venerdì 28 settembre 2012

Alcuni sostenitori della rete hanno tutto il diritto di sostenere che l’assoluta libertà garantita da internet grazie all’assenza di ogni sbarramento d’accesso e alla sospensione dell’identità individuale sia un segno del più auspicabile progresso. Nessuno d’altronde può impedire agli appassionati di motorizzazione di sostenere che sarebbe un mondo più emozionante quello in cui degli psicopatici senza patente né targa si lanciassero sui marciapiedi a fari spenti nella notte.

Su Tempi in edicola questa settimana (n.39, in copertina la Brambilla, Schifani e dei beagle) un mio lungo articolo in cui prendo in giro il popolo di internet, cioè voi.

martedì 25 settembre 2012

Il terzismo, persa ormai la spinta propulsiva e diventato istituzione, è stato insufflato nel modus scribendi dei corrieristi e in particolare è stato colto dai titolisti. Se per assurdo durante la giornata uno avesse il tempo di leggere solamente i titoli delle 72 pagine del Corriere ricaverebbe soprattutto sensazioni vaghe. Perché? Ma perché il terzismo s’è fatto prudenza e s’è trasformato in segni grafici ben precisi: le parentesi, entro le quali un inciso contraddice in parte quello che è scritto nel resto del titolo; il “ma”; il “non” sempre fra parentesi; la disgiunzione “o”, “oppure”; le virgolette attorno a parole potenzialmente letali; il fermo “no a” qualcosa che tutti già rifiutano; il punto interrogativo in coda.

Analisi grammaticale ma soprattutto logica del Corriere della Sera su Qwerty, il blog che recensisce i giornali su Tempi.it

lunedì 24 settembre 2012

Finalmente domenica!
Quarta giornata, 23 settembre 2012


“Se Gesù tornasse oggi a Pavia, come minimo dovremmo dirlo a tutti”, ipotizza durante l’omelia di mezzogiorno il parroco del Carmine. Come proceda oltre la sua fervida immaginazione non è dato sapere perché repentinamente passa a riferire del musical su Madre Teresa di Calcutta che hanno allestito ieri nell’oratorio; tanto più sta male alzare la manina e porre domande durante la predica, ragion per cui devo tenere per me alcuni dubbi che avrei voluto obiettargli. Tanto per cominciare, se Gesù tornasse a Pavia di domenica non troverebbe nessuno: chi può permetterselo scappa al mare o in collina; gli studenti, che costituiscono un buon quarto della popolazione complessiva, al fine settimana si rifugiano dai genitori; le persone perbene, affacciandosi da un lembo di tenda o rifugiandosi dietro i citofoni, gli urlerebbero che di domenica le persone perbene restano a casa propria.

Se decidesse di tornare di giorno feriale, non gli andrebbe tanto meglio. La Provincia Pavese, nota per annunziare gli eventi sbagliando abitualmente o la data o il giorno o l’orario, stante l’eccezionalità della circostanza si concentrerebbe e sbaglierebbe la data, il giorno e l’orario. Se decidesse di palesarsi alle 21, gli direbbero che non verrebbe nessuno perché a quell’ora la gente è stanca e non ha voglia di uscire di nuovo dopo cena. Se decidesse di palesarsi alle 18, gli direbbero che non verrebbe nessuno perché a quell’ora la gente o lavora o cerca di riposarsi un po’ prima di cena. Se decidesse di palesarsi in Duomo, gli direbbero che casca male perché lo riapriranno fra due settimane abbondanti: “Ora come ora è chiuso per restauro”. “E da quando?” “Dal 1998”.

