chi, rivelandogli che al momento gli exit poll di Piepoli danno la coalizione di Berlusconi in vantaggio di 2-6 punti alla Camera (vabbe') e fra i 165 e i 171 seggi al Senato. Si tratta evidentemente di numeri fasulli, in quanto è noto che: 1) alla Camera è in atto la storica rimonta del Pd; 2) il Senato è ingovernabile per colpa di questa legge elettorale parafascista che impedisce di avere maggioranze superiori ai tre seggi; 3) Piepoli non esiste veramente, ma è solo una proiezione.

h 08:54
Acqua sporca. Affluenza alle sezioni dirimpettaie (dalla 5 alla 8, Scuola San Giovanni Bosco dove io medesimo ho conseguito la licenza elementare quando Schillaci era ancora un calciatore decente): due signorine con giacche a vento à la page, e pure piuttosto gnocche.

h 08:51
Signori, è uscito il caffé e conseguentemente me lo bevo.

h 08:31
Previsioni meteorologiche del colonnello Giuliacci: variabile su Gravina, nubi sparse su Napoli, precipitazioni insistenti su Pavia e cazzi amari a Modena.

h 08:20
Dunque, quest'affluenza. Mezz'ora fa Laura Cannavò nella rassegna stampa del Tg5 faceva notare (a mezzo articolo altrui) che non siamo più nella Prima Repubblica (eh, magari) quando l'alta affluenza significava automaticamente successo di moderati e democristiani. La bassa affluenza, pertanto, non necessariamente dovrebbe svantaggiare il centrodestra, anche se è evidente che i votatori occasionali tendono a votare più conservatore (e anche se questo calo, che oggi temo sarà ancora più vistoso, mi fa venire un po' di tremarella e non solo perché ho ancora indosso il pigiamino leggero - dormo con addosso una goccia di Chanel n.5, io). Daw (che sta facendo liveblogging pure lui) ha approntato una carta geografica con la quale si dimostra che le regioni in cui, alle 22 di ieri, l'affluenza è calata meno sono Lombardia e Sicilia, ossia due roccaforti (roccheforti? roquefort?) di centrodestra. Fra quelle in cui è calata di più ci sono Toscana, Marche e Liguria - storicamente tendenti al vermiglio e al carminio. Il nostro liveblogger (e informatore ippico) di riferimento, The Right Nation, riferisce di un commento secondo il quale, fra le dieci province in cui l'affluenza è maggiormente calata, otto erano state conquistate dal centrosinistra nell'orrendo 2006. Io personalmente ho notizia di due miei amici siciliani, una in quota Pd e l'altro in quota SA, che si sono ben guardati dal ritornare sull'Isola appositamente per votare, tanto più che non è stato ancora costruito il Ponte sullo Stretto. Una persona ragionevole potrebbe arguire che l'astensionsimo di stavolta, oltre che genericamente antipolitico, è di sinistra; ma, a sei ore dagli exit poll, vi sembra che io possa essere ragionevole?

h 08:01
Affluenza nelle sezioni dirimpettaie, le 5-6-7-8 di Gravina in Puglia (BA): un signore col giubbotto marrò.

Lunedì, h 07:49
Buongiorno, mi sono svegliato ora sperando e temendo che fossero già le tre del pomeriggio. Invece c'è ancora da scialare con notiziole raccogliticce.

h 23:48
Contro il logorio della politica postmoderna ho guardato le ultime tre puntate di Desperate Housewives e vado a coricarmi, buonanotte a chi passa.

h 22:26
L'Inter ha vinto, cattivo segno.

h 22:19
The Right Nation ha segnalato questo mio indegno liveblogging, si vede che non ci sono notizie abbastanza. Sono onorato.

h 20:46
Segnalo con piacere, sul The Right Nation che tanto ci ha dato in questa campagna elettorale e ippica, un liveblogging migliore del mio sul giorno d'oggi e di domani. Nel frattempo avrete notato che le quote dei bookmakers inglesi, qui di fianco, hanno visto Berlusconi calare e quindi diventare vincitore più verosimile (da 1.30 a 1.21, ma siamo lì) e Veltroni al contrario ascendere dal 5.10 addirittura al 7.20 (fra parentesi, va notato che se la Santanché premier è data a 95, vuol dire che La Destra non sta andando affatto male, affatto, affatto). Domandina facile facile: visto che (premessa maggiore) le quotazioni dei bookmakers inglesi ondeggiano sulla base di dati oggettivi, e visto che (premessa minore) gli exit poll che in Italia verranno resi noti solo domani pomeriggio stanno già venendo rilevati e calcolati percentualmente, ne consegue forse (tesi) che i bookmakers inglesi sanno già i primi risultati e che qualcuno di nostra conoscenza s'è inventato una storica rimonta? Mistero. Nel frattempo, Inter-Fiorentina ancora 0-0.

