martedì 3 luglio 2012



Il diario intimo dell'Europeo
Domenica 1 luglio

h 20:45 Spagna-Italia a Bussero
A me, ad esempio, interessa soprattutto in ciclismo e nel frattempo è partito il Tour de France, quindi che l’Europeo continui a continuare mi sembra un po’ scostumato e goffo, un frivolo reato di lesa maestà. L’attenzione universale è inevitabilmente focalizzata sulla finale ergo le prime pedalate gialle passano in cavalleria, io però non posso fare a meno di ricordare quando Nacho ebbe a proclamare di fronte a un caffè macchiato sotto i portici di Modena, sette anni fa senza crisi in mezzo: “Il Tour è la cosa più importante dell’anno”. Nacho è incontestabilmente spagnolo ragion per cui una collega pedante si precipitò a correggerlo: “La corsa, Nacho, si dice la corsa”; e lui, incredulo che qualcuno potesse mettere in discussione gerarchie tanto evidenti: “No no, volevo dire proprio la cosa”. Il Tour è la cosa più importante dell’anno dunque non c’è partita, anzi la partita c’è ma è come se non la guardassi, è come se l’Italia non la giocasse ed è come se non avessi inviato se non per doverosa cavalleria il messaggino iniziale a Nacho: “Vamos a gañar”; e lui: “Concordo”. Concordano fin troppo, gli spagnoli, fanno quello che vogliono mentre ai nostri vengono le zampette rachitiche né c’era da aspettarsi altro, bastava buttare un occhio in tribuna. Per noi c’era un economista, un professore universitario, il capo di un governo tecnico che a fine partita si permette pure di dire “Credo di parlare a nome di tutti gli Italiani” quando a rigore farebbe meglio a evitarlo, visto che non l’ha eletto nessuno. Per loro si presenta il Principe delle Asturie: come possiamo contrastarlo? È come quando il 13 giugno del 2004 si tenne il referendum anticattolico sulla fecondazione assistita e stravinsero le posizioni della Chiesa: be’ grazie, da una parte c’era Sant’Antonio, dall’altra Sabrina Ferilli. Improponibile. Lo spiegamento di forze istituzionali sugli spalti denota lo stesso identico squilibrio, e se il calcio è niente niente specchio del carattere nazionale stiamo freschi: resteremo confinati alla grigia meschinità provinciale nella quale ci siamo ignobilmente esiliati da qualche decennio, vergognosi di essere noi stessi e vogliosi di riprodurre modelli astratti quanto più impolverati. Loro hanno il Principe delle Asturie e noi abbiamo Francesco Pannofino che legge le formazioni per dare un tocco di arte nazional-popolare. Loro hanno il Principe delle Asturie e noi abbiamo Bruno Gentili che sullo 0-4 a un minuto dal termine trova il coraggio di rivolgersi implorante ai dominatori con un mesto “Abbiate pietà”. Loro hanno il Principe delle Asturie e noi abbiamo Marco Mazzocchi che salta prontamente sul carro del vincitore dicendo a fine partita che bene hanno fatto gli spagnoli a non fermarsi quando eravamo in ginocchio nella polvere e a gragnolarci imperterriti di possesso palla e di goal. Loro hanno il Principe delle Asturie e noi abbiamo Amedeo Goria che s’inchina leggermente a ogni domanda che pone a Monti, fino al sublime fracchiesco “Mi chiedono di chiederle gentilmente quando finirà la crisi”. Loro hanno il Principe delle Asturie e noi non abbiamo nessuno che dichiari pubblicamente in sede istituzionale o anche solo televisiva che è stato bello e terribile innamorarsi per una settimana di quest’Italia rimpinzata di bulli di quartiere, scommettitori seriali, tatuati al midollo, cardiopatici, addormentati in piedi, nani, omofobi, bisessuali, inquisiti e trovatelli; questa nazionale dei caratteriali, tutta scassata, che senza badare alla bella figura è riuscita a darle di santa ragione a tedeschi e inglesi quando serviva, facendo ciò che i suoi compatrioti hanno da tempo smesso di voler tentare di essere capaci di fare, riuscendo a risvegliare entusiasmi tribali che tracimavano nell’accantonamento della diplomazia mentre tutta una risma di opinionisti in punta di forchetta si scandalizzava dicendo che così non si fa: non si mandano a fanculo i tedeschi, non si mostra il dorso di indice e medio agli inglesi, non sta bene, siamo europei civili, cosa diranno di noi in società. Gli spagnoli hanno il Principe delle Asturie e noi siamo un’accozzaglia di mosci disfattisti che non merita di essere nazione, e pretendevamo pure di vincere.

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