giovedì 28 febbraio 2013

Saluto al Papa: in attesa delle 20 potete leggere sul sito del Foglio il mio paginone sull'illuminismo di Joseph Ratzinger e sul papismo degli illuministi. Basta cliccare qui.

mercoledì 27 febbraio 2013

Un album delle figurine vuoto è forma pura, anzi pura potenza, anzi uno schema percettivo per il quale si sa dove andrà a finire ogni singola immagine (Michele Canini del Genoa al 156, Francesco Stanco del Modena al 599b, lo stemma del Poggibonsi al 708a) senza disporre di nessuna di queste immagini e talvolta senza nemmeno sapere come siano fatte. Mi fermo prima di scrivere che un album vuoto è un giudizio sintetico a priori, kantianamente, e mi limito a notare che la decorazione delle pagine, un tempo essenziale, oggi è sufficiente a giustificare il mancato acquisto di una figurina che sia una. 

I risultati delle elezioni vi angosciano? La vacanza della sede pontificia vi sgomenta? Rilassatevi leggendo la mia analisi marxiana dell'Album Calciatori Panini su Qwerty, il blog di Tempi che recensisce i giornali.

martedì 26 febbraio 2013

Sono sicuro che accadrà. Nel 2057 un bambino starà tentando di afferrare la marmellata nascosta su un armadietto e, per quanto possa riuscirci agevolmente sollevandosi sulle punte, cercherà di salire su una sedia, poi su uno sgabello, poi prenderà la rincorsa e si sfracellerà contro un'anta e cadrà sul pavimento piangendo. La mamma arriverà trafelata a dirgli: "Ma che fai, smacchi il giaguaro?"

In fondo è stato un peccato di hybris: Bersani sarebbe stato un ottimo ministro dell'economia, Vendola un ottimo assessore alla cultura.

C'è un problema di fondo nell'analisi dei sostenitori del Pd che ho personalmente sentito lamentarsi dei risultati. Tutti piagnucolano per il ritorno di Berlusconi del quale speravano di essersi liberati, senza considerare che è endemico che in una nazione il 30% voglia meno tasse, qualche limite all'estensione dei diritti civili e una politica estera meno zerbina, e che pertanto questo 30% voti a priori per un governo di destra indipendentemente dal fatto che il candidato sia Berlusconi o Alfano o un abat-jour. Allo stesso modo è endemico che ci sia un 30% che voti a sinistra perché vuole più stato sociale, diritti civili per tutti e una politica estera di equivicinanza, indipendentemente dal fatto che il candidato sia Bersani o Veltroni od Occhetto. Il 30% di Berlusconi è il dito, il 40% disperso nel mezzo delle due coalizioni è la luna, e loro indovinate cosa guardano?

Alcuni numeri. Ieri ha espresso un grado di ostilità verso l'Unione Europea variabile dal "così com'è non ci aggrada" all'"andatevene tutti a fanculo coi tedeschi in prima fila" grossomodo il 54% degli elettori, senza contare i voti andati ai partiti non entrati in parlamento. L'Europa ci guarda con preoccupazione. Noi la guardiamo peggio.

Altri numeri. Dai 556 voti a Democrazia Atea ai 585 a Staminali d'Italia, dai 1526 al Parito Pensiero Azione ai 4557 per i Pirati, dai 12744 a Voto di Protesta ai 42529 a Magdi Cristiano Allam, l'1,67% degli Italiani ha più o meno consapevolmente scelto di abbandonare il voto inutile in favore del voto dannoso.

Magdi Cristiano Allam ovvero: Io amo l'Italia, ma non sono ricambiato.

Per capire se una legge elettorale funziona non bisogna guardare i grandi numeri, per i quali basta avere i voti; bisogna controllare come girano le rondelle. Scrivo a un candidato, primo dei non eletti: "Davanti a te c'è Tizio che è riuscito in tot circoscrizioni, quindi nella tua scatti tu?". Risponde: "Bella domanda". Ormai è il parlamento degli innominati.

Nei miei sogni c'è un governissimo politico Pd-Pdl, con premier esterno a ogni coalizione (dunque non Monti) (e nemmeno Fini, caso mai aveste lo scrupolo). I ministri vanno ripartiti equamente: interni al Pdl, esteri al Pd, difesa al Pdl, giustizia al Pd, attività produttive al Pdl, istruzione al Pd, infrastrutture al Pdl, ambiente al Pd, lavoro al Pdl, economia al Pd, salute al Pdl, cultura al Pd. Poi Franceschini presidente della Camera, Berlusconi presidente del Senato, D'Alema presidente della Repubblica; gli altri partiti se vogliono votare votano, altrimenti si attaccano. Questo nei miei sogni, ma avrò mangiato pesante.

Diceva Mussolini che governare gli Italiani non è difficile, governare gli Italiani è inutile. Oggi ci vorrebbe qualcuno che si alzasse e dicesse ai titolisti pigri: l'Italia non è ingovernabile, l'Italia va commissariata. Per la presidenza della Repubblica, ma forse anche e soprattutto per la presidenza del Consiglio, segnatevi questo nome per il quale metterei la mano sul fuoco: il prefetto Anna Maria Cancellieri.

E Beppe Grillo, lui, può essere criticabile quanto volete ma mi sembra modesto e realista a sufficienza da sapere che l'exploit del suo movimento non è dovuto esclusivamente al proprio nome sulla scheda e alla propria faccia a piazza San Giovanni. Per questo dice di non essere un leader ma solo un portavoce. Per questo ha fatto sapere che in fase di consultazioni accompagnerà la delegazione del Movimento 5 Stelle al Quirinale. Vuole ringraziare di persona Napolitano.

