domenica 29 marzo 2009

La Regina, la villa in Florida e le tigri da giardino

(Gurrado per Quasi Rete)

Ma benedetta principessa Diana (Daiàna per gli italiani), ai suoi tempi non poteva prodursi in una figlia femmina? Appena sono arrivato il cosiddetto talk of the day, anzi of the week, è stato in tutta l’Inghilterra la boutade del primo ministro Gordon Brown, il quale auspica una legge per annullare un atto del 1701 che impedisce ai Cattolici di entrare a far parte della Famiglia Reale – senza venire né torturati né uccisi, s’intende. Se la principessa Diana si fosse ai suoi tempi (ri)prodotta in una tenera frugoletta, a quest’ora la frugoletta sarebbe un’ultraventenne impegnata a imparare il galateo di Casa, a studiare qualcosa che non la interessa in qualche college che non chiederebbe altro e a scorrazzare per i pub di Oxford tutta la notte, ossia fino alle 23 ora locale. In tal caso, avrei scorrazzato anch’io, pub per pub, alla ricerca della principessa da impalmare per passare alla storia (io) come il primo Cattolico entrato a Casa Windsor.

Invece. Invece, come intuirete non è così: la principessa Diana buonanima ci ha lasciato due figli maschi che sono i diretti discendenti al trono dopo il principe Carlo, consolabile vedovo. Scorrendo la lista dei pretendenti al trono, dietro il principone e i due principini si trova il duca di York e finalmente, a un modesto quinto posto, sua figlia Beatrice (immediatamente seguita da Eugenia, la sorella carina). Tradotto: perché io possa diventare il primo Cattolico di Casa a Buckingham Palace devono verificarsi le seguenti condizioni: Gordon Brown deve far accogliere dal Parlamento la sua proposta straordinaria (già ha difficoltà a riuscirci con le proposte normali, quindi figuriamoci); devo scovare la duchessina Beatrice, pur consapevole che è più carina sua sorella; deve morire la Regina; deve morire il principe Carlo; devono morire i principini William e Henry; deve morire il duca di York; la duchessina Beatrice deve reggere imperturbabile di fronte a questa non comune serie di fatalità. Vaste programme, direbbe De Gaulle: per questo il gioco non vale la candela e, nell’impossibilità di entrare a far parte della Famiglia, non sono affatto tentato di vincere la mia naturale ritrosia verso le figlie di una grande, grandissima nazione che abbraccia il Protestantesimo ma non i bidet. Ragion per cui alla sera preferisco guardare la tv.

L’Inghilterra fa tutto alla grande. Per l’Italia il termine “Impero” significava “tre precari ettari di Corno d’Africa” mentre da queste parti significava “mezzo mondo”. Idem per la tv. Quando da noi si dice “stasera non c’è nulla” significa che la tv trasmette un film che non ci attira, un dibattito politico condotto da qualcuno che ci fa girare le scatole, un telefilm giallo che ci fa impressione e un numero di reality show oscillante fra due e più infinito. In Inghilterra quando si dice “stasera non c’è nulla” vuol dire che di effettivo vuoto pneumatico si tratta. Esempio pratico, venerdì scorso: nel momento in cui venivano aperte le gabbie e dagli uffici dall’università dai supermercati l’intera popolazione si travasava prima a bere nei pub e in seguito a vomitare per la pubblica via (d’altra parte nulla si crea e nulla si distrugge) la tv inglese offriva questa scelta: su BBC1 una situation comedy su una famiglia che si trasferisce sul Pacifico; su BBC2 un documentario sul giardinaggio; su ITV1 venivano forniti dei consigli retroattivi a famiglie che avevano appena perso tutti i risparmi; su Channel Five una situation comedy sulla squadra mobile dell’Essex. Io ho optato, su Channel4, per una docu-fiction su una coppia che, a parità di condizioni, veniva posta di fronte alla scelta di comprare un appartamentino a Birmingham oppure una villa in Florida. L’appartamentino era striminzito ma, essendo dotato di un tetto, costituiva uno dei pochi posti asciutti in tutta Birmingham. La villa in Florida era grande abbastanza da far provincia e costeggiava una strada sulla quale frotte di stangone coltivavano l’abitudine di fare jogging in bikini. La coppia ha scelto l’appartamento a Birmingham. La villa in Florida costava di meno.

