lunedì 25 marzo 2013

Finalmente domenica!
Sosta per Brasile e Malta, 24 marzo 2013

I momenti storici hanno la caratteristica che ci si ricorda sempre dove si fosse e cosa si stesse facendo nell’istante dell’evento ma non si riesce mai a ricostruire la propria reazione immediata; è una specie, presumo, di trauma della nascita, per il quale io so per certo che sono nato a Santeramo in Colle (BA) il 9 dicembre 1980 ma non so affatto che cosa ho mai visto sbucando. Per questo ho convocato un confronto all’americana, tenutosi in campo neutro alla Sala Borsa di Bologna, fra due amici che erano diretti testimoni delle mie reazioni agli unici conclavi della mia vita. Uno ha dichiarato: “Eravamo in collegio a Modena. Non appena il cardinale protodiacono aveva detto ‘Josep’ tu non gli hai dato nemmeno il tempo di aggiungere ‘hum’ che ti sei precipitato fuori dalla nostra vista urlando ‘È Ratzinger! È Ratzinger!’ e correndo in esultanza per tutti i corridoi del collegio, grossomodo come quando Massimo Ambrosini aveva segnato all’ultimo assalto il goal contro il Psv Eindhoven che qualificava il Milan alla finale di Champions League, poi fatalmente perduta contro il Liverpool a Istanbul”. L’altro ha dichiarato: “Eravamo in collegio a Pavia. Nonostante che tu stesso avessi prodotto diffuso urbi et orbi il fondamentale kit della fumata bianca, ovvero la tabella alfabetica con tutti i nomi di battesimo dei cardinali tradotti in latino così da poter scoprire il cognome dell’eletto un attimo prima che venisse pubblicamente rivelato, quando il cardinale protodiacono ha detto ‘Georgium Marium’ tu prima hai chiesto ‘Chi cazzo è?’, poi al ‘Bergoglio’ hai commentato a mezza voce ‘Ah, l’argentino’ [ma a onor di cronaca devo riferire che secondo altre fonti pare che io abbia piuttosto detto: “Ah, il riformista”] e poi, quando è stato svelato il nome pontificio, hai scosso il capo come se avesse scelto di chiamarsi Francesco per fare un dispetto a te”.

Da queste deposizioni si desume anzitutto che io mi trovo spesso in giro per collegi e, in subordine, che il pranzo fra Papi di ieri è stato organizzato anche per fugare dubbi e reticenze di chi, come me, in una delle due occasioni aveva scosso il capo. Purtroppo viviamo in un’epoca di egocentrismo nella quale ci sentiamo in dovere di farci misura di tutte le cose e giudicare scambiando i nostri gusti per esigenze oggettive quando invece, specie in materia di fede, dobbiamo abbandonarci volenterosi alla fiducia nella storia. Il Papa doppelgänger non è nulla di inquietante nel momento in cui accettiamo che non siamo perno ma ingranaggio.

La scena di ieri mi ha ricordato l’inconsueta conferenza stampa doppia convocata nel 2010 nel giardino di Downing Street da David Cameron e Nick Clegg, rispettivamente presidente conservatore e vicepresidente liberaldemocratico di un altrettanto inconsueto governo britannico di coalizione. Cameron e Clegg erano vestiti uguale, salvo per le cravatte, e si somigliavano entrambi nel modello comune del politico giovane e smagliante. I maligni dicevano che sembrava un matrimonio gay. Qualcuno più maligno ancora aveva alzato la mano e chiesto ragione a Cameron di alcune dichiarazioni velenosissime rese contro Clegg nel corso della campagna elettorale; e Cameron aveva risposto ammettendo di avere detto ogni nefandezza ma di essere consapevole che, se si vuole pensare al bene comune, è necessario scendere a compromessi “eating a bit of humble pie”, ossia masticando qualche boccone umile. Se accettano di farlo in Inghilterra, tanto più dovremmo riuscirci noi che siamo naturalmente portati al doppio, quando non alla doppiezza. L’ovazione tributata post mortem allo stesso Pietro Mennea che in vita era stato reiteratamente sbeffeggiato e isolato per via delle idee balzane non allineate al comune sentire del nostro sport strapaesano dimostra inoppugnabilmente che i Mennea erano due. Esistono altresì due Berlusconi, il fautore del governissimo e l’agitatore di popolo che vuole trascinare i comunisti alle urne; anzi ne esistono quattro perché ci sono anche il caimano ineleggibile e l’interlocutore da cui non si può prescindere per fare le riforme. Pochi mesi dopo la liberazione Giovannino Guareschi pubblicò su Candido una vignetta in cui, librandocisi in mongolfiera, si vedeva chiaramente che nel Mar Mediterraneo le Italie erano due: ciò spiegava l’apparente mistero dei quaranta milioni di fascisti e dei quaranta milioni di antifascisti.