h 20:42
Scusa Ameri, Inter-Fiorentina ancora 0-0 ma avevo dimenticato di dire che Vincino è un genio:


h 20:26
L'attenzione dell'amata Patria (e mia) si sposta interamente su Inter-Fiorentina.

h 20:20
Il sito del Corriere si porta avanti col lavoro e fornisce i primi risultati degli scrutini non ancora iniziati: il PdL è dato allo 0,0&, il Pd allo 0,0%, l'Udc allo 0,0% e la Sinistra Arcobaleno allo 0,0%. Questo, probabilmente, è il pareggio di cui parlava Casini.

h 20:08
Ho appena finito di ascoltare David Sassoli che lodava le magnifiche sorti e progressive dei marchingegni allestiti dal Tg1 per lo speciale elezioni in onda domani dalle 14:50. In particolare, Sassoli ha voluto dare particolare risalto agli exit poll, intervistandone l'organizzatore il quale ha assicurato che, rispetto all'orrendo 2006, la situazione politica è più fluida e quindi gli exit poll saranno necessariamente meno attendibili o comunque più faticosamente interpretabili. Giova ricordare che due anni fa gli exit poll delle tre del pomeriggio davano il centrosinistra in vantaggio del quindici per cento sul centrodestra, a fronte di effettivi 24.000 voti di scarto su scala nazionale (se mai veramente esistiti).

h 19:41
Affluenza ancora in calo, a quanto pare: -3,32% rispetto all'orrendo 2006. Però dovete sapere che dalla cucina di casa dei miei genitori si vede distintamente il seggio in cui votiamo e quindi, sia che mangiamo sia che prepariamo sia che facciamo qualsiasi altra cosa si possa fare in una cucina, possiamo monitorare la situazione delle sezioni 5, 6, 7 e 8 (Scuola Elementare San Giovanni Bosco). Al momento affluenza continua e quasi rissosa, ma bisogna pur sempre tener presente che in ogni seggio, al Sud, su cinque presenti per ogni elettore ci sono quattro curiosi che vogliono indovinare come ha votato.

h 19:07
Per ingannare l'attesa del tran-tran elettorale, me ne sono andato a bar Reale a prendere un tè freddo, con conseguenze imperscrutabili sulla mia diuresi.

h 16:42
So che è vergognoso, ma sono tornato adesso dal ristorante (sono pronto per far politica). Ci sono novità? No, a parte Udinese-Roma.

h 16:32 La signora madre della mia signorina fidanzata (quota Pd?) propone un voto di scambio: se io me la porto via da casa sua, lei vota secondo le mie indicazioni a Camera e Senato. Ho nobilmente rifiutato.

h 13:24 Sms di Mulas (quota Pd): Buone elezioni... sperando che chiunque vinca non si rinchiuda nella sua trincea come gli ultimi due governi ma dialoghi con una opposizione costruttiva! - essendo del Pd, direi che sono fatti suoi.

h 13:17 Sms di Trasimaco (quota Pd): Si può faaaareeeee!!! - Ma, essendo romanista, è probabile che si riferisse a Udinese-Roma.

h 13:05
Me ne vado al ristorante con gli zii.

h 13:02
L'affluenza non è ancora stata fornita né dal Tg5 né dal Tg2, entrambi pro-PdL.

h 12:57 Rispetto all'orrendo 2006 l'affluenza sarebbe calata dell'1,2% (16,3 contro 17,5). Corre voce che un buon mezzo punto dovrebbe essere dovuto a un calo localizzato nella fascia rossa del centro Italia, speriamo bene.