Se tornasse a Pavia oggi, non potrebbe nemmeno mangiare come fece sulla via di Emmaus perché di domenica la grande maggioranza di ristoranti e bar resta chiusa; potrebbe tutt’a più prendere un kebab o azzardare un brunch a prezzo esorbitante in una tavola calda americana, ma a questo punto bisognerebbe spiegargli cos’è il brunch (“Mangiare a cazzo di cane” era la traduzione di una mia valida fidanzata) e soprattutto cos’è l’America: “È l’Impero Romano, però da un’altra parte”. “E perché è governata da un Numida?”. Se non altro, scorrendo distrattamente le notizie, potrebbe rallegrarsi apprendendo che a Roma ci si veste grossomodo ancora come ai tempi suoi.

Se riparasse in camera mia, mi troverebbe sul divano a guardare i Mondiali di ciclismo tutto ammirato dall’intrinseca crudeltà di una corsa che in un sol giorno assegna una maglia che vale tutto l’anno e tuttavia, dopo sette ore e più di duecentocinquanta chilometri, premia quasi inevitabilmente il contendente più meritevole o il più sagace. Dopo avergli illustrato cos’è la bicicletta (l’asino a pedali) gli farei notare come la cattolicissima Spagna non s’è fatta scrupolo di perdonare i suoi campioni dall’etica più periclitante e li ha convocati per la partenza, ricavandone così una bella corsa benché non vittoriosa. Noi italiani invece, sempre ansiosi di dimostrare che la nostra cacca non puzza, stiamo diventando ad ampie falcate una nazione protestante e a furor di popolo abbiamo lasciato a casa quasi tutti i verosimili aspiranti se solo erano in odore di sospetto preventivo, col risultato di mettere insieme una nazionale abborracciata fra giovani promesse e vecchie glorie, che ha raccolto ben magro risultato. A questo punto mi chiederebbe: “Ma, precisamente, questi protestanti cosa sono?”.

Sarebbe la smentita della vecchia parabola indifferentista di Anthony De Mello. Gesù va a guardare una partita fra cattolici e protestanti; segnano prima i cattolici, ed esulta; pareggiano nella ripresa i protestanti, ed esulta; uno spettatore lo guarda e considera a mezza bocca: “To’, un ateo”.

[La metà di Francesco Savio si trova su Quasi Rete.]

lunedì 17 settembre 2012

Finalmente domenica!
Terza giornata, 16 settembre 2012

Ho abbastanza Festival Filosofia alle spalle e sulle spalle – il primo, da turista, risale al 2004 mentre l’ultimo, da rotellina del marchingegno, risale a oggi – per sapere che il problema non è lavorare di domenica ma svegliarsi al lunedì. So che il fine settimana del Festival è una lunga giornata di settantadue ore in cui si sta in piedi sull’adrenalina mentre si continua ad andare su e giù per Modena: e vai all’albergo a prelevare Lecaldano, e vai in Piazza Grande a presentare Ferraris, e vai a Sassuolo a presentare Niola, e vai a cena con l’assessore, e telefona a Lash, e intervista Searle, e affianca la Rai, e riporta in albergo Bauman, e ricordati di mangiare qualcosa e dormire un po’ negli interstizi. Conosco ogni segreto della sopravvivenza e tutto ciò non mi crea problema perché mi piace e mi diverte, è il cibo che solum è mio et ch’io nacqui per lui; e inoltre a Modena ho trascorso (sempre più tempo fa) gli anni più belli della mia vita quindi ho contratto un debito di riconoscenza nei confronti della città e delle persone che organizzano il Festival; e per soprammercato la zona mi attrae, Modena è la mia patria dell’anima e dopo avere visitato per bene il Palazzo Ducale non capisco perché gli italiani si ritrovino ad andare in vacanza alle Maldive o in Patagonia anziché a Sassuolo. E mai come quest’anno, dopo che è successo quello che è successo, io e i miei colleghi sparsi per l’Italia e per l’estero, dal Regno Unito alla Calabria, abbiamo voluto essere presenti e partecipi e portare come formiche la nostra mollichina al Festival; e quando abbiamo saputo che sabato pomeriggio, in occasione della lezione magistrale di Cacciari, sarebbe stata riaperta al pubblico dopo tre mesi e mezzo Piazza Martiri di Carpi ci siamo sentiti come se l’avessimo fatta riaprire un po’ anche noi, sebbene a essere onesti non c’entrassimo gran che.