Due Papi, dunque, per noi non sono niente di traumatico. Così, mentre pondero sull’evenienza di promuovere mia madre a mamma emerita e prendermene una più giovane e vicina ai bisogni della gente, lei stessa mi fa notare che nessuno dei logorroici vaticanisti a sproposito ha tenuto presente che ciò che dicono e scrivono è direttamente fruibile da Ratzinger, e che questi sperticati elogi (sovente aprioristici) nei confronti del nuovo che avanza potrebbero ferirlo, suonando come altrettanti sospiri di sollievo per essersi disfatti di un Papa che non sapeva bene come si baciassero i bambini. La solitudine di Ratzinger a Castel Gandolfo è stata alleviata dalla visita di Papa Francesco, e sarò ingenuo ma credo che soprattutto a questo fossero volti il pranzo e la preghiera di ieri, più che al passaggio segreto di buste esplosive. Mentre osanniamo le novità, indubbiamente benvenute in Vaticano, ricordiamoci che a Castello c’è quest’uomo di ottantasei anni che un po’ passeggia col bastone e il piumino trapuntato, un po’ suona il pianoforte, un po’ accarezza i gatti, un po’ legge e scrive; e che sempre si ricorda delle parole dal Vangelo di Giovanni che nel 2005 vennero pronunziate alla sua Messa di incoronazione. Dice Gesù risorto a Pietro: “Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”. Otto anni dopo Ratzinger sa che anche per lui che è stato Papa, quando il passo gli si farà incerto e la vista verrà meno, ci sarà sempre un Papa che lo prenderà per mano.

[L'altra metà della rubrica, in cui Francesco Savio svela la tecnica del pigiamarama, si trova come ogni lunedì su Quasi Rete, il blog letterario della Gazzetta dello Sport.]

domenica 24 marzo 2013

Con l'elezione dei presidenti delle due Camere è stata finalmente inaugurata la campagna elettorale.

Il discorso di Laura Boldrini a Montecitorio saluta con commozione la fine della XVII legislatura.

Il discorso di Laura Boldrini è stato interrotto ventidue volte dagli applausi. Purtroppo non è stato sufficiente a farla smettere.

Senato, Grasso nuovo presidente: "Ora subito una commissione d'inchiesta sulla compravendita di grillini".

Il 21 marzo era la giornata internazionale della poesia, la giornata in memoria delle vittime delle mafie, la giornata europea della musica antica e la giornata mondiale delle foreste. E io che credevo che fosse giovedì.

Papa Francesco: intensificare il dialogo con eretici e infedeli.

Bruno Vespa: "In attesa delle decisioni del Presidente della Repubblica, questa sera c'interroghiamo sul tema: un po' di digiuno allunga la vita?". (A differenza della precedente, questa è una citazione testuale).

Napolitano convoca Bersani al Quirinale e, sorprendentemente, si fa trovare.

Abbiamo passato l'altra settimana a guardare un comignolo e questa a guardare due corazzieri.

Presentandosi dopo l'investitura al Quirinale, Bersani ha chiesto ai giornalisti di pregare per lui.

Spiace dirlo per Bersani, ma la notizia della settimana è che il Papa ha pranzato col Papa.

Pierluigi Bersani, premier incaricato, ha immediatamente ottenuto un incontro con Roberto Saviano, boss della legalità.

Roberto Saviano non sa, ma ha le prove.

Incontro a Castel Gandolfo fra Bergoglio e Ratzinger. Mancava solo Tom Wolfe.

Pierluigi Bersani ottiene un mandato esplorativo. "Mr Berlusconi, I suppose?"

E comunque, Conclave batte Consultazioni 4-0.

mercoledì 20 marzo 2013

Dopo il Conclave del 2005 la folla di piazza San Pietro era esplosa sentendo dire "Ratzinger"; quest'anno è esplosa al nome "Franciscum". Il Santo di Assisi è parso garanzia di grandi cambiamenti e ha subito ammantato della sua aura papa Bergoglio: la televisione si è soffermata sul suo silenzio orante, i giornali ne hanno sottolineato i gesti semplici, le foto hanno evidenziato la croce di ferro al collo. È l'ora delle nuove nozze della Chiesa con madonna Povertà?

Attenzione però, San Francesco non è esattamente come ve lo immaginate. Sul Foglio di oggi intervisto lo storico del Cristianesimo Giovanni Filoramo sull'identità storica del poverello di Assisi. Il testo integrale su IlFoglio.it.

lunedì 18 marzo 2013


Finalmente domenica!
Ventinovesima giornata, 17 marzo 2013


Salvate il Papa da Roberto Saviano, che su twitter gli detta l’agenda indicandogli chi deve incontrare, quando dove e perché. Salvate il Papa da Flavia Vento, che su twitter vede negli occhi buoni di Papa Francesco la promessa dell’avvento di un nuovo messia. Salvate il Papa dalla gioia espressa su twitter da Matteo Renzi, Nicola Savino, DJ Francesco, Beppe Severgnini, Guido Meda e Barack Obama. Già che stiamo salvate direttamente il Papa da twitter, trasformate l’account @pontifex in un account evangelico da cui vengano inviati esclusivamente versetti già scritti da Matteo, Marco, Luca e Giovanni: “Sono venuto a portare la spada e non la pace”, “Costringili ad entrare” e così via. Salvate il Papa dalle congratulazioni pelose degli uomini politici. Salvate il Papa dai discorsi di Laura Boldrini. Salvate il Papa da chi vuole blandirne l’animo con quattro complimenti. Salvate il Papa dalla libera Chiesa in libero Stato. Salvate il Papa da chi lo chiama Francesco I ignorando temerariamente che per essercene un primo dev’essercene anche un altro. Salvate il Papa da chi sostiene che gli è stato sufficiente affacciarsi dalla loggia delle benedizioni per conquistare il cuore dei fedeli. Salvate il Papa dai profeti a posteriori che dopo l’elezione dicono che loro, loro l’avevano previsto. Salvate il Papa dai vaticanisti, che sanno meglio di lui come qualmente è stato eletto, con quanti voti, di chi, con che grafia e in che ordine di spoglio. Salvate il Papa dai giornalisti che vedono in lui uno stravagante vegliardo che va in pullmino, paga l’albergo e inciampa. Salvate il Papa da quelli che citano sempre la stessa intervista con l’aria di chi lo conosce da anni nelle più intime pieghe. Salvate il Papa dagli apocalittici, che vedono in lui il Papa nero perché è gesuita, che vedono in lui il Papa che i cardinali sono andati a prendere “alla fine del mondo”, che vedono in lui Pietro Secondo perché si è piazzato allo scorso conclave e ora è l’altro pontefice in circolazione mentre Ratzinger sta a Castel Gandolfo. Salvate il Papa dai complottisti i quali sanno per certo che Ratzinger ha abdicato per i dossier segreti, per i pugnali volanti, per le polpette avvelenate e per i maggiordomi indiscreti. Salvate il Papa da chi non ha l’umiltà di ammettere: “Ratzinger si è dimesso perché io sono diventato un cattolico tiepido, perché quando non ho tempo per andare a Messa volentieri la lascio indietro, perché faccio la comunione senza essermi confessato, perché mi assolvo dai miei peccati, perché credo che Dio sia uguale in tutte le religioni, perché quando prego ripeto parole senza pensarci, perché per fare bella figura in società annuisco docilmente quando dovrei scandalizzarmi e rovesciare i tavoli”. Salvate il Papa dai Gianluigi Nuzzi di ogni ordine e grado. Salvate il Papa da Massimo Gramellini che lo chiama Francesco perché già sono in confidenza. Salvate il Papa da chi un po’ lo compatisce perché il diavolo non esiste davvero, è solo una metafora. Salvate il Papa dai cattolici adulti che quando sentono dire che è stato scelto dallo Spirito Santo arricciano il labbro in una risatina. Salvate il Papa da chi tutt’a un tratto si ritrova spiazzato dalle sue posizioni tradizionaliste sull’aborto o sul matrimonio per omosessuali. Salvate il Papa da chi lo ritiene troppo peronista. Salvate il Papa da chi lo ritiene troppo socialista. Salvate il Papa da parenti e amici, dalle fidanzatine lontane, da Maradona e Messi, soprattutto da Cristina Kirchner. Salvate il Papa dai ribellisti che vogliono il sovvertimento delle gerarchie e il rovesciamento della curia romana per sistemarci dei nuovi preti a cinque stelle. Salvate il Papa da chi crede che San Francesco suonasse la chitarra. Salvate il Papa da chi vuole che parli agli uccellini ma non converta i musulmani. Salvate il Papa da chi vuol fargli convocare il Concilio Vaticano III. Salvate il Papa da chi si aspetta finalmente il sacerdozio femminile. Salvate il Papa dai francescani. Salvate il Papa dai neopagani che vedono nella sua elezione il primo miracolo del cardinal Martini. Salvate il Papa dal cardinal Martini che dialogando con Ignazio Marino disse “Personalmente ritengo” anziché “Credo”. Salvate il Papa da chi vuole una Chiesa dei poveri, dimenticandosi che la Chiesa non è a numero chiuso e che per il Cattolicesimo nulla, nemmeno la ricchezza, è una colpa in sé ma solo per l’uso che se ne fa. Salvate il Papa da chi pensa che sia tutto ferro ciò che non luccica. Salvate il Papa dal cardinal Bergoglio, che mercoledì prima gli ha fatto inavvertitamente chiamare “vescovo” il Papa emerito e “popolo” l’assemblea, e poi l’ha fatto ingarbugliare con le parole dell’Ave Maria. Salvate il Papa da chi l’ha sentito soltanto dire “Buonasera”. Salvate il Papa da chi vuole fargli un favore. Salvate il Papa dalle benedizioni reciproche. Salvate il Papa da me, che alla fumata mi sono commosso ma dall’annunzio in poi sono rimasto scettico e freddo, e sono costretto a ripetermi razionalmente che se davvero sono cattolico allora il mio Papa è quello e gli devo obbedienza e amore anche se non sempre capisco, anzi soprattutto quando non capisco. Salvate il Papa da chi crede che essere Francesco sia meglio che essere Pio, e non sa che tutti i papi sono Pietro. Salvate il Papa da chi lo vuole falco e da chi lo vuole colomba. Lasciate che sia liberamente gabbiano.

[L'altra metà della rubrica, sorprendentemente dedicata a Papa Francesco, si trova su Quasi Rete e l'ha scritta Francesco Savio.]

sabato 16 marzo 2013

Mercoledì sera un’ampia maggioranza di italiani avrà guardato lo svelamento dell’identità del nuovo Papa fermandosi all’attimo e all’individuo, alla polemichetta sul Papa progressista o peronista, alla superficie della croce in ferro o del vescovo venuto dalla fine del mondo che saluta timidamente e chiede un favore prima di salire sul pullmino. Ci saremo divisi in favorevoli e contrari, tutti vaticanisti per un giorno o una settimana tutt’al più, prima di tornare alle faccende consuete e a dimenticarci di accendere il televisore al mezzogiorno della domenica per sentire cos’altro ha da dirci questo Papa Francesco. Siamo fatti così e temo che non ci sia verso di migliorarci.

Su Qwerty, il blog di Tempi.it che recensisce i giornali, arriva inevitabilmente il turno dell'edizione straordinaria dell'Osservatore Romano per Papa Francesco.

giovedì 14 marzo 2013

Buonasera.

L'elezione di Jorge Mario Bergoglio a Papa Francesco raccontata sul Foglio tramite tre coincidenze marginali ma significative: da Innocenzo III a Giuseppe Gioachino Belli passando per il Paraguay.

mercoledì 13 marzo 2013

Per seguire adeguatamente la fumata bianca (oggi o domani che sia) e sapere chi è diventato Papa appena prima che lo sappiano tutti gli altri ho approntato questa tabella che riporta i cardinali in ordine alfabetico di nome di battesimo in latino che vi consentirà di rivelare l'identità del nuovo Pontefice un attimo prima che lo faccia il cardinale protodiacono.

Funziona così: vedrete aprirsi la loggia delle benedizioni; allora preparate questa pagina sull'elenco alfabetico dei nomi; sentirete dire "Annuntio vobis gaudium magnum: habemus Papam! Eminentissimum ac reverendissimum dominum"; in quel momento verrà pronunziato un nome fra quelli qui sotto; voi fate scorrere l'elenco fino a nome in questione e associate il cognome mentre in piazza San Pietro ci saranno urla o applausi e il cardinale protodiacono starà dicendo "Sanctae Romanae Ecclesiae cardinalem" prima del cognome stesso.

Se dovesse essere pronunziato un nome comune a più cardinali, scegliete pure a caso o secondo l'istinto: un momento dopo tutti si saranno dimenticati ciò che avrete detto. Per aiutarvi nella scelta ho comunque evidenziato in grassetto i nomi dei favoriti avanzati dalla stampa. Visti i tempi, quelli che si chiamano Pietro sono in grassetto di default.



AlbertusRanjith Patabendinge DonSri Lanka
AloysiusMartinez SistachSpagna
Aloysius AntoniusTagleFilippine
AndreasVingt-TroisFrancia
AngelusScolaItalia
AngelusAmatoItalia
AngelusBagnascoItalia
AngelusComastriItalia
Ansgarius AndreasRodriguez MaradiagaHonduras
AntoniusRouco VarelaSpagna
AntoniusCanizares LoveraSpagna
AntoniusOkogieNigeria
AntoniusNaguibEgitto
Antonius MariaVegliòItalia
AttiliusNicoraItalia
AugustinusValliniItalia
BasiliusCleemis ThottunkalSiria
Bechara Boutrus [?]RaiLibano
CarolusAmigo VallejoSpagna
CarolusLehmannGermania
CarolusCaffarraItalia
CasimirusNyczPolonia
ChristophorusSchoenbornAustria
ClaudiusHummesBrasile
CrescentiusSepeItalia
CurtiusKochSvizzera
Daniel NicolasDiNardoUsa
DominicusCalcagnoItalia
DominicusDukaRepubblica Ceca
Donaldus GuglielmusWuerlUsa
DionysiusTettamanziItalia
Emmanuel Monteiro de CastroPortogallo
EnniusAntonelliItalia
FerdinandusFiloniItalia
FranciscusCoccopalmerioItalia
FranciscusMonterisiItalia
FranciscusRodéSlovenia
FranciscusRobles OrtegaMessico
Franciscus EugeniusGeorgeUsa
Franciscus XaveriusErrazuriz OssaCile
Fredericus Eduinus [?]O' BrienUsa
GabrielZubier WakoSudan
GeorgiusAlencherryIndia
GeorgiusPellAustralia
Georgius LiberatusUrosa SavinoVenezuela
Georgius MariusBergoglioArgentina
GeraldusMajella AgneloBrasile
GodfredusDanneelsBelgio
GualteriusKasperGermania
Guglielmus IacobusEijkOlanda
Guglielmus IosephusLevadaUsa
Iacobus LucasOrtega y AlaminoCuba
Iacobus MichaelHarveyUsa
IoachimMeisnerGermania
IoannesLaioloItalia
IoannesSandoval IniguezMessico
IoannesBraz de AvisBrasile
IoannesNjueKenya
IoannesOlorunfemi OnaiyekanNigeria
IoannesDiasIndia
IoannesHon TongCina
Ioannes AloysiusTauranFrancia
Ioannes AloysiusCipriani ThornePerù
Ioannes BaptistaReItalia
Ioannes BaptistaBradyEire
Ioannes BaptistaPhan Minh ManVietnam
Ioannes ClaudiusTurcotteCanada
Ioannes FranciscusRavasiItalia
Ioannes PatritiusO' MalleyUsa
Ioannes PetrusRicardFrancia
IosephusBertelloItalia
IosephusBetoriItalia
IosephusVersaldiItalia
IosephusBozanicCroazia
Iosephusda Cruz PolicarpoPortogallo
Iosephus Audrysius [?]BackisLituania
IuliusTerrazas SandovalBolivia
IuliusRiyadi DarmaatmadjaIndonesia
Iustinus FranciscusRigaliUsa
LaurentiusMonsengwo PasinyaCongo
LeonardusSandriArgentina
MarcusOuelletCanada
MaurusPiacenzaItalia
NicolausLopez RodriguezSanto Domingo
NorbertusRivera CarreraMessico
OsvaldusGraciasIndia
PaulusRomeoItalia
Paulus  SardiItalia
Paulus IosephusCordesGermania
PetrusErdoUngheria
PetrusTurksonGhana
Petrus OdiliusSchererBrasile
PhilippusBarbarinFrancia
PolycarpiusPengoTanzania
Raimondus Leo BurkeUsa
Raimundus DamascenusAssisBrasile
Rainerius MariaWoelkiGermania
RaphaelFarinaItalia
Reinardus [?]MarxGermania
RobertusSarahGuinea
Rodolphus EduardusVela ChiribogaEcuador
Rogerius MichaelMahonyUsa
RubenSalazar GomezColombia
SanctusAbril y CastelloSpagna
SeverinusPolettoItalia
StanislausRylkoPolonia
StanislausDziwiszPolonia
Telesphorus PlacidusToppoIndia
TharcisiusBertoneItalia
Theodorus AdrianusSarrSenegal
Thomas ChristophorusCollinsUsa
Timoteus MichaelDolanUsa
Velasius [?]De PaolisItalia
Vilfridus [?]Fox NapierSud Africa
Vinkus [?]PuljicBosnia
ZenoGrocholewskiPolonia
[Disponibile anche sul Foglio e su Tempi.]
Ieri sera un giornalista Mediaset preconizzava la sorpresa perché il comignolo tardava: se ci stanno mettendo così tanto, ragionava, allora potrebbero averlo già scelto e stanno aspettando che sia pronto. Caterva di inganni: in quanto la fumata viene emessa immediatamente dopo l'accettazione e il nuovo eletto si prepara nella quarantina di minuti che trascorre prima dell'Habemus Papam; e in quanto, soprattutto, la prima fumata è tradizionalmente ritardata dalle operazioni preliminari. Se si opera un paragone con l'ultimo conclave, si nota che la prima fumata (nera) del 2005 era arrivata poco dopo le otto di sera; quella di ieri alle otto meno venti, quindi se vogliamo in leggero anticipo sui tempi

Anticipo anche stamane, più netto però. Anche nel 2005 se non sbaglio era stata data in anticipo sui tempi previsti e ciò significa - poco ma sicuro - che i due scrutinii mattutini si sono tenuti in fretta. Diamoci allora alle illazioni. Quest'accelerazione potrebbe significare che si è ridotta la rosa dei candidati, rendendo più sciolte le procedure di scrutinio; che si va dunque verso un ballottaggio de facto, e che i signori cardinali potrebbero farci una sorpresa già oggi pomeriggio (quarto scrutinio) o forse stasera (quinto), tanto per servire i disfattisti della realpolitik come me che avevano preventivato nove scrutinii, uno in più di quanti furono necessari per eleggere Wojtyla, con relativo Habemus Papam domani verso le diciannove.

La fumata di stamattina è importante anche per una questione pratica. Vedendo ieri sera levarsi una nuvola nerissima dovuta all'utilizzo di fumogeni per rendere più netta la tinta, e sapendo che essendo isolati nella Sistina i signori cardinali devono maneggiare detti fumogeni per conto proprio, alcuni avevano sospettato che ieri sera fossero tutti rimasti affumicati, cardinali e affreschi michelangioleschi. La fumata di stamattina è un segnale di fumo per assicurarci che sono ancora lì.

Di là da simili boutade, la cosa più intelligente sul conclave l'ha detta Piero Vietti del Foglio: tutti a dire che la Chiesa Cattolica ha perso ogni autorità sul mondo contemporaneo e poi tutti a guardare per ore un comignolo in mondovisione.

martedì 12 marzo 2013

Finalmente domenica!
Ventottesima giornata, 10 marzo 2013

Mentre avantieri diventava ieri, una donna tentava di affermare i propri pari diritti turandomi il naso per soffocarmi: un sogno molto adatto alla notte dell’8 marzo, ma io stavo soffocando davvero, dormendo e sognando con la faccia premuta contro il cuscino. Sentendomi mancare il respiro mi sono svegliato di colpo. Non è la prima volta che mi accade e so che per uscire dall’apnea devo mantenere la calma, sollevarmi a sedere sullo schienale del letto, cercare l’aria con la bocca aperta, magari andare a fare pipì così camminando la respirazione torna pian pianino normale. Bere, per quanto istintivo, è sconsigliabile: si finisce per autoinfliggersi il waterboarding occludendo l’unica via respiratoria che stia funzionando al momento e i risultati pratici sono disdicevoli. Una volta terminate tutte queste operazioni, quando sono riuscito a rilassare i polmoni convincendoli che la donna che voleva soffocarmi era solo un brutto sogno (ma le femministe no) si erano fatte le sei e rotte quindi, lungi dal sapermi riaddormentare, non mi restava che prendere Il Pescara di Zeman di Oscar Buonamano e sfogliarlo per decidere cosa dire di preciso visto che dodici ore dopo avevo in programma di presentarlo.

“Sono venuto a seppellire Zeman, non a lodarlo” mi è parso un attacco più che conveniente. A sua insaputa Buonamano ha scritto un libro postumo, che è nato con intento celebrativo ma che arriva a Pavia quando il Pescara sta per essere retrocesso di nuovo e Zeman, il conte di Montecristo che doveva raddrizzare la Roma, ne è stato cacciato con ignominia per non avere saputo – fra le altre cose – distinguere un portiere da Mauro Goicoechea. Forse l’ha confuso col Goycochea pararigori dell’Argentina a Italia ’90, chissà. A inizio stagione il Pescara di Zeman già non c’era più; ora non resta molto del Pescara, ultimo in classifica al terzo cambio d’allenatore, e non c’è più nemmeno Zeman. Credo, anzi ci conto sapendo che non è una persona stupida, che Zeman smetta di allenare a livello professionistico e non ripeta l’errore che lo ha portato di fallimento in fallimento nei vent’anni successivi ai fasti foggiani, e che non voglia sottoporci ad altri vent’anni di piagnistei dopo i fasti abruzzesi.

C’è chi sostiene che la carriera di Zeman sia stata rovinata da Moggi il quale avrebbe fatto lobbying impedendogli di allenare grandi squadre. Se è per questo ho anche sentito molti scrittori dilettanti lamentarsi del complotto ordito da tutte le grandi case editrici per impedire loro di diventare famosi. L’Almanacco Panini, che contiene numeri e non illazioni, riporta una sconfitta ogni quattro partite nelle due stagioni di Zeman alla Lazio, più un esonero nella stagione successiva, e una sconfitta ogni quattro partite nelle due stagioni alla Roma (prima ondata). Dopo di che inizia il calvario: 10 partite al Fenerbahce, 6 al Napoli, un esonero alla Salernitana, 25 sconfitte su 45 partite all’Avellino, 14 su 38 al Lecce in serie A, 7 su 11 al Brescia, 10 su 18 al Lecce in serie B. Esonero dopo tre partite alla Stella Rossa di Belgrado nel 2009. Se ne deduce che Moggi è una Spectre che anche dopo essere stata smascherata estende le sue mortali spire anche su Serbia e Turchia, oltre che sulle Puglie. Si dice anche che alla Roma (seconda ondata) i senatori del gruppo gli giocassero contro, che la società lo esponesse al fuoco di fila dei giornalisti per sconfessarlo; io non lo so e non ho le prove. So invece che prima dell’esonero aveva perso 9 partite su 23, e che perfino il Pescara dei record nella scorsa stagione era riuscito nell’impresa di arrivare primo perdendo una partita su quattro, il che denota due dati di fatto: il livello delle concorrenti era discutibile; se tifate per una squadra allenata da Zeman, dovete rassegnarvi che nella migliore delle ipotesi piangerete una domenica al mese, e dovete tenere pronta un’abbondante scorta di Stock 84 per consolarvi.

Io temo che Zeman sia vittima di un complotto ordito ai propri danni da sé stesso. I numeri dimostrano che è come Rosencrantz e Guildenstern: un calice grande un tanto che quindi non riesce a contenere più di tanto (“They are little cups that can hold so much and no more”, scrisse Oscar Wilde dei due amici di Amleto). Tutte le volte che tenta di salire sopra una determinata linea, Zeman va in apnea come me quando schiaccio la faccia sul cuscino e sogno agitatrici dell’utero. È un allenatore di categoria, che ha vinto un campionato di serie C e due di serie B. Come tutti, non vincerà mai lo scudetto se non allenerà una delle tradizionali grandi squadre che lo vincono a priori; ma resta il mistero di cos’avrebbe combinato se fosse stato scritturato da Moratti. Qualche domenica fa, mentre i nerazzurri soccombevano 4-1 a Firenze, un americano maligno ha commentato su un social network che l’Inter dovrebbe ingaggiare Zeman, così almeno avrebbe una scusa. Resta il fatto che Zeman non è mai nemmeno riuscito a garantire una continuità di rendimento che portasse le proprie squadre oltre le ragionevoli aspettative in patria, come fecero Mondonico spingendo il Torino in finale di Coppa Uefa e Bagnoli andando a vincere col Genoa sul campo del Liverpool, nello stesso anno in cui la serie A scopriva il Foggia del boemo ma con molta meno pubblicità. Resta la contraddizione che lo stesso Zeman, quello che lamentava il degrado di un calcio incapace di essere propositivo e imporre la vittoria tramite la superiorità del gioco, abbia poi trascorso buona parte della scorsa stagione a lamentarsi delle sviste arbitrali in partite che il Pescara ha peso di due o tre goal. Resta il dilemma del perché, scoprendo a quindici anni di distanza che la serie A è rimasta marcia e fasulla come l’aveva lasciata con un certo sdegno nel 1999, Zeman non si sia dimesso dalla Roma ma abbia aspettato che la società lo esonerasse; spero di poter escludere che l’abbia fatto per continuare a venire pagato senza lavorare.