Ieri intanto, tre mesi dopo i gazebo, Matteo Renzi ha finalmente vinto le primarie.

lunedì 25 febbraio 2013

[0:11] Il distacco alla Camera si assottiglia sempre più ma Berlusconi può finalmente tirare un sospiro di sollievo. Ha avuto culo a non vincere queste elezioni.

[0:07] Per errore a Porta a Porta è stata letta una dichiarazione di Bersani risalente al 1996.

[0:00] In questo momento alla Camera il centrodestra ha lo 0,45% da recuperare sul centrosinistra. Oscar Giannino ha l'1,12.

[23:56] Io mi aspetto che da un momento all'altro sui teleschermi appaia Berlusconi e dica: "Sorridete, non siete su Scherzi a parte".

[23:34] Mi pare che solo Roberto D'Agostino abbia detto esplicitamente che più di Monti, più di Bersani, perfino più di Oscar Giannino il grande sconfitto di questa tornata elettorale è Giorgio Napolitano.

[20:57] In tutto ciò Rai1 ha trasmesso L'eredità e Affari tuoi. Facciamo schifo.

[20:53] Con grande onestà intellettuale, Pierferdinando Casini ha ammesso la sconfitta di Mario Monti.

[20:46] Un grillino al Tg2: "L'utilizzo degli psicofarmaci è alle stelle". E le farmacie non hanno ancora fornito i dati relativi a domani.

[19:22] I dati reali del Senato, a due terzi dello scrutinio, si stanno allineando sulle percentuali delle proiezioni per quel che concerne i piccoli partiti: quindi potrebbe accadere sulla lunga scadenza anche per i grandi.

[19:18] Affluiscono i primi dati certi dal Viminale: Grillo si chiama Giuseppe Piero.

[18:30] Se proprio non vi piace Berlusconi, non è necessario riparare all'estero. C'è il Molise.

[18:16] Non sarà un governo a tempo, sarà un governo a orologeria.

[18:10] Sono solo proiezioni ma sarebbe meglio chiudere a chiave Napolitano altrimenti scappa.

[18:01] L'Italia fa un passo avanti: nel 2006 era spaccata in due, ora è spaccata in tre.

[17:50] Daniele Capezzone dice che non commenta le proiezioni ma che i giaguari corrono velocissimo.

[17:37] Su Rai1 stanno dando come quarta proiezione i dati della terza. Siamo il paese dell'immobilismo.

[17:13] Stress da elezioni? Rilassatevi leggendo il motu proprio del Papa sul Conclave, così tutto viene ridimensionato.

[17:04] Secondo le ultime proiezioni, Fare ha la percentuale di Fiamma tricolore + Forza Nuova + Casa Pound.

[16:51] Ed ecco l'immancabile commento: "Il centrosinistra non ha vinto, non ha la maggioranza, non può governare". Mi chiedo cosa diranno fino a stasera.

[16:47] Attenzione, caduta tacchini.

[16:40] Secondo la seconda proiezione al Senato, Berlusconi vincerebbe grazie agli zero-virgola dei partitini di Storace, Samorì, Micciché e compagnia.

[16:22] Se vi può consolare stando alle 500 sezioni scrutinate Bersani ha l'11% di vantaggio. Però ne mancano 60.000.

[16:15] Giorgino non vedeva l'ora di dirlo e l'ha detto veramente: "Sorpasso del centrodestra".

[16:10] Ma le prime proiezioni stanno arrivando in ritardo perché Piepoli è svenuto?

[15:40] Il titolo più bello finora l'ha fatto il Monde: "L'Italie perd sa jeunesse dans les urnes".

[15:35] Primi effetti della svolta a sinistra. Il cardinal O'Brien si dimette da vescovo di Edimburgo.

[15:19] Monti sotto il 10%. Indice Mibtel al +3,5%. Rischio sorpasso.

[15:14] In questo momento si colloca il primo esponente del Pd che dà per chiuso il ventennio di Berlusconi e della Lega. Alle 19 lo staranno scuoiando.

[15:12] A Massimo Franco del CorSera va il premio per essere stato il primo a dire che Mario Monti è stato danneggiato dal sistema elettorale.

[15:08] Per il resto Piepoli altro non ha fatto che dare dei nomi esatti ai cavalli delle corse clandestine di Notapolitica.it.

[15:05] Piepoli ha detto la prima grande verità delle elezioni: "Fare per fermare il futuro".

[15:58] Il ministero dell'Interno aveva promesso le prime proiezioni per le 16. Ora Marco Frittella su Rai1 dice che i dati relativi all'affluenza non arriveranno prima delle 17. Comuque vada, sarà una giornata lunga.

[Pronostico azzardato alle 14:54] Il mago di Oxford consiglia di giocarsi questi numeri:



Finalmente domenica!
Ventiseiesima giornata, 24 febbraio 2013

“Ma come, non vai in Puglia a votare?”
“No affatto, mi fa schifo.”

“Cosa? La Puglia o votare?”
“Non iniziamo a fare distinzioni capziose. Il mio è un semplice ragionamento di costi e benefici, ma soprattutto di tempi: se andassi in Puglia, foss’anche in aereo, dal mio domicilio lavorativo alla mia residenza fiscale impiegherei qualcosa come quattro ore, forse cinque, da moltiplicare per due visto che intendo anche ritornare dalla residenza fiscale al domicilio lavorativo. In quel lasso di tempo posso fare molte cose più utili alla mia patria, o quanto meno a me medesimo – che è già qualcosa. Se invece dovessi andare in Puglia in treno, considerati cambi e ritardi, non farei in tempo a voltarmi e tornare al domicilio da cui ero partito che avrebbero già convocato nuove elezioni, a giugno nel peggiore dei casi, a marzo dell’anno venturo se tutto fila liscio.”