Ovvio che in una situazione del genere, in cui m’è proibito tanto guardare qualcosa di ragionevole quanto sposare una principessa, l’improvvisa apparizione di qualsiasi trasmissione sportiva diventa una manna. Nella fattispecie si tratta, dalla Polonia, dei Mondiali di ciclismo su pista, sport che mi entusiasma come vedere delle tigri al giardinetto. Gli Inglesi però hanno gente come Marc Cavendish e Victoria Pendelton pertanto il loro sincero entusiasmo è più che giustificabile, e viene espresso in maniera rutilante come dimostra l’episodio qui sotto.

Antefatto: giovedì sera la Gran Bretagna (poi bisognerà capire, un giorno, perché l’Inghilterra esiste solo a calcio e rugby, mentre negli altri sport fa l’ammucchiata) – dicevo: giovedì sera la Gran Bretagna, che si sentiva chiamata all’assoluto dominio della pista, a tre giorni dalla fine dei Mondiali non aveva ancora vinto un oro che fosse uno. Ho quindi avuto l’onore di assistere alla sua prima vittoria, nell’inseguimento a squadre femminile, a opera di tre signorine che abitualmente indossano una futuribile tuta aderente mezza blu e mezza rossa, grazie alla quale si collocano di svariate lunghezze al di sopra dell’eleganza nazionale. Purtroppo al momento della vittoria, in una concitata finale con delle vituperose fanciulle neozelandesi, stavo combattendo contro il microonde e davo le spalle alla tv, limitandomi ad ascoltare la cronaca. Alle medie inferiori la mia professoressa di Inglese era molto brava e ciò mi ha consentito di carpire grossomodo ogni singola parola e seguire nel dettaglio l’andamento della sospirata vittoria. Se altrimenti avessi dovuto basarmi sul tono della cronaca, diciamo sullo spartito senza parole, a furia di dare le spalle alla tv non sarei stato in grado di capire se le tre pseudo-austronaute britanniche stessero vincendo o avessero perso (come me contro il microonde). La frase “La Gran Bretagna conquista il suo primo oro ai mondiali di ciclismo su pista” è stata pronunziata con lo stesso tono di un ipotetico “Ci informano in questo momento che Lord Illingworth è spirato nel primo pomeriggio.“

Direte: ti sarai rifatto col calcio – questo sabato c’erano le qualificazioni ai Mondiali, avranno ben trasmesso l’Inghilterra. Macchè. Primo perché l’Inghilterra ha saltato questo turno, limitandosi a un’amichevole contro la temibile Slovacchia (finita 4-0, certa gente a Wembley non dovrebbero nemmeno farla entrare). Secondo perché la partita è stata trasmessa da una rete a pagamento. Avete capito bene, come disse Berlusconi alla fine della campagna elettorale del 2006, in Inghilterra la Nazionale alle volte può essere vista solo da quelli che possono permetterselo. Sarò all’antica ma ritengo che sulle reti a pagamento possano trasmettere tutte le Premier League, le Championship, le Football Conference e le Coca Cola League Cup che vogliono, ma la Nazionale deve restare di pubblico dominio perché è, nel calcio, l’unica cosa che accomuna la Regina ai senzatetto. Sarebbe come se la Chiesa consentisse di festeggiare il Natale solo a chi può permettersi i regali più costosi.

Così per vedere un’ampia sintesi di Inghilterra-Slovacchia, già sapendo il risultato da ore e ore, ho dovuto aspettare le dieci e venti, quando già incombeva l’ora legale (che qui, con la solita magniloquenza, chiamano British Summertime – summertime di ’sta cippa, ieri mattina c’erano due gradi). La sintesi, trasmessa da ITV1, era inaugurata da una sigla che mostrava tutti i più grandi monumenti inglesi (circa tre) come decorazioni di una strada che conduceva al più grande di tutti, Wembley, il tempio del calcio il cui nome fa tremare i polsi a chiunque a esclusione, evidentemente, degli improvvidi slovacchi che si sono presentati nonostante la manifesta inferiorità. Solo allora ho potuto vedere, tanto per gradire, la chirurgica combinazione fra Rooney (passaggio filtrante in area), Gerrard (passaggio arretrato alla cieca) e Heskey (colpo di tacco in goal): direi che è valsa la pena di aspettare. E poi, che fascino incontenibile la divisa completamente bianca degli Inglesi, anche in questo caso svariate lunghezze al di sopra dell’eleganza nazionale media. Non lo so, sarà il colletto, sarà il taglio dei pantaloncini; fatto sta che con un’identica maglia completamente bianca, ad esempio nella finale di Euro 2000, i giocatori dell’Italia sembravano dei farmacisti. Quelli dell’Inghilterra, ieri sera, erano angeli sterminatori.

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