Secondo me

Fatto (già fatto?). Per chi non l'avesse intuito, stamattina alle nove e trentacinque sono andato al seggio (che per fortuna è esattamente di fronte a casa, nella scuola elementare che ancora non ha sistemato la targa commemorativa della mia frequenza) e ho votato PdL alla Camera e al Senato. Dopo di che, nel segreto della cabina elettorale, mi è apparso l'Arcangelo Gabriele il quale mi ha investito di un fascio di luce rivelandomi in visione i risultati che Bruno Vespa potrà dare soltanto domani sera:

Camera dei Deputati
PdL 36%
Lega Nord 6%
Movimento Per le Autonomie 0,5%
Silvio Berlusconi 42,5%
Pd 31%
Italia dei Valori 4%
Gualtiero Veltroni 35%
Sinistra Arcobaleno - Fausto Bertinotti 8%
Unione di Centro - Pierfedifrago Casini 6%
La Destra - Daniela Santanché 4%
Partito Socialista - Quello, Coso, Tizio Boselli 2%
Aborto? No Grazie - San Giuliano Ferrara martire 1%
Altri stronzi sparsi 1,5%

Senato della Repubblica
PdL + Lega + Mpa 165 senatori
Pd + Di Pietro 130
SA 16 senatori
Udc 3 senatori
Pallaro 1 senatore
Senatori a vita 7 rompicoglioni


Trattandosi di una visione divina, non sono responsabile di quello che ho scritto. (I più impazienti fra gli appassionati di ippica, per ingannare la domenica e il mezzo lunedì di attesa, possono nel frattempo dare un'occhiata su The Right Nation alle ultime quote del Grand Prix di Mount Citor e a quelle del Grand Prix di Miss Palace.)

Coraggio, non praevalebunt!

sabato 12 aprile 2008

Storica rimonta

Non vorrà dir nulla, ma nel giro di due ore - dalle undici di stamattina alle tredici di quest'istante - le quote di Betfair (qui di fianco) sul prossimo più probabile Presidente del Consiglio hanno visto la seguente variazione:

Berlusconi da 1.30 a 1.20
Veltroni da 5.50 a 6.60
Casini da 900 a 3.55

Secondo me, a qualcuno stanno girando i Veltroni.

giovedì 10 aprile 2008

Trotta trotta cavallino

Ancora ippica. Aggiornamento delle quote sul Grand Prix di Mount Citor, sempre dal botteghino di The Right Nation. Non ci sono sostanziali novità, se non nella testa di Vel, scusate, di Fan Idole.

mercoledì 9 aprile 2008

Forza Varenne

Aggiornamento ippico. Prima che sia troppo tardi, è possibile andare su The Right Nation e scoprire le quote per le corse clandestine regionali, nonché il consuntivo dei Grand Prix nazionali: sul circuito della Lombardia stravince Varenne, su quello dell'Emilia Romagna invece Fan Idole. Risultati piuttosto deludenti per il rubizzo General du Pommeau e per il candido Ipson de Mormal, che ciò nondimeno supera lo sbarramento, scusate, la staccionata nella sua Sicilia.

Al Grand Prix Nazionale di Mount Citor, Varenne supererebbe Fan Idole di 8,3 percent, scusate, lunghezze; mentre al decisivo Grand Prix di Miss Palace Varenne conseguirebbe 165 sen, scusate, fantini contro i 141 di Fan Idole.

lunedì 7 aprile 2008

Libri a trazione anteriore

Lo scorso 2 aprile è iniziata a Foggia la terza edizione della rassegna Libri a trazione anteriore, organizzata anche e soprattutto da Books Brothers come ente e Michele Trecca come persona (con Roberta Jarussi).

Il calendario è questo: il 2 aprile Andrea Simeone presentava Recinto di Porci, ma è passato quindi pazienza; l'11 aprile Flavia Piccinni presenterà Adesso Tienimi (con Marco Desiati); il 18 aprile Valeria Parrella presenterà Lo Spazio Bianco (con Nicola Lagioia); il 23 aprile Ivan Cotroneo presenterà La Kriptonite nella borsa (con Pulsatilla); soprattutto, il 9 maggio Cosimo Argentina presenterà Maschio Adulto Solitario (con Elisabetta Liguori).

Per ogni informazione utile, guardate qui. Io intanto me ne vado a Napoli, a fare i suffumigi d'immondizia.

sabato 5 aprile 2008

Campagna balorda

Per meglio esprimere la mia solidarietà umana e politica nei confronti di Giuliano Ferrara, mia madre mi ha tirato addosso l'uovo di legno che utilizza per cucire i calzini.