“Quindi un partito vale l’altro?”
“Macché. Considera che in Italia ci sono circa 50 milioni aventi diritto ma che di questi votano circa in 35-38 milioni. Considerato che le elezioni di oggi costeranno allo Stato circa 360 milioni di euri, soldi che abbiamo guadagnato perché loro li spendano, possiamo dedurre che il voto di un singolo cittadino gli costa in media dieci euri sonanti, che magari preferirebbe investire altrimenti, che so, pizza e birra da asporto. Detto questo, se quel singolo cittadino dovesse scegliere di votare un partito favorevole all’aumento delle tasse, è evidente che il suo voto costerebbe almeno il doppio. Io, se fossi in lui, preferirei votare il partito più economico. I calcoli fatteli tu.”

“Non credi tuttavia che votare sia un meraviglioso e irrinunziabile esercizio di partecipazione democratica?”
“Altroché: ne siamo tutti ben consapevoli e infatti votiamo alle politiche, alle regionali, alle provinciali, alle comunali, alle circoscrizionali, alle condominiali, alle primarie, alle parlamentarie e perfino un mucchio di referendum a casaccio, in un sagace profluvio di democrazia in cui il voto del sagace analista politico vale esattamente quanto quello del quidam che vota l’amico del datore di lavoro del cognato perché spera in un favore sottobanco per il figlio o per lo zio. Intanto, se considero fino a che giorno dell’anno uno deve lavorare per pagare il pizzo allo Stato, mi viene la faccia dell’urlo di Munch. Gli Stati Uniti d’America sono nati al grido: no taxation without representation; ovvero, non paghiamo le tasse se non esercitiamo potere legislativo. Il principio su cui si regge la nostra democrazia è: lots of taxation, lots of representation. Possiamo votare chi ci pare, perfino i partitini stagionali che compaiono sotto elezioni e spariscono nel nulla subito dopo avere tenuto la loro conferenza stampa in prima serata sulla Rai, e possiamo permetterci il lusso di votare mediamente una volta all’anno, purché paghiamo paghiamo paghiamo. In Russia, invece, la democrazia sarà limitata quanto vuoi, e dubito che ci siano giornalisti che possono andare in tv a sparare merda su chi credono senza contraddittorio alcuno, e magari mancheranno le gioiose manifestazioni in piazza con gazebo e drappi viola e palloncini gialli e bandiere arcobaleno e black bloc e no tav; però in questa benedetta Russia c’è l’aliquota unica al 13%.”

“Perché allora non ti ci trasferisci? San Pietroburgo è una città nobile e piena di sgnàcchere.”
“Perché fa freddo. Non voglio passare per qualunquista, ho detto che ci sono alcuni partiti che costano meno di altri e come tali sono da preferirsi sulla base di un razionale computo di costi e benefici, che è ciò che la gente di solito è incapace di calcolare. Non sono qualunquista e anzi credo che il peggio del peggio al momento sia la parodia del partito dell’Uomo Qualunque, col nome che sembra un hotel e il leader salterino. Il vicepeggio invece l’abbiamo già avuto sulle terga, per tacere di atri anfratti, negli ultimi tredici mesi. Peggio di entrambi ovviamente c’è quel partito con l’itterizia che cerca i voti dei cittadini non ancora indagati, ma è una rappresentanza poco più caratteristica dei nostalgici del Sacro Romano Impero.”

“Quindi centrodestra e centrosinistra sono uguali?”
“Sono le due alternative accettabili di oggi, al netto del diverso costo. Qualche anno fa, in occasione delle regionali, qualcuno mi aveva chiamato apposta per dirmi: -Tu che sei scrittore, non cercare scuse: stavolta devi per forza votare per un poeta.- -Guarda, gli ho risposto, francamente non m’importa che sia omosessuale e sono disposto a passare sopra al dettaglio che sia comunista, ma in quanto scrittore io non lo voto proprio perché scrive poesie.- D’altronde, se uno dovesse votare per tutti i pugliesi che scrivono poesie, avremmo un sovraffollamento istituzionale mica da ridere; sarebbe più discriminante votare per i pugliesi che hanno letto un libro, piuttosto che per quelli che ne hanno scritto uno.”

“Basta coi paradossi. C’è un pugliese che voteresti?”
“Ma ti pare che io debba andare in Puglia a votare persone che non conosco, e non mi sia invece consentito di attraversare la strada per recarmi al seggio qui di fianco e scegliere fra candidati che conosco di persona? Se avessi avuto tempo e voglia di andare fin laggiù avrei votato Quella sulla scheda rosa e Quegli Altri sulla scheda gialla: ragionandoci, è evidente che al sud Quella non ha speranze di raggiungere il livello minimo di sbarramento regionale al Senato; mentre Quegli Altri, pur cambiando nome ogni vent’anni ed essendosi oggi squacquerati in mille partitini del cazzo, in Puglia hanno una certa tradizione e quindi dovrebbero riuscirci”.

“Saresti convinto di quello che voti?”
“Traccerei croci molto leggere.”