Il lunedì invece, il lunedì è tutt’altra musica. Tutto il contrario di Zanardi che in un’intervista a Gino Cervi aveva detto che non gli piaceva tanto la felicità della domenica quando vince la gara quanto la felicità del lunedì quando ricominciava ad allenarsi; io, tutto il contrario. Il Festival tramonta, il lunedì incombe e io so che mi sveglierò tardi (lo detesto), col mal di gambe (non lo apprezzo), col mal di schiena (più del consueto), con l’obbligo di liberare entro le 11:30 la camera d’albergo, senza più i buoni pasto offerti dal Consorzio per il pranzo alla caffetteria dei Musei e la cena alla Bicicletta in Sant’Eufemia, senza più il tesserino che mi fregiava il petto consentendomi di farmi strada dovunque volessi a colpi di sguardi truci, con la sola prospettiva di passare la giornata a guardare palchi e tensostrutture che vengono smontati mentre il mal di gambe aumenta e il mal di schiena pure e l’intenzione di restare a godermi Modena fino al pomeriggio lascia pian pianino strada alla consapevolezza che la cosa più intelligente a farsi è salire sul primo treno per la Lombardia e andarmene prima di pranzo pensando che nel frattempo, proprio mentre faccio la valigia e me ne vo, in tutta la provincia di Modena stanno riaprendo le scuole che erano state chiuse in primavera a colpi di calcinacci, e concludendo che quindi, magone nonostante, io me ne andrò ma Modena resta.

[L'altra metà della rubrica si trova su Quasi Rete.]

giovedì 13 settembre 2012

Come già da qualche anno, anche questo fine settimana il Festival Filosofia di Modena/Carpi/Sassuolo si avvarrà della mia abbagliante bellezza. Nel dettaglio, venerdì 14 sarò a Sassuolo, dove presenterò alle 10 la lezione di Eugenio Lecaldano su La ricchezza delle nazioni di Adam Smith e alle 11:30 la lezione di Simona Forti su Vita Activa di Hannah Arendt. Sabato 15, sempre a Sassuolo, alle 20:30 presenterò la lezione magistrale "Natura morta" di Francisco Jarauta. Invece domenica 16, alle 11:30 presenterò in piazza Grande a Modena la lezione magistrale "La cosa in sé" di Maurizio Ferraris; a Sassuolo, nel pomeriggio, alle 15 presenterò Fulvio Carmagnola e Marco Senaldi che terranno una lezione magistrale intitolata "Ipermerce: la marca e il debito" mentre alle 16:30 presenterò la lezione magistrale "Oggetti potenti" di Marino Niola.

martedì 11 settembre 2012

Il vescovo irlandese George Berkeley sarebbe fiero di me, se non fosse morto da  duecentocinquantanove anni. Per chi ha frequentato liceo e università dopo la riforma Berlinguer, questo Berkeley è il filosofo che si trova sul manuale a mezza strada fra Locke e Hume e di solito non viene studiato perché la fine dell’anno scolastico incombe e il professore è indietro col programma. In più si tratta di poche pagine, sufficienti a esporre la sua teoria cardinale: esse est percipi, ovvero esistere coincide con essere percepiti; se vedo un oggetto, allora esiste; se non lo vedo, non posso dire che esista; per evitare di impazzire al pensiero che gli oggetti (che so, ad esempio il portafogli) svaniscano appena chiudo un attimo gli occhi, posso consolarmi concludendo che l’esistenza continuativa di ogni cosa è garantita dal fatto che Dio continua a guardare tutto, sempre, contemporaneamente.