Lo Stato dei Licei, 16: la manna dal cielo

[Pensate che quando facevo la terza liceo, no, quando facevo la seconda liceo, insomma al quarto anno del Classico il momento più atteso della settimana era l’oretta scarsa di educazione fisica in cui giocare a calcio su un campo tutto di brecciolina, e allora cadere e sfracellarsi le ginocchia era il minimo, se non che la concitazione del gioco non permetteva di fare troppi calcoli e si arrivava a casi estremi come quando un giorno un mio compagno di classe si prese un calcio in faccia, non violento per carità ma si trattava di un tentativo di rovesciata ovviamente fallimentare, così che lui con la faccia insanguinata dovette tornare di corsa a scuola dal campetto e noi dietro a lui, che nel frattempo si era rifugiato nel cesso dei maschi a cercare di tamponare la situazione in qualche modo, non fosse che un altro mio compagno di classe particolarmente sensibile l’aveva prontamente raggiunto per soccorrerlo, se non che la sua sensibilità samaritanesca era tale da fargli venire i vapori ogniqualvolta vedeva del sangue, e molto empaticamente anzi ogniqualvolta vedeva del sangue uscire da un corpo altrui la sua sensibilità finiva sempre per fargli uscire altrettanto sangue dal naso proprio, così nel giro di una decina di minuti avevamo non uno ma due feriti, il compagno di classe A che aveva il sopracciglio spaccato dal sopraccitato calcio con conseguente spargimento di sangue in due lavandini del cesso dei maschi, il compagno di classe B che aveva il naso grondante oltremodo con conseguente spargimento di sangue nei restanti due lavandini del cesso dei maschi, al punto che la professoressa di Greco, che chissà come e perché si trovava in quel momento a passare esattamente dal cesso dei maschi, vedendo la ceramica dei lavandini diventare da bianca sporca che era progressivamente rosso carminio li apostrofò per cognome entrambi e col suo caratteristico latino accentato all’altamurana scandì, Tizio, Caio, sic tranzit gloria mundi!]

Gurrado, la primavera è certo una dolce stagione: le rondini tornano ai nidi, i ghiacci si sciolgono, nuovi germogli compaiono tra i rami degli alberi; per le strade, i fiori inebriano l'animo dei passanti col loro soave profumo; i bimbi affollano allegramente i parchi e, cosa ancor più gradevole, riaprono le gelaterie dopo la lunga pausa invernale. I tiepidi raggi del sole tornano a scaldare le tegole dei tetti, compreso quello del liceo Voltaire, dove l'atmosfera, curiosamente, pare assai più rilassata del solito: sia gli studenti che i professori sembrano pervasi da un'inusuale allegria, e trascorrono volentieri la pausa della ricreazione all'aperto, nel piccolo cortile alberato posto dietro all'edificio scolastico, che confina con l'Arcivescovado. In questa stagione, il suddetto cortile potrebbe essere addirittura descritto come un locus amenus: i platani troneggiano imponenti, ricoperti di fresche foglioline verdi; gli abeti e i pini sfoggiano nuove profumate gemme; le piante di mimosa rallegrano col loro vivace colore tutto l'insieme, per quanto dei grappoli di fiorellini gialli non sia rimasta che qualche macchia nella parte più alta dell’albero, a causa delle razzie compiute dagli studenti in occasione dell'8 marzo, festa della donna (essi infatti non perdono occasione per trafugare mazzetti di mimosa e farne dono all'insegnante di turno, speranzosi che il gesto li salvaguardi da un'eventuale interrogazione).

Non tutti però possono godere dei piaceri primaverili, come ad esempio la professoressa Fiorello, insegnante di latino e greco. Ella infatti, misteriosamente, non pare gradire nella maniera più assoluta il cambio di stagione, presentandosi a scuola scura in volto e di pessimo umore. Nessuno, tuttavia, è stato finora in grado di spiegarsene il motivo.

