giovedì 1 maggio 2008

"Il che è bello e istruttivo"

(Giovannino Guareschi, 1 maggio 1908 - 22 luglio 1968)


Se domani mi dicessero: "Guareschi è diventato abate", non mi meraviglierei.
Perché Guareschi è uno dei pochi uomini al mondo che possono far tutto, diventar tutto, aspirare a tutto.
Nominato improvvisamente abate, lascerebbe il giornalismo, e l'abbazia affidatagli diverrebbe in pochi anni la più importante d'Italia.
Così come domani potrebb'essere abate, oggi Guareschi è scrittore, e nello stesso tempo è disegnatore, pittore, falegname, mobiliere, cartellonista, poeta, calzolaio, musico.
Dategli un pianoforte. Stasera non sa suonarlo, ma domani mattina riceverete, scritto istoriato e stampato da Guareschi scrittore e disegnatore e tipografo, il programma-invito del concerto del pianista Guareschi.
in una notte Guareschi s'è impadronito della tecnica della musica, ha intuito, scoperto, approfondito i segreti del pianoforte, e non dico che sia diventato grande, ma buono sì, forse anche ottimo.
Com'è diventato scrittore? Per inclinazione? Per passione? No.
Il caso, la vita lo fecero entrare anni fa in un grande giornale. Immediatamente, avendo intuito le regole della tecnica della cronaca, divenne cronista: poco dopo, essendogli venuto voglia di primeggiare tra i cronisti, non fece che mettere in pratica la tecnica di tale primato, che egli, senza conoscere, aveva già in sé (Guareschi è la prova vivente della storia delle idee innate), e divenne capo-cronista. Trascinato dall'ambizione, chiese il posto di redattore-capo. Fu il miglior redattore-capo dell'Emilia (Guareschi è di Parma). Il direttore, allarmato, barricò una mattina tutte le porte del giornale, disponendo nei dintorni uomini prezzolati per impedire l'ingresso al pericoloso rivale.
Guareschi partì per Milano ed entrò in una casa editrice.
Per caso non entrò in un convento, del quale, sicuramente, sarebbe in pochi giorni divenuto priore, o nell'Azienda Tranviaria, che oggi dirigerebbe.
Essendo entrato in una casa editrice, divenne scrittore. (...)
Ho già detto che Guareschi è di Parma: intelligente, perciò, come tutti i suoi concittadini; lavoratore instancabile; volitivo, ostinato; e buono, d'una bontà che non si vede perché egli la maschera, la copre come una cosa di cui ci si debba vergognare.
Se parla di sua moglie, si vergogna di dire o di scrivere questa affettuosa parola.
Ricorre a frasi, a lunghi ironici giri: "La dolce signora che mi rese padre", "La dolce signora che una volta, con la scusa di farmi ammirare certi pregevoli affreschi del '500, mi indusse a entrare, celibe, in una chiesa per uscirne di lì a poco coniugato a vita", "La gentile socia della mia malinconica azienda", "La gentile creatura che non mi volle più signorino". (...)
Pochi hanno come Guareschi il pudore dei propri sentimenti.
I quali sentimenti, però, puoi nasconderli quanto vuoi, anche cento braccia sottoterra, ma vengono sempre a galla.
E l'ironia di Guareschi è affetto, e la rusticità è freno all'affetto, che altrimenti traboccherebbe con grande vergogna di Guareschi.

Giovanni Mosca, 1941

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