martedì 4 ottobre 2011

Ho lasciato passare uno, due, tre, quattro, cinque giorni; ora, notando che ogni mattina mi svegliavo d'accordo col me stesso della sera prima, ho deciso di affrontare l'argomento. Il 29 settembre era il compleanno di Silvio Berlusconi, che compiva tre quarti di secolo, e nelle borgate più sordide di internet, gratificate sovente da un'indebita visibilità, si sono moltiplicati gli auguri di morte. Non sto parlando di diritto alla satira (che sarebbe accettabile al limite per "Buon compleanno e speriamo che sia l'ultimo") ma di asserzioni becere che non avevano niente di umoristico e che puntavano dritti al cuore del problema: Berlusconi deve morire, anzi è auspicabile che Berlusconi schiatti immantinente. Ora, io non credo che - come recitava il titolo di un noto volume - l'amore vinca sempre sull'invidia e sull'odio; non credo nemmeno che l'Italia e il mondo siano divisi a compartimenti stagni come la lavagna nel gioco del silenzio, con tutti i buoni da una parte e tutti i cattivi dall'altra (trovo più confacente la discriminante avanzata da Renato Pozzetto ne La Casa Stregata: "Tutte le puttane da una parte e tutti i froci dall'altra"). Quindi non sono portato a ritenere che i sostenitori di Berlusconi siano tutti dediti al fair play nell'agone politico, però ho scartabellato un po' e non ho trovato molti auguri di morte a Bersani, a Vendola, a Di Pietro, a Fini; a Rutelli figuriamoci, me l'ero perfino dimenticato. Gli unici auguri di morte che ho trovato ripetuti in tromba erano a Berlusconi e al Papa, questi ultimi equamente suddivisi fra auguri di morte all'individuo Ratzinger e auguri di morte a chiunque ne ricopra il ruolo istituzionale. Allora mi sono ricordato che qualche anno fa avevo scritto su queste stesse pagine virtuali un pezzo intitolato Za la Mort, che risentiva di vari difetti ispirato com'era dallo scoramento per l'evoluzione dell'affaire-Englaro; tuttavia, leggendolo in parallelo alla serie di auguri di pronta sparizione per Berlusconi e per il Papa, ho notato che lasciandomi trascinare ero riuscito a vederla lunga in alcuni arditi accostamenti:

Un tempo i comunisti mangiavano i bambini. Ora hanno gusti più sofisticati. (...) E ai miei amici che tifano per la morte indotta, ritenendola un segno inequivocabile di civiltà: da un lato mi preoccupano perché sono gli stessi che tifano per i mussulani, denotando un certo cupio dissolvi. Dall'altro mi terrorizzano perché, se domani loro dovessero trovarsi nelle condizioni della Englaro, io starò lì a pregare che Dio li tenga in vita, e che gli uomini si adeguino; loro invece faranno un carnevale in piazza per difendere il mio diritto di essere ucciso.


Dunque io non credo affatto che l'amore vinca sempre sull'invidia e sull'odio ma pian pianino vado convincendomi che esista una minoranza aggressiva e preoccupante, lo zoccolo duro di un'Italia dei livori che in ragione della propria irragionevolezza epatica desidera costituire una nazione finalmente moderna con la morte di Berlusconi, la morte di Ratzinger, la morte di tutti quelli che finiscono nelle grinfie dei mussulmani e la morte di tutti gli altri di fianco a una spina staccata.