Invero, dopo l’episodio capitato pochi giorni fa in Terzaddì, gli alunni della Fiorello cominciano a sospettare l’origine di cotanto cattivo umore; non già perché la povera donna possegga uno spirito arido e insensibile al bello, bensì per ragioni assai più pragmatiche. Si dà infatti il caso che, visto il notevole aumento della temperatura dovuto alla bella stagione, le finestre della Terzaddì rimangano spalancate per tutta la mattina, consentendo agli studenti di bearsi del dolce canto degli usignoli e del soave effluvio dei fiori. Scrutando il panorama esterno, con le montagne ancora innevate che si slanciano verso il cielo terso e azzurro, e il sole che intiepidisce le strade della città, i membri della sezione non possono che sospirare dal dispiacere, costretti come sono tra le quattro mura dell’edificio scolastico, in compagnia di un’insegnante che, misteriosamente frustrata, decide su due piedi di interrogare l’intera sezione sull’ultimo brano di Tacito assegnato, nel quale lo storico latino si premura di consegnare ai posteri la meticolosa descrizione dei suicidi di Seneca e di Petronio. Gli studenti soffrono oltremodo, specie perché la maggior parte di loro non si aspettava una tale mossa da parte della Fiorello; perfino l’ambiente esterno, a quanto pare, partecipa del loro dolore. Qualcuno infatti, lanciando una superficiale occhiata fuori dalla finestra, nota che dal cielo sta cadendo silenziosa una lieve e sconosciuta sostanza e, istintivamente, esclama: -Perbacco, piove!

La notizia colma tutti di una notevole sorpresa, specie se si valuta che non una nuvola oscura di cielo in quel momento, ma soffia soltanto una leggerissima brezza. La professoressa, troppo concentrata sulla scelta dei paradigmi da domandare agli interrogati (ovvero a tutti i membri della Terzaddì), non si cura dello strano fenomeno e seguita a incalzare la povera Veronica B, la quale è seduta proprio nel banco davanti alla cattedra. All’improvviso, tuttavia, una folata di vento più forte delle altre fa sì che la misteriosa e affascinante sostanza penetri dalla finestra della Terzaddì e invada il locale:

-Polvere magica!-, esclamano alcuni.

-Polvere e basta!-, fanno eco altri.

-Polline!-, esclama sconvolta la professoressa Fiorello, cominciando a starnutire convulsamente e a respirare in maniera quanto mai irregolare. Ha addirittura abbandonato la lettura di un passo assai commovente di Tacito, in cui viene descritto come Caio Petronio amasse tagliarsi e riallacciarsi continuamente le vene, prima che sopravvenisse la morte.

Gli alunni della Terzaddì cominciano però a temere che la morte stia sopraggiungendo anche sulla professoressa Fiorello, che non smette di starnutire, tossire e assumere un colorito via via più violaceo. Due baldi giovanotti l’afferrano per le spalle e la trascinano fuori da quell’ambiente invaso dal polline. In verità, essi avrebbero desiderato sbattere la professoressa fuori dalla porta già molto tempo prima, ma l’occasione è venuta solo adesso.

-Meno male che l’interrogazione si è interrotta-, bisbiglia Patrizia A nell’orecchio della compagna di banco, un po’ pallida in volto -ancora mezza riga di vene tagliate, emorragie bruciate e arterie riallacciate, per di più descritte in lingua latina, e avrei finito col sentirm[NdG: Silvia G è colta da tosse parossistica pertanto il manoscritto termina qui]


venerdì 4 aprile 2008

Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi...

Berlusconi ha appena dichiarato che chi vota PD non è un coglione. Adesso vediamo seVeltroni lo contraddice pure su questo.

I sinistri

Non voterò giammai per loro, ma in fin dei conti sono simpatici.

1. Addavenì baffone. Innanzitutto devo esprimere la mia gratitudine poiché questa mattina, a soli quattro mesi dalla mia richiesta, è stata riconosciuta l'equipollenza del mio titolo al dottorato statale di ricerca in filosofia. La faccenda è solitamente più rapida, ma un errore di trascrizione (non mio, ministeriale) aveva fatto sì che in prima battuta mi venisse riconosciuto il titolo di dottore di ricerca in antropologia. Poiché con l'antropologia io ho a che fare tanto quanto con la 'ndrangheta e con l'Ambrosiana Inter, ho inoltrato una protesta al ministero acciocché mi lavasse da quell'onta, se necessario col sangue mio o altrui. Devo dunque essere grato che oggi mi sia arrivato il documento corretto, retrodatato al 29 gennaio, firmato con mano malferma dal convalescente ministro Mussi - il quale, giova sottolinearlo, dopo tutto quello che ha passato in ospedale è tornato al lavoro come se niente fosse, senza lasciar trascorrere il tempo in malattia fino alla nomina del nuovo ministro (come invece si sospettava da più parti). Bravo, grazie. Giova specificare che non per questo voterò la Sinistra Arcobaleno, né ora né mai.