Ebbene, liberissimi di non crederci, ma non potete fare a meno di Berkeley se volete capire Paolo Bonolis. Su Qwerty, il blog di Tempi.it che recensisce i giornali, è il turno del nuovo Tv Sorrisi e Canzoni.

lunedì 10 settembre 2012

Finalmente domenica!
Sosta per Bulgaria e Malta, 9 settembre 2012

Che raccapriccio il raffreddore. Non tanto per il naso chiuso in sé, né per l’impressione di pesantezza che ricavo dalla limacciosità del cervello mentre mi trascino all’Esselunga perché sta finendo tutto e un peggioramento dell’infreddatura, tale da non consentirmi più di uscire, comporterebbe altresì la morte per inedia e assenza di ogni igiene; ma raccapriccio perché il raffreddore fa da schermo fra me e la realtà circostante e sovverte le proporzioni degli eventi. Se ad esempio venerdì e sabato eravate a Mantova e avete notato un uomo la cui principale attività al Festivaletteratura consisteva nel trovare un modo per respirare con le orecchie, ebbene, quegli ero io, che andavo in apnea da piazza delle Erbe a piazza Broletto a piazza Sordello o viceversa e cercavo una maniera educata di soffiare il naso (mio) e stringere mani (altrui) disponendo esclusivamente di due mani e di un naso solo, che però valeva per quattro. Così la mia memoria del mio primo Festivaletteratura è stata limitata dal raffreddore e come tale non va oltre il mio naso, nel vero senso dell’espressione. Resta un simulacro vago e distante della mia perorazione in favore della clausura di fronte a Michela Murgia, delle gran pacche sulle spalle che Joe Lansdale assesta da bravo texano, di Paolo Nori che mi ha rivolto un sorriso che me lo ricorderò finché campo, nonché degli appetibili tortelli di zucca.

Queste righe avrebbero dovuto essere dedicate al sottobosco della spedizione mantovana, per esempio a una giovine che intende piazzare un format rivoluzionario presso Rai5 ma nel frattempo lo racconta a me in spregio alla mia totale estraneità alla televisione, oppure a un’altra giovine che sta cercando di impiantare un sistema di lettori e presentazioni in provincia di Bari, impresa che è simile al voler insegnare il Catechismo ai cinesi perché ci si scontra con una cultura più antica, più potente e pregiudizialmente ostile. Eppure tutto il Festivaletteratura è forse un raffreddore di massa, in cui saltano le proporzioni della percezione collettiva: un po’ perché è raro vedere così tanti autori concentrati in tre piazze, un po’ perché gli eventi costano ergo bisogna valorizzare quanto più gli interstizi all’aperto che sono gratis, ho ricavato l’idea di un grande stupore generale di fronte alla scoperta che gli scrittori siano tridimensionali.

“Guarda, Paolo Nori manda un messaggino!”, si diceva la folla. “Joe Lansdale fa una passeggiata! Antonio Moresco addenta un cornetto!”. Perché, scusate, vive d’aria, Antonio Moresco? È paralitico, Joe Lansdale? Non ha i polpastrelli, Paolo Nori? Magari verrà il giorno in cui la gente si darà di gomito dicendo: “Guarda, Antonio Gurrado si soffia il naso!”. Allora capirò di essere diventato famoso e contagerò tutti più volentieri.

[Il diario parallelo di Francesco Savio si trova cliccando qui.]

martedì 4 settembre 2012

Si vede mica che siamo nella terra di Lorenzo Dellai, il principe-vescovo del centro-sinistra moderatissimo e con un trattino grande così: oltre al titolone in prima, a pagina 5 una foto sfocata di Rutelli annuncia che “La Margherita non esiste più”.

Settembre, andiamo: è tempo di tornare a recensire i giornali su Qwerty, il blog apposito nella casa virtuale di Tempi. Questa volta tocca a un numero de l'Adige di due mesi e mezzo fa, molto utile a chi non era a Trento a metà giugno.

lunedì 3 settembre 2012

Finalmente domenica!
Seconda giornata, 2 settembre 2012

La prima nuvolaglia di settembre dispone l’animo alla rilettura di romanzi solidi come Casa Howard e al riascolto di dischi crepuscolari come il White Album; è una campanella che suona la fine della ricreazione e, in virtuosa consonanza climatico-psicologica, consente di tornare a infilarsi i calzini e a rimboccarsi le maniche con pari sollievo. La prima nuvolaglia di settembre da anni crea in me un muto entusiasmo per il dovere di tornare a fare le solite cose ma cercando di farle meglio; eppure non basta a riavermi dallo sgomento di dovere, stasera, assistere impotente a un’ulteriore puntata de La Domenica Sportiva. Una settimana fa, per amore d’esperimento, avevo volutamente evitato di controllare l’andamento delle partite in fiduciosa attesa di venirne informato da Paola Ferrari o dal conduttore ombra Marco Civoli. Mai l’avessi fatto. I risultati delle partite che si erano concluse poco oltre le 22:30 sono arrivati alle 23:20, dopo cinquanta minuti di discettazioni sulle partite del giorno prima o del tardo pomeriggio (tanto valeva che si chiamasse Il Sabato Sportivo), dopo un servizio all’italiana sulla squadra del San Felice sul Panaro e dopo l’autorevole parere di Fulvio “Fuffo” Collovati. Arrivate le partite del giorno, fra una sintesi e l’altra immani fiumi di chiacchiere tanto che, tenendoci al mio stato di salute psicofisico, non ho ritenuto opportuno trattenermi oltre la mezzanotte per guardare l’Inter, che peraltro aveva vinto.

Ho cercato di recuperare nel corso della settimana mettendomi all’inseguimento delle antiche repliche che Rai Sport trasmette a casaccio. Un pomeriggio ho visto un’intera puntata de La Domenica Sportiva senza Adriano Bacconi né Gene gnocchi ma col solo Carlo Sassi seduto davanti a un monitor sul quale armeggiava un anonimo tecnico sistemato di spalle: così che sono stato più informato, e in meno tempo, su una lontana domenica del 1984 che su quella più attuale del 2012 nonostante la disparità di mezzi a disposizione. Allora ho pensato che la cronologia è una specie di forza di gravità per la quale, non importa quanto si percepisca chiaramente il punto di partenza, si finisce sempre per precipitare insensibilmente; poi, ei casi più gravi, ci si convince perfino che Paola Ferrari sia meglio di Carlo Sassi o che il cardinal Martini sia meglio di papa Pio V solo perché sono venuti dopo. Non ci si evolve ma si cade risucchiati dal vuoto del tempo che passa.

Lo stesso vale per lo spazio. Lunedì sera in un bar di Gravina ho spiegato a una compagna di classe, intimandole di non fidanzarsi mai con un meridionale, che alle scuole elementari facevano bene a sistemare la cartina geografica dell’Italia in verticale sul muro bicolore; è una parete da scalare infatti, e uno può fare innumerevoli sforzi e sacrifici per arrampicarsi fino in cima ma poi basta un attimo di distrazione – un fidanzamento appunto, o magari qualche telefonata di troppo dei genitori – che bunf!, si scivola giù senza rimedio e si fa la fine del Don Giovanni di Vitaliano brancati: il quale, di passaggio in Sicilia dopo essersi faticosamente acclimatato al nord, chiude gli occhi un minuto e dorme cinque ore. Intanto Rai Sport manda in onda Paolo Valenti che nel 1979 cerca di combattere lo spaziotempo infilando sei partite nei dieci minuti residui di un ingarbugliatissimo 90° Minuto. Mio padre lo guarda e fa: “Nel 1979 ho fatto l’ultimo viaggio con tua madre. Poi sei nato tu”.

[L'altra metà della rubrica si trova su Quasi Rete]

sabato 1 settembre 2012

Sul Foglio di oggi c'è il mio Enrico IX: un campionario dei precedenti degli eccessi dei monarchi inglesi, sparsi sull'ultimo millennio, che rendono il principe Harry un ragionevole successore.