Non è un grande allenatore su scala assoluta ma è uno dei migliori scopritori e motivatori di giovani talenti. Non è poco, basta sapersene accontentare. Se Zeman aprisse una scuola calcio, l’ipotetico mio figlio ce lo manderei subito (sarebbe un modo di impedirgli di laurearsi) a patto però che non lo schieri in difesa: la vita è già abbastanza corta e triste di suo per trovarsi anche di fronte a una falange di attaccanti avversari scalmanati dal fuorigioco alto.

[L'altra metà della rubrica, in cui vengono svelati i contatti di Mario Monti col mondo del calcio, è a cura di Francesco Savio e si trova come ogni lunedì su Quasi Rete, il blog letterario della Gazzetta dello Sport.]

domenica 10 marzo 2013

Bersani apre a Grillo. Grillo lo apre a Bersani.

Piove anche senza governo.

In questo momento su facebook mi è arrivata una pubblicità che recita: "Scopri cosa fa Lucio Dalla". E io che credevo di saperlo.

Intanto prosegue la trattativa Stato-Grillo.

Bersani vuole il mandato e mandato sarà. Anzi, sarà mandato.

"Chavez è stato avvelenato dagli USA come Arafat". Bersani invece ha fatto tutto da solo.

Dopo trentatré anni ritrovato in Afghanistan un soldato dell'URSS: "Mai con Berlusconi!".

Bertinotti: "Con Chavez perdiamo un amico". Vi resta comunque un giaguaro.

Unipol: "Abbiamo una condanna!".

Comunque dei giudici che condannano Berlusconi per la diffusione di intercettazioni sono proprio dei buoi che dicono cornuto a un ciuccio.

Ravasi, Bergoglio, Scherer... I nomi non contano, ma speriamo che il prossimo Papa sia cattolico.

lunedì 4 marzo 2013


Idea per un romanzo, di quelli fantastorici che erano in voga nelle edicole delle stazioni negli anni Settanta. Nel mezzo della crisi economica più grave del secolo, subito dopo un’imprevista pioggia di scaglie di meteoriti incandescenti, in un’Italia immaginaria ma con ogni evidenza riconoscibile sotto il velo distopico, si tengono elezioni politiche che vengono vinte da un comico televisivo. Triste perché non fa più ridere da vent’anni, questi gestisce un partito/setta i cui affiliati, reclutati su internet, gli cedono i propri futuri guadagni perché credono che presto scoppierà la terza guerra mondiale, sanguinosa ma necessaria a istituire un nuovo ordine terrestre a partire dal 14 agosto 2054, non un giorno di più non un giorno di meno. Il presidente del consiglio uscente, un emissario germanico, resta in carica a oltranza cercando di evitare la deriva populista e sperando che nel corso dei mesi uno dei due partiti tradizionali riesca a trovare una soluzione per superare l’impasse istituzionale senza però svendersi alle istanze del partito rivale; ma gli è consentito soltanto il disbrigo degli affari correnti, condannando la nazione all’immobilismo politico ed economico mentre il presidente della repubblica è entrato nel semestre bianco che gli impedisce di sciogliere le camere e indire nuove elezioni sperando di essere più fortunato. È la situazione ideale per un colpo di mano da parte delle forze dell’ordine, leste a infilarsi in un vuoto di potere, ma il capo della polizia viene misteriosamente ricoverato per un’emorragia cerebrale. Nel frattempo, sul cupolone di San Pietro i fedeli vedono salire in volo un elicottero bianco con la scritta “Repubblica Italiana” che si porta via il Papa e…

No, scusate, è troppo inverosimile. Cose del genere possono solo accadere, non venire immaginate; ed è beffarda quest’impossibilità paradossale se si pensa alla gran fame che il pubblico (e quindi gli editori) ha di libri che siano al contempo romanzi e storie vere. Ci stavo pensando poco fa, consigliando a un’amica di rifarsi una vita, editorialmente parlando. Ha una storia (autobiografica, vera) forte e scioccante abbastanza da poter essere letta con interesse da un pubblico lobotomizzato? Bene, non accetti di confinarla nel suo librino uscito per un editore carbonaro che verrà letto da pochi altri oltre me, e non si periti di raccontarla con tutte le cautele della verità, ammettendo che fino a un certo punto ricordava i dettagli ma tutto no, oppure che ha cambiato il nome a questo o a quello per non far fare brutta figura, oppure che ha remore a descrivere entomologicamente cos’è accaduto, cos’ha visto, cos’ha provato. Tutto ciò è inutile e dannoso per la sua storia. È invece necessario che la renda vera e inventata al contempo: deve riscriverla da cima a fondo sopperendo ai vuoti di memoria con la fantasia, riempiendo tutti i buchi con ciò che il pubblico (e quindi gli editori) si aspetta di trovarci, un po’ come i giornalisti che raccontano tutto dell’ennesima mattana di Cassano in allenamento senza per questo esserne stati testimoni. Sappiamo tutti com’è un allenamento, sappiamo tutti com’è Cassano, possiamo dedurre il resto da soli e per credere alla verità della nostra immaginazione ci è sufficiente trovarne conferma sulla carta stampata.

Scrivi, dico allora a questa mia amica, ma ti impedisco di iscriverti a un corso di scrittura. Piuttosto noleggia un negro che scriva al posto tuo, che raccolga il magma orale o scritto della tua ricostruzione e la incaselli in una struttura preconcetta che risulti potabile al pubblico (e quindi agli editori): ti costerebbe meno soldi e fatica. Fermo restando che sarò favorevole ai corsi di scrittura solo quando mi dimostreranno che non dico Manzoni e Proust ma almeno Bianciardi e Moravia ne hanno seguito uno, ammetto che questi corsi partono da un presupposto tuttavia giusto: ossia che l’editoria italiana s’è appiattita su un modello di narrativa abbastanza prevedibile e codificabile espresso in Italiano neostandard (quello delle fiction Rai, per capirci), sul quale si innestano variazioni a più livelli che incontrano i gusti delle varie sfaccettature preesistenti di pubblico. L’obiettivo non è sorprenderli ma confermarli nelle loro aspettative, e più che insegnarti a scrivere ti insegnano a capire che esagono ti compete nell’infinito alveare. Un giro in libreria, per chi sa leggere la disposizione dei libri sugli scaffali, basta a notare che sempre meno conta l’autore e sempre più il sottogenere nel quale l’autore viene incluso. Il massimo successo viene raggiunto da un autore quando il proprio nome diventa un sottogenere a sé stante: Saviano, ad esempio, o Sveva Casati Modignani, o Valerio Massimo Manfredi, o il filone mai troppo esplorato dei libri di Totti da Tutte le barzellette su Totti (raccolte da me) del 2003 a E mo’ te spiego Roma del 2012.

Ieri pomeriggio stavo leggendo I fatti di Philip Roth, un’autobiografia risalente agli anni ’80 in cui l’autore si sforza di diventare personaggio e poi conclude con una lettera in cui il suo immaginario alter ego Nathan Zuckerman gli dice che è fiacco e fa cilecca, che è meglio se si limita a fare l’autore perché risulta imbolsito quando prova a sceverare i fatti dall’immaginazione e dalla conseguente libertà di dire quello che gli pare su ciò che è realmente accaduto, fingendo che non sia mai accaduto se non nella finzione. Non dico che la mia amica deve diventare Philip Roth ma deve prendere in considerazione la fortuna che le è capitata: la sua storia personale, che è anche la trama del romanzo che ha in canna, è forte e inconsueta a sufficienza da garantirle di risultare un autore/personaggio, di quelli che associ immediatamente a un’identità precisa come se fossero creature immaginarie e invece sono lì che scrivono davvero (è il caso di Melissa P., o di Nicolai Lilin, o di una qualsiasi star televisiva che abbia imparato a battere a macchina). Essendo inverosimile, la sua storia ha tutti i crismi per essere accettata come romanzo vero e questo le consentirà, quando sarà una scrittrice famosa, di scrivere tutte le autobiografie che vuole rimpinzandole di eventi immaginari. Infatti I fatti ce lo siamo comprati tutti pur sapendo che sarebbe stata un’autobiografia piena di reticenze o invenzioni che non sarebbe valsa la metà di un romanzo vero di Philip Roth. Quindi, tanto vale che ci provi anch’io: nel mezzo della crisi economica più grave del secolo, subito dopo un’imprevista pioggia di scaglie di meteoriti incandescenti…


[L'altra metà della rubrica, in cui Francesco Savio parla de I Fatti di Philip Roth, si trova come sempre su Quasi Rete.]

domenica 3 marzo 2013

Ricapitolando fior da fiore: vaffanculo, democrazia diretta, abbasso i partiti, facciammo i referendum online, le primarie del Pd sono una buffonata, primarie online per il Movimento a cinque stelle, ci presentiamo alle elezioni politiche, non mi candido perché sono un semplice portavoce, chi non è d'accordo con me può andarsene, le donne hanno il punto G, io sono il leader della coalizione, io non sono il candidato premier, le consultazioni le faccio io, vaffanculo, chiudete gli ombrelli, Napolitano non rispetta la costituzione, Di Pietro al Quirinale, Bersani è uno stalker, Veltroni è Walterloo, votare Berlusconi è un crimine contro la galassia, Napolitano è il mio presidente, Dario Fo al Quirinale, Bersani è un morto che parla, vaffanculo vaffanculo, niente fiducia a nessun governo, appoggio esterno alle singole leggi ma nessun voto di fiducia, il modello Sicilia è bellissimo, monocolore a cinque stelle con appoggio esterno di Pd e Pdl, governissimo Pd-Pdl con appoggio esterno a cinque stelle, sono stato frainteso, referendum, vaffanculo. Ammettiamolo. Vent'anni fa nessuno avrebbe pensato di dover dire un giorno che Beppe Grillo è l'erede naturale di Cossiga.