2. Addavenì barbone. Dite a Veltroni, il quale si vantava di essere stato più visto di Berlusconi su Rai2, che ieri sera ho approfittato dell'intervallo di Fiorentina-Psv per concedermi un quarto d'ora di Marco Ferrando. Dite quello che volete, ma lo trovo molto divertente e trovo ammirevole che ci siano ancora professori di filosofia disposti a parlare per un'ora in prima serata di dittatura del proletariato (ché alla fine quello vuole, con lo slogan Se ne vadano tutti, governino i lavoratori). Lombrosianamente, tuttavia, devo concedere che buona parte della simpatia che Marco Ferrando m'ispira deriva dalla sua somiglianza con il più importante comunista che la storia d'Italia ricordi - la stessa pelata, lo stesso accento, la stessa radice del cognome. Pensateci bene: Marco Ferrando è Maurizio Ferrini con la barba, e di fronte a questo mistero non capisco ma mi adeguo. Giova specificare che non per questo voterò il Partito Comunista dei Lavoratori, né ora né mai.





3. Addavenì sbarbina. Mi rincresce dover riconoscere che nessuno mi abbia rimproverato perché qualche giorno fa, in un momento di rabbia, ho definito "la lesbica" la candidata premier del senatore Turigliatto. Non si fa, non solo per educazione (mica lancio uova contro Ferrara, io) ma soprattutto perché Flavia D'Angeli, a sentirla parlare, si rivela persona intelligente e gradevole. E per nulla lesbica, stante che ha due figli. Visto che non se n'è accorto nessuno, tanto meno lei, mi accuso mi scuso e mi assolvo da solo. Giova ricordare che non per questo voterò la Sinistra Critica, né ora né mai.

Insomma è chiaro che non voterò giammai per loro, però sono caratteristici e aiutano a passare la giornata.

giovedì 3 aprile 2008

Tutti i libri che non ho letto (3)

(Gurrado per Books Brothers)

Video killed the radio star.
(The Buggles, 1979)

Mi preme innanzitutto informarvi che questo pomeriggio andrò dall’oculista. “Ce ne stavamo fottendo”, direte voi. Io invece no, e non soltanto per preoccupazione ed egocentrismo: se mi permettete cinque minuti di autobiografismo spinto (che prometto di non prolungare oltre l’ora e mezza), ve ne spiegherò immediatamente il motivo.

Ricordo con orrore le ultime volte che sono andato dall’oculista, decisamente rare rispetto all’effettivo bisogno che ne avrei. In primo luogo perché mi viene infilata negli occhi una sostanza necessaria a dilatare le pupille e che, per il resto della giornata, non solo rende particolarmente invasiva la luce del sole (provate voi ad attraversare la strada al centro di Bari mentre i marciapiedi mandano bagliori aurei che farebbero impallidire la scala aurea di Giacobbe, con tutti gli angeli che vanno su e giù) ma soprattutto rende impossibile la lettura nel resto della giornata: finché infatti non sopraggiunge liberatorio il sonno, ecco che se si posano gli occhi su un libro le parole si sciolgono, si squacquerano anzi, fino a diventare impossibili a leggersi ma soltanto una macchia d’inchiostro da guardare, scrutare e indagare in un ambizioso test di Rorschach letterario.

Questo è niente tuttavia in confronto a quando, per un motivo o per l’altro, di fronte al mio progressivo accecamento e profondamente offeso dall’evenienza che io insista a chiamarlo “signorina infermiera”, l’anziano oculista decide di farmi passare a lenti più possenti per garantirmi immagini meno equivoche: il che comporta come minimo tre giorni di forzata pausa nel mentre che l’ottico provvede alla sostituzione.

Porto gli occhiali dal 2001, avrei dovuto portarli dal 1997 e ricordo i tre giorni del 2004 in cui ho cambiato gradazione come i più spiacevoli della mia vita, o se non altro i più noiosi, visto che ho l’abitudine di leggere tutto quel che mi capita sott’occhio e che sfugge all’umano genere: l’altra sera, tanto per dire, ho accompagnato un’amica al Naviglio Pavese e sono stato l’unico del circondario ad accorgermi che sulla visiera il distributore di kebab bisunti recava orgoglioso la spiazzante dicitura Il Vero Ok, che mi ha fatto desistere sull’istante dall’idea di assaggiare un qualsiasi suo prodotto poiché, alla Feuerbach, in fin dei conti siamo ciò che ci scriviamo addosso. Poiché leggo tutto, tre giorni senza occhiali sono un abisso che mi si para davanti, impedendomi di recitare il salterio e di guardare il televideo e di sapere se i medicinali che assumo mi uccideranno entro la fine settimana e di controllare l’email e di scorrere il listino prezzi della pizzeria e di mandare messaggi compromettenti a cellulari ignoti e di fare insomma buona parte delle faccende per cui vale la pena di sopravvivere in questa valle di lacrime. Sono tre giorni di silenzio visivo e di solitudine interiore che si ripercuote anche nelle notti, quando anche i sogni svuotati di senso si palesano come le vignette della Settimana Enigmistica: senza parole.

Ovviamente, nella mia mezza settimana enigmatica, i libri sono del tutto inservibili. Se non che, dopo i primi giorni trascorsi a occhi aperti senza di loro, guardando due film al giorno e riempiendo di videogiochi il tempo libero e facilmente combustibile che progressivamente mi avvicina alla morte (quando non leggo, i pensieri tristi si affollano), inevitabilmente finisco per rassegnarmi a una vita senza letture e a pascermi segretamente dell’immaginario prolungamento eterno dell’impossibilità di leggere, meravigliosa scusa che mi permette di guardare un qualsiasi libro senza più il senso di colpa derivante dal non averlo ancora letto o dal non averlo già riletto, che è in fin dei conti quasi lo stesso. Poi, purtroppo, un bel dì gli occhiali ritornano riparati, la facoltà di lettura pure e le pagine che mi attendono sono tante, troppe, potenzialmente infinite: allora i tre giorni perduti mi pesano come macigni, e calcolo quanta roba avrei potuto leggere se l’intervento dell’ottico fosse stato tempestivo.

Omero, se mai è veramente esistito, era cieco (per definizione: “ho mè oròn”, “il tizio che non ci vede”). John Milton, che è nato il 9 dicembre come me, era cieco (va notato incidentalmente che fra noi due, nonostante le apparenze, quello nato nel 1608 è lui; mentre io risalgo al 1980). James Joyce, a furia di scrivere roba illeggibile, era diventato cieco e dovette vergare le prime due paginette dell’ultimo definitivo romanzo oltranzista, che via via si andava componendo nella sua mente rabbuiata, a caratteri cubitali su dei fogli sparsi pur di poter rileggere ciò che lui stesso aveva appena scritto. Giambattista Vico, invece, ci vedeva benone ma deliberatamente evitava di leggere i libri di qualsiasi autore ancora vivo, ignorandone l’uscita e rifugiandosi in un passato di classici che traeva maggior gloria dall’essere frutto di una scelta consapevole, densa di rinunzie.

Chiudete gli occhi, o almeno provate a non vederci bene per un paio di giorni e a dover riconsiderare i libri sotto tutt’altro aspetto: non già come testi bensì come oggetti. Smettete per un po’ di leggere e sistematevi davanti a un battaglione di libri chiusi: prendeteli in mano, sfiorateli, lasciate scorrere la dita lungo il dorso, soffermatevi sulla macchia descritta dall’immagine di copertina e dai caratteri colorati del titolo. Provate ad aprirli e, non potendo leggerli, guardateli scoprendo la disposizione dei capoversi, la sinuosità dei caratteri, l’ammontare di pagine bianche e il ritmico avvicendarsi di corsivi e maiuscole. Proverete un aguzzo sollievo nei vostri cuori, quando sarete arrivati all’ultima pagina senza averlo letto ma sbirciando qua e là qualche paroletta fuor di contesto; sentirete un rimorso dettato dal senso del dovere che, tuttavia, andrà spegnendosi man mano che il libro vi avrà lasciato una sensazione più tattile che visiva, rivelandosi fatto di carta e inchiostro che ne racchiudono il contenuto così come si può afferrare l’anima dell’uomo soltanto accettandone carne e ossa.

Allora vi renderete conto che quello che non si legge è tanto importante quanto quello che si legge, se non ancora di più; vi ricorderete che, quando guardate un qualsiasi oggetto, il colore che ne risulta è deciso dal riflesso residuo di tutti i colori che l’oggetto stesso è incapace di assorbire, e che in un modo o nell’altro siamo tutti ciechi.