lunedì 25 marzo 2013

Finalmente domenica!
Sosta per Brasile e Malta, 24 marzo 2013

I momenti storici hanno la caratteristica che ci si ricorda sempre dove si fosse e cosa si stesse facendo nell’istante dell’evento ma non si riesce mai a ricostruire la propria reazione immediata; è una specie, presumo, di trauma della nascita, per il quale io so per certo che sono nato a Santeramo in Colle (BA) il 9 dicembre 1980 ma non so affatto che cosa ho mai visto sbucando. Per questo ho convocato un confronto all’americana, tenutosi in campo neutro alla Sala Borsa di Bologna, fra due amici che erano diretti testimoni delle mie reazioni agli unici conclavi della mia vita. Uno ha dichiarato: “Eravamo in collegio a Modena. Non appena il cardinale protodiacono aveva detto ‘Josep’ tu non gli hai dato nemmeno il tempo di aggiungere ‘hum’ che ti sei precipitato fuori dalla nostra vista urlando ‘È Ratzinger! È Ratzinger!’ e correndo in esultanza per tutti i corridoi del collegio, grossomodo come quando Massimo Ambrosini aveva segnato all’ultimo assalto il goal contro il Psv Eindhoven che qualificava il Milan alla finale di Champions League, poi fatalmente perduta contro il Liverpool a Istanbul”. L’altro ha dichiarato: “Eravamo in collegio a Pavia. Nonostante che tu stesso avessi prodotto diffuso urbi et orbi il fondamentale kit della fumata bianca, ovvero la tabella alfabetica con tutti i nomi di battesimo dei cardinali tradotti in latino così da poter scoprire il cognome dell’eletto un attimo prima che venisse pubblicamente rivelato, quando il cardinale protodiacono ha detto ‘Georgium Marium’ tu prima hai chiesto ‘Chi cazzo è?’, poi al ‘Bergoglio’ hai commentato a mezza voce ‘Ah, l’argentino’ [ma a onor di cronaca devo riferire che secondo altre fonti pare che io abbia piuttosto detto: “Ah, il riformista”] e poi, quando è stato svelato il nome pontificio, hai scosso il capo come se avesse scelto di chiamarsi Francesco per fare un dispetto a te”.

Da queste deposizioni si desume anzitutto che io mi trovo spesso in giro per collegi e, in subordine, che il pranzo fra Papi di ieri è stato organizzato anche per fugare dubbi e reticenze di chi, come me, in una delle due occasioni aveva scosso il capo. Purtroppo viviamo in un’epoca di egocentrismo nella quale ci sentiamo in dovere di farci misura di tutte le cose e giudicare scambiando i nostri gusti per esigenze oggettive quando invece, specie in materia di fede, dobbiamo abbandonarci volenterosi alla fiducia nella storia. Il Papa doppelgänger non è nulla di inquietante nel momento in cui accettiamo che non siamo perno ma ingranaggio.

La scena di ieri mi ha ricordato l’inconsueta conferenza stampa doppia convocata nel 2010 nel giardino di Downing Street da David Cameron e Nick Clegg, rispettivamente presidente conservatore e vicepresidente liberaldemocratico di un altrettanto inconsueto governo britannico di coalizione. Cameron e Clegg erano vestiti uguale, salvo per le cravatte, e si somigliavano entrambi nel modello comune del politico giovane e smagliante. I maligni dicevano che sembrava un matrimonio gay. Qualcuno più maligno ancora aveva alzato la mano e chiesto ragione a Cameron di alcune dichiarazioni velenosissime rese contro Clegg nel corso della campagna elettorale; e Cameron aveva risposto ammettendo di avere detto ogni nefandezza ma di essere consapevole che, se si vuole pensare al bene comune, è necessario scendere a compromessi “eating a bit of humble pie”, ossia masticando qualche boccone umile. Se accettano di farlo in Inghilterra, tanto più dovremmo riuscirci noi che siamo naturalmente portati al doppio, quando non alla doppiezza. L’ovazione tributata post mortem allo stesso Pietro Mennea che in vita era stato reiteratamente sbeffeggiato e isolato per via delle idee balzane non allineate al comune sentire del nostro sport strapaesano dimostra inoppugnabilmente che i Mennea erano due. Esistono altresì due Berlusconi, il fautore del governissimo e l’agitatore di popolo che vuole trascinare i comunisti alle urne; anzi ne esistono quattro perché ci sono anche il caimano ineleggibile e l’interlocutore da cui non si può prescindere per fare le riforme. Pochi mesi dopo la liberazione Giovannino Guareschi pubblicò su Candido una vignetta in cui, librandocisi in mongolfiera, si vedeva chiaramente che nel Mar Mediterraneo le Italie erano due: ciò spiegava l’apparente mistero dei quaranta milioni di fascisti e dei quaranta milioni di antifascisti.

Due Papi, dunque, per noi non sono niente di traumatico. Così, mentre pondero sull’evenienza di promuovere mia madre a mamma emerita e prendermene una più giovane e vicina ai bisogni della gente, lei stessa mi fa notare che nessuno dei logorroici vaticanisti a sproposito ha tenuto presente che ciò che dicono e scrivono è direttamente fruibile da Ratzinger, e che questi sperticati elogi (sovente aprioristici) nei confronti del nuovo che avanza potrebbero ferirlo, suonando come altrettanti sospiri di sollievo per essersi disfatti di un Papa che non sapeva bene come si baciassero i bambini. La solitudine di Ratzinger a Castel Gandolfo è stata alleviata dalla visita di Papa Francesco, e sarò ingenuo ma credo che soprattutto a questo fossero volti il pranzo e la preghiera di ieri, più che al passaggio segreto di buste esplosive. Mentre osanniamo le novità, indubbiamente benvenute in Vaticano, ricordiamoci che a Castello c’è quest’uomo di ottantasei anni che un po’ passeggia col bastone e il piumino trapuntato, un po’ suona il pianoforte, un po’ accarezza i gatti, un po’ legge e scrive; e che sempre si ricorda delle parole dal Vangelo di Giovanni che nel 2005 vennero pronunziate alla sua Messa di incoronazione. Dice Gesù risorto a Pietro: “Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”. Otto anni dopo Ratzinger sa che anche per lui che è stato Papa, quando il passo gli si farà incerto e la vista verrà meno, ci sarà sempre un Papa che lo prenderà per mano.

[L'altra metà della rubrica, in cui Francesco Savio svela la tecnica del pigiamarama, si trova come ogni lunedì su Quasi Rete, il blog letterario della Gazzetta dello Sport.]