“Da uno che rimpiange di non essere russo per via dell’aliquota fiscale mi aspettavo un voto per Oscar Giannino. Non lo voti perché non ha la laurea, anzi due?”
“Me ne fotto della laurea; all’estero tutti sanno a memoria il curriculum dei principali esponenti politici, e in Inghilterra si sa addirittura che il sindaco conservatore di Londra e il leader dei laburisti hanno frequentato la stessa scuola elementare, mentre da noi nessuno s’è mai chiesto che laurea abbia Bersani o Berlusconi, per non dire Di Pietro. Com’è che con Giannino all’improvviso siamo diventati selettivi? Giannino viene additato come il capostipite di una nazione di millantatori un po’ cazzoni, che al bar si vantano dell’inverosimile, e invece nonostante tutte le sue indubbie competenza e bravura è stato poco furbo. Doveva maneggiare il proprio curriculum vacante come arma contro un’Italia in cui chiunque ha un pezzo di carta appeso dietro la scrivania, in cui la maggioranza dei laureati triennali su scala nazionale meriterebbe tutt’al più uno sputo in un occhio. Avrebbe dovuto incarnare la necessità dell’abolizione del valore legale del titolo di studio, ossia quella gabola per la quale conta che tu abbia il permesso di fare un mestiere e non l’evenienza che tu sia in grado di farlo, e per la quale accade anche che una laurea presa in un’università di competenza e tradizione sia uguale a una laurea conseguita all’università del friariello.”

“Il friariello è una verzura tipica della Campania. Lo vedi che sei razzista?”
“Non c’entra il razzismo. Da italiano consapevole che l’esperimento del 1861 è fallito, mi auguro soltanto che alla regione Lombardia vinca un noto tifoso del Milan”.

“E soprattutto che si vinca il derby. Ciao, compare.”
“Appunto. Ciao, Gurrado.”

[Il resto della rubrica, contenente la dichiarazione di voto di Francesco Savio, si trova come ogni lunedì su Quasi Rete, il blog letterario della Gazzetta dello Sport.]

domenica 24 febbraio 2013

Chiunque vinca le elezioni, a Oscar Giannino andrà il premio della critica.

Un genio ha sistemato i volantini della lista Monti incastrandoli nei tergicristalli sui parabrezza delle auto parcheggiate, come se fossero multe da pagare. Freud si sarebbe commosso per molto meno.

Luigi Zingales, leader del movimento Fermare il Giannino.

Si dimette il cardinal Romeo. In effetti il master in teologia ad Avignone sembrava sospetto.

Milan 2 Barcellona 0. La partita di ritorno sarà giocata a Lourdes.

La Merkel smentisce Monti, ma Monti non smentirà mai la Merkel.

"Cambia sesso e fa causa al Policlinico San Matteo". Poi dicono che a Pavia non succede mai niente.

A piazza San Giovanni Beppe Grillo ha definito "utopia meravigliosa" la traversata a nuoto dello Stretto di Messina. E se ci camminava sopra cosa diceva?

Gianfranco Fini, che doveva essere il delfino ma è diventato una sardina.

La Russa in Fratelli d'Italia, Gasparri nel Pdl, Fini nel Fli, Storace nella Destra, Romagnoli nella Fiamma. Cinquanta sfumature di nero.

Nell'ultimo giorno di campagna elettorale arriva il commovente endorsement di Bersani a Nanni Moretti.

Francesco Savio: "E' dura affrontare le mamme degli scrittori, in libreria". Io: "La mamma degli scrittori è sempre incinta".

Venerdì alla Feltrinelli era in programma il dibattito "Dove va Pavia?". Sono lieto di annunziarvi che alla fine è rimasta qui.

Rettifico: chiunque vinca le elezioni, a Oscar Giannino non andrà solo il premio della critica ma anche quello per il migliore arrangiamento.

Elezioni politiche: si vota domenica 24 febbraio dalle 8 alle 22 e lunedì 25 febbraio dalle 7 alle 15. Poi si vota di nuovo domenica 9 giugno dalle 8 alle 22 e lunedì 10 giugno dalle 7 alle 15.

sabato 23 febbraio 2013

Ne "Lo strano illuminismo di Joseph Ratzinger" Vincenzo Ferrone cita l’enciclica "Mirari vos" di Gregorio XVI, in cui si condanna uno dei cardini dell’ideologia illuministica: "l’indifferentismo, ossia", come scrive il Pontefice nel 1832, "quella perversa opinione secondo la quale si possa in qualunque professione di Fede conseguire l’eterna salvezza dell’anima se i costumi si conformano alla norma del retto e dell’onesto". Si tratta, con duecentocinquant’anni di tara, degli stessi toni usati da Ratzinger contro il relativismo nella scorsa Missa pro eligendo pontifice; e in entrambi i casi si tratta, soprattutto, dei toni inevitabili contro nemici contingenti, ben definiti nel tempo, e che di fronte all’eternità della Chiesa non praevalebunt.

Benedetto Illuminismo: sul Foglio in edicola oggi saluto il Papa con un paginone in cui svelo tutti i punti in comune fra Ratzinger e Voltaire.

mercoledì 20 febbraio 2013

L'Independent fa notare che le credenziali letterarie di Hilary Mantel consistono in due Man Booker Prize, mentre quelle di Kate Middleton nell'essere la sorella dell'autrice di "Festa in famiglia: un anno di occasioni felici da celebrare con chi amiamo". Il Daily Mail ribatte duro, insinuando che la Mantel è passata dalla taglia 46 alla 56 a seguito di una malattia cronica e che dichiara di sognare talvolta di tornare magra.

Scrittrici femministe, principesse di plastica, quotidiani impazziti e conferenze al British Museum nel mio pezzo (illustrato) sul Foglio di oggi: tutto quello che c'è da sapere sulla character assassination del giorno.

lunedì 18 febbraio 2013


Finalmente domenica!
Venticinquesima giornata, 17 febbraio 2013

Vi prego di notare il crescendo: lunedì il Papa abdica; martedì Toto Cutugno canta a Sanremo col coro dell’Armata Rossa; mercoledì io affronto il concorso per diventare professore alle superiori; giovedì Pistorius spara alla fidanzata; venerdì, pioggia di meteoriti sulla Russia. Ieri, con un’escalation del genere, non c’era bisogno di essere apocalittici per aspettarsi chissà cosa e invece, nonostante una scossetta di terremoto che ai giorni nostri è ormai routine, non è accaduto niente di che e mi è restato tutto l’agio di pensare due cose. La prima è che forse aveva ragione Leibniz: perfino questo gorgo autodistruttivo nel quale sembriamo essere entrati può servire a dimostrare che viviamo nel migliore dei mondi possibili. Immaginate cosa sarebbe accaduto cambiando l’ordine dei fattori: io che affronto il concorso per diventare Toto Cutugno, il coro dell’Armata Rossa che spara a Pistorius, i professori di liceo che si dimettono in massa, pioggia di Papi su Sanremo.

La seconda è più complessa, e ha a che fare col nostro essere uomini e italiani. Siamo sempre così pronti a stupirci del banale (mercoledì mattina su Rai Sport ho sentito Marco Mazzocchi dire: “Ecco, guardate l’importanza del portiere”; mercoledì sera su Sky un liscio in area di Lewandowski è stato definito “Finta clamorosa involontaria”) che lo straordinario non ci dice più niente e per capirlo devono presentarcelo tagliuzzato come le fettine di carne arrostita ai bambini che non sanno ancora tenere in mano il coltello. Cosa dice in questi giorni la voce del popolo? L’abdicazione del Papa è diventata una dimissione, e stamattina su Repubblica Eugenio Scalfari lascia intendere di averla causata lui con l’editoriale della settimana scorsa. Il coro dell’Armata Rossa conferma che il Festival avrebbe piuttosto dovuto essere trasmesso su Rai3. Della pioggia di meteoriti non c’è da preoccuparsi, lo assicurano in simultanea Roberto Giacobbo, che non si capisce cosa ci faccia ancora sulla terra dopo il fatale 21 dicembre del Maya, e Michele Serra, che rivendica come l’evento celeste non abbia comportato che qualche ferito grave mentre le guerre fatte dall’uomo hanno causato milioni di morti e bla bla bla. Pistorius, femminicidio, la tragedia di essere campioni, il tradimento dell’eroe buono, bla bla bla bla. Se poi ascoltate cosa viene detto ai giornalisti dei tg popolari sguinzagliati a interpellare passanti in piazza San Pietro vi accorgerete che un’ampia maggioranza di sedicenti cattolici è in realtà eretica; solo che un tempo li bruciavano, oggi li intervistano.

E il concorsone? Niente, nessun giornale ha scritto una verità che mi è subito balzata agli occhi mentre facevo la fila per entrare nelle aule di questo e quel liceo milanese e sedermi al banco per aspettare le tracce di un tema, come se dal 1998 non fosse passato un mese: la verità, dicevo, è che esclusi i presenti i concorrenti maschi erano in larga parte di ragguardevole bruttezza. Sembra una considerazione di costume ma è demografia. Se voi considerate questa fila di maschi in età più o meno fertile, dai trenta ai cinquant’anni, che a passo lento si avvia verso i banchi di una scuola con sotto braccio il manuale per prepararsi all’esame per la tal classe di concorso, o col dizionario come se avessero quindici anni e non sapessero l’Italiano, o con il bigino “Tuttostoria” o “Tuttofilosofia” bisunto e squadernato nella speranza che basti a ottenere un posto fisso benché sottopagato, vi viene da pensare a un esercito di padri di famiglia? A me viene in mente piuttosto una sfilza di figli ancora attaccati alle mammelle, che nessuna donna ardirebbe sposare per garantire una degna progenie alla patria cadente.

Mi sono chiesto allora se la bruttezza collettiva fosse causa oppure effetto. Istintivamente sembra causa: uno è brutto, allora si laurea e invece di andare per l’aspro mondo a cercare lavoro e moglie preferisce la bambagia della giustificazione: “Eh, non posso mettere su famiglia perché non ho ancora il posto”. E se invece fosse effetto, e se avesse ragione quel tale Darwin di cui s’è fatto un gran parlare di recente? Uno studia, si laurea, decide di aspettare il posto fisso ripassando più e più volte il programma del liceo e mentre studia gli cresce la pancia, gli cascano i capelli, un fitto vello gli ricopre le membra e gli si ingialliscono i denti, diventa strabico, orbo, cieco, sordo, spastico, deforme e lettore di Repubblica. A ventinove anni la natura ha fatto il suo corso e nessuna lo vuole più, per evitare di sposare uno che dica: “Eh, non possiamo avere un bambino perché non ho ancora il posto”.
Ovvio che non si può generalizzare. Due maschi esteticamente validi in realtà c’erano: alti, snelli, ben vestiti, dai lineamenti nobili e dagli accessori giusti. Poco prima di entrare in aula si sono dati un bacio. Delle donne invece non parlo per evidente signorilità, e perché le donne sono diverse. Dirò solo di quella che nei bagni mi ha chiesto com’era andata e mi ha detto di essere venuta lì apposta da Napoli perché c’era qualche mezza possibilità in più di vincere ma che temeva di essersi squacquerata sullo scritto di storia perché non si aspettava le tracce sull’Unione Europea e sull’Islam. Quando ha smesso di star piegata sul lavandino a lavarsi le mani le ho guardato l’ombelico e ho chiesto: “Quanto manca?”. “Due mesi, sarà una femminuccia”.

[Come ogni lunedì, l'altra metà della rubrica si trova su Quasi Rete, il blog letterario della Gazzetta, e l'ha scritta Franceso Savio.]
I sondaggi sono proibiti ma le premonizioni no. Su Tempi web vi do in anticipo tutti i risultati delle elezioni di domenica prossima, così non dovete prendervi il disturbo di andare a votare.

domenica 17 febbraio 2013

Shakhtar Donetsk - Borussia Dortmund: il derby degli evidenziatori.

Dunque sul palco di Sanremo si è favorevoli al matrimonio gay ma non al bacio fra due uomini.

Anna Paola Concia protesta: "Tutti gli autori del Festival sono maschi, e pure tutti i finalisti". La Littizzetto è la goccia che fa traboccare il vaso.

Il problema era che se all'Eurofestival mandavano Elio e le Storie Tese, tutti i sacrifici fatti con Monti sarebbero risultati vani.

Maradona ha chiamato suo figlio Diego Fernando, come se invece che un bimbo fosse una sottomarca.

Nel frusinate la terra continua a tremare. Ormai è impossibile tenersi l'anfora in testa.

Benedetto XVI incontra Monti. Ora medita seriamente di ricandidarsi.

sabato 16 febbraio 2013

Buonasera. Sono le ore diciotto di lunedì 25 febbraio e Pier Luigi Bersani ha vinto le elezioni politiche.

Perché affannarsi coi sondaggi clandestini quando c'è in ballo il Conclave? Per semplificare la vita di tutti, a destra e a manca del Tevere, sul numero di Tempi in edicola questa settimana do in anteprima i risultati delle elezioni.

lunedì 11 febbraio 2013

Il Papa non si dimette. Il Papa abdica.

La rinunzia del Papa è prevista dal codice di diritto canonico, pare, a patto che sia completamente libera e voluta.

Tutti stanno citando Celestino V ma l'ultimo Papa ad abdicare è stato Gregorio XII, al secolo Angelo Correr, nel 1415. Gli successe Martino V. Correr morì nel 1417.

Intanto su twitter Angelino Alfano parla di esodati e riforma Fornero. Si vede che non se n'è accorto.

Va bene che lì sono le 6 del mattino, ma il New York Times s'è accorto della rinunzia del Papa solo mezz'ora dopo.

Guardate il video dell'annuncio del Papa. In un'era di chiasso ingiustificato, le sue parole cadono nel silenzio e l'unica reazione è nello sguardo di chi gli sta accanto, che si guarda intorno e poi chiude gli occhi.

Da un'ora ogni politico sta dicendo la sua fesseria. Solo François Hollande ha dichiarato con maestria e discrezione: "La République saluta il Papa, ma non sta a noi commentare oltre ciò che riguarda soprattutto la Chiesa".

Ebbene sì, durante la conferenza stampa di padre Lombardi, il Guardian riferisce che il bookmaker inglese Paddy Power dà le quote per il prossimo conclave. Fra gli italiani il favorito è Scola. Per gli appassionati, ecco le quote nel dettaglio:
 9/4 Cardinal Peter Turkson
 5/2 Cardinal Marc Ouellet
 7/2 Cardinal Francis Arinze
 7/1 Archbishop Angelo Scola
 10/1 Cardinal Oscar Rodriguez Maradiaga
 12/1 Cardinal Tarcisio Bertone
 14/1 Cardinal Angelo Bagnasco
 16/1 Cardinal Jorge Mario Bergoglio 20/1 Cardinal Leonardo Sandri 25/1 Cardinal Raymond Burke 25/1 Cardinal Cladio Hummes 25/1 Cardinal Dionigi Tettamanzi 25/1 Cardinal Christoph von Schonborn 33/1 Cardinal Wilfrid Napier 33/1 Cardinal William Levada 33/1 Cardinal Camillo Ruini 33/1 Cardinal Norberto Rivera Carrera 33/1 Cardinal Francisco Javier Errazuriz Ossa 33/1 Cardinal Renato Martino 33/1 Cardinal Albert Malcolm Ranjith 33/1 Archbishop Piero Marini 33/1 Cardinal Antonio Canizares Llovera 33/1 Cardinal Keith O’Brien

Prima dell'elezione, il cardinale Ratzinger chiedeva ripetutamente a Giovanni Paolo II di poter tornare in Baviera a fare vita di preghiera e meditazione. Bisogna ricordarselo ora che padre Lombardi ha rivelato che il Papa deposto resterà in Vaticano a fare vita monastica, di preghiera e meditazione.

Un momento decisivo per la Chiesa di Roma: Gianni Riotta chiede ai suoi follower chi vorrebbero come nuovo Papa.

Subito dopo la notizia che Benedetto XVI resterà a condurre vita monastica in Vaticano, il Guardian fa casualmente notare che dopo la rinuncia Celestino V venne tenuto prigioniero in Vaticano.

Sempre sul Guardian, il corrispondente da Roma John Hooper allude misteriosamente ai reumatismi del Papa, citando Repubblica come fonte. Tutto vero.

Finalmente il Guardian dà anche una notizia su cui riflettere. Secondo Andrew Brown, l'ex arcivescovo di Canterbury Rowan Williams sapeva già da dicembre che il Papa si sarebbe dimesso. Anche il Dr Williams si è dimesso dal suo incarico poche settimane fa.

Sito dell'Independent, giornale very liberal. Titolo di apertura: "Sconcertanti dimissioni del Papa per cattiva salute". Immediatamente di fianco: "I pionieri del porno: la vita di Linda Lovelace ripercorsa da un film biografico". Entrambe le notizie sono illustrate.

La stampa internazionale ne sta facendo di ogni. Il sito del New Statesman ha un ampio servizio fotografico su "Ciò che ci mancherà di più del Papa: i suoi cappelli". Il Figaro riferisce l'interpretazione dell'abdicazione di Ratzinger espressa su facebook da un amico di Giovanni Paolo II.

Sto aspettando il momento in cui, non sapendo più che dire, i mass media inizieranno a rispolverare la profezia di Malachia, secondo la quale il prossimo Papa si chiamerà Pietro e sarà l'ultimo. Poi qualcuno si accorgerà che il favorito dei bookmaker è il card. Peter Turkson, e alè.

Il Figaro dà una rosa di cinque possibili successori: i cardinali Angelo Scola, Marc Ouellet, Christoph Schoenborn, Robert Sarah e, a gran sorpresa, Mauro Piacenza.

Continua l'espressione di benevolenza da parte dei giornali esteri. Nick Squires, corrispondente da Roma del Daily Telegraph: "Talvolta Benedetto è apparso tanto prono alle gaffe quanto la sua controparte secolare a Roma, Silvio Berlusconi, barcollando da un disastro pubblico all'altro".

Il miglior complimento a Ratzinger arriva da Mohammed Shafiq della Ramadhan Foundation: "Il suo pontificato sarà un ricordo triste per tutti i musulmani a causa del suo attacco all'Islam".

 Notiziona: secondo alcuni insider come il blogger Damian Thompson, ai cattolici inglesi stanno girando i cosiddetti perché il loro prelato di punta, l'arcivescovo di Westminster Vincent Nichols, non è ancora stato creato cardinale e non potrà quindi esprimere il suo voto. Possiamo anche supporre che Adriano IV resterà l'ultimo Papa inglese ancora per un bel po'.

Il giornalista Sam Jones individua cinque priorità per il prossimo Papa: contraccezione, abusi sessuali, omosessualità, aborto e ruolo della donna. Da ciò si deduce che Sam Jones è un maniaco.

"Comunque non sapevo che fossero tutti esperti di Vaticano", commenta il caporedattore del Foglio Claudio Cerasa. Fra gli esperti dell'ultim'ora annoveriamo anche coso, il propagandista ateo Richard Dawkins che scrive: "Mi spiace per il Papa e per tutti i vecchi preti cattolici. Immaginate, guardandovi indietro, di vedere solo una vita sprecata e senza sesso". A Dawkins qualcuno spiegherà che il Papa ha abdicato, non ha abiurato.

Per fortuna in Inghilterra qualche vaticanista serio ce l'hanno. Andrew Fenton-Thomas ricorda che votare per sé stessi in conclave è proibito dal 1621.

Il presidente della conferenza episcopale francese André Vingt-Trois argomenta: "Un Papa francese? Potrebbe accadere, ma non vedo come. La nazionalità non è importante". Mancava solo che dicesse: "La formazione la fa il mister". Subito dopo aggiunge: "Essere africano non è un requisito sufficiente per diventare Papa". Fate conto che è iniziato il Risiko.

Dice il Guardian che "il Center for Constitutional Rights, che ha intentato causa criminale al Papa e ad altri leader vaticani in ragione di abuso sessuale, sostiene che le dimissioni del Papa rendono più facile l'imputazione internazionale".

Altre notizie amene dall'Inghilterra: forse perché terrorizzato dalla profezia di Malachia sull'eventuale papa Pietro, il favorito del bookmaker Paddy Power non è più il cardinale ghanese Peter Turkson bensì il canadese Marc Ouellet.

Il direttore dell'Osservatore Romano Giovanni Maria Vian scrive che la decisione era stata presa dal Papa già nella scorsa primavera, dopo il viaggio in Messico e a Cuba.

In tutto questo, il canale ufficiale del Vaticano twitta: "Ciclismo, anche per Mario Cipollini scandalo doping". Questa sì che è un'arma di distrazione di massa.

Tutti si chiedono chi sarà il nuovo Papa, ma il Figaro dà in anteprima la notizia che il cardinale protodiacono, quello che dice "Habemus Papam", sarà un francese: Jean-Louis Tauran. A meno che non eleggano lui. Non è previsto che dica "Habemus Papam, c'est moi".

Intanto all'Ansa staranno festeggiando oltremodo in quanto non sanno più se l'abdicazione è stata rivelata al mondo da Giovanni Chirri o da Giovanna Chirri.

Ezio Mauro: "La modernità in Vaticano". Non per niente una cosa del genere non accadeva da 600 anni.

C'è un dato di fatto incontrovertibile che deve far riflettere riguardo alla giornata di oggi. Nell'era dei media istantanei e della comunicazione globale, la notizia del giorno è stata data in latino ed è stata diffusa grazie a una tradizionalissima agenzia di stampa dell'Ansa, esattamente come notizie del tipo "Nasce il museo delle migrazioni a Lampedusa" o "Maltempo: neve anche sul Festival di Sanremo", che però non s'è filato nessuno. Il video delle parole del Papa ci ha messo un po' a venir fuori e non è stato girato da nessun cronista dilettante col telefonino. Al momento, e siamo alle sette di sera, le uniche notizie certe di cui si parla derivano o dalla dichiaraizone del Papa stesso (di poco precedente mezzogiorno) o dalla conferenza stampa di padre Lombardi (di poco successiva a mezzogiorno). Il sito del Vaticano s'è limitato a pubblicare senza alcuno strepito il testo della "declaratio", non visibile sulla homepage. L'account di @Pontifex su twitter ha taciuto, e Gianni Riotta, per essere sul pezzo, s'è dovuto arrabattare a ritwittare una frase risalente a ieri tacendo che il contesto era diverso. La pagina web dell'Osservatore Romano sembra in tilt. Per il resto della giornata tutti ma proprio tutti sono rimasti appesi alle due dichiarazioni dell'ora di pranzo e non hanno potuto che ripetere per ore e ore le stesse notizie, avvitandosi intorno a supposizioni o illazioni o umorismi o dichiarazioni arbitrarie, senza per questo aggiungere nulla ma proprio nulla alla notizia, che sarebbe rimasta quella, immutabile, anche se internet non fosse mai esistito.

Roberto Saviano scrive su facebook che il Papa potrebbe essersi dimesso con questo piano: "Mostrare la fragilità della Chiesa per chiedere compattezza al voto cattolico". Poi si trasferirà a Castel Gandolfo per esprimere ostilità all'Imu.

Saviano fa tendenza. Per non essere da meno, il corsivista inglese Andrew Brown scrive che "nelle dimissioni di Benedetto si può scorgere un implicito rimprovero al suo predecessore, per il quale aggrapparsi alla vita e al potere quanto più a lungo possibile era un maniera di testimoniare la sofferenza di Cristo". E noi che credevamo che avesse abdicato per far guadagnare qualche voto all'Udc.

Berlusconi, polemica con Fabio Fazio. Mi ero dimenticato tutti e due.

Giuliano Ferrara definisce "gioiosa" la decisione del Papa e dice che per commentarla degnamente ci vorrebbe un sonetto del Belli. Bruno Vespa immediatamente commenta: "Parleremo dopo di queste ombre".

Bruno Vespa chiede se si ponga il problema dell'italianità del Papa. Coro di no. L'importante è che non faccia cucù.

Su Rai 1 l'ottimo vaticanista Svidercoschi si addentra in una precisa disamina di cosa significhi "crisi di fede". Bruno Vespa lo placca.

E dopo che per dieci ore tutti hanno detto che l'ultimo Papa ad abdicare non è stato Celestino V nel 1294 ma Gregorio XII nel 1415, a Porta a Porta campeggia il titolone: "Primo ad abdicare dopo sette secoli". Meno male che arriva Cacciari: "Ratzinger non ha niente a che fare con Celestino".

Pensateci. Voleva scrivere il libro su Gesù, e l'ha fatto. Voleva scrivere tre encicliche, su fede speranza e carità, e l'ha fatto.

Secondo me domani il Manifesto titola: "Altro che proposta choc".

Insomma è stata una giornatina intensa ma comunque stiamo tranquilli, non praevalebunt.
Finalmente domenica!
Ventiquattresima giornata, 10 febbraio 2013

Venerdì sera sono andato a teatro a vedere Angela Finocchiaro e mi sono trovato immediatamente in difficoltà in quanto, appena entrato, la prima persona che ho visto nel foyer era Walter Fontana, l’autore della pièce. Pur essendo uno dei migliori umoristi italiani, Fontana – che ai tempi delle Smemoranda era passato alla storia per la battuta “Credi in Dio?” “Diciamo che lo stimo molto” – non ama apparire e infatti ricordavo il suo volto solo grazie a un’unica, discreta comparsata televisiva come ospite da Fabio Fazio in una vecchia edizione di Quelli che il calcio. Lì per lì ho provato l’istinto di avvicinarmi e salutarlo, un po’ per farmi bello dimostrando che nonostante la sua riservatezza ero in grado di riconoscerlo al volo, un po’ per rincuorarlo, come se ne avesse bisogno, visto che temo che non lo riconosca mai nessuno. Rendendomi conto che era lì doppiamente sulle spine, perché non sapeva come sarebbe andato lo spettacolo e perché con ogni evidenza stava aspettando qualcuno, ho lasciato perdere e mi sono diretto verso la platea, non prima però di aver cercato di fargli capire che comunque l’avevo riconosciuto e che evitavo di fargli notare che l’avevo riconosciuto presumendo che lui preferisse non venire riconosciuto. Insomma, passandogli davanti gli ho detto “Buonasera” e non so cosa mi abbia risposto perché ho tirato dritto.

Il problema dell’autore è sempre il medesimo, ossia se convenga essere riconosciuti o meno. Di sicuro il mestiere di scrivere risparmia molti inconvenienti come quello occorso a Fabio Capello: un giorno un mio conoscente gli era capitato di fianco al cinema e l’aveva intrattenuto per due ore spiegandogli (il mio conoscente, a Fabio Capello) come usufruire correttamente del gioco a zona. Non ricordo di che film si trattasse; forse non lo ricordava nemmeno il conoscente; di sicuro non lo ricordava affatto Capello. Il contrario era accaduto a Enrico Brizzi, il miglior romanziere dell’Italia odierna quanto a capacità di imbastire trame. Alla fiera del libro di Torino, ossia in un contesto in cui pure sarebbe stato verosimile incrociarlo e riconoscerlo, vedendolo schiacciato contro un muro dalle telecamere dei passanti avevano dedotto che doveva essere famoso e si erano domandati: “E chi è che è quello lì?” “Boh, forse Dj Francesco”.

Un particolare tipo di riconoscimento dell’autore è quello che avviene su internet. Un tempo, quando esistevano solo giornali e libri, uno scriveva e la cosa finiva lì, a meno che chi volesse replicare fosse in grado di scrivere su un altro giornale o in un altro libro. Sono nati così testi immortali come il Contro Sainte-Beuve di Proust. Oggi un articolo o un pezzo di libro vengono pubblicati su internet e, avendo l’opportunità di commentare sulla stessa pagina virtuale, tutti ma proprio tutti dispongono dell’opportunità che ha avuto il mio conoscente di cui sopra, ossia sedersi di fianco a Fabio Capello e spiegargli come diventare un allenatore di successo. Questo è indubbiamente un segno del progresso inarrestabile, anche se il mio umorista inglese di riferimento, che si chiama Charlie Brooker e in Italia è purtroppo noto solo all’élite che ha guardato Balck Mirror su Sky, di recente ha dichiarato che non solo non legge mai i commenti ficcati sotto la versione online degli articolo che pubblica sul Guardian ma che più di una volta ha avuto la tentazione di chiedere ai redattori di disattivare l’opzione, ritenendo che parlare da solo sia un atto molto più sano che parlare coi lettori virtuali.

Nel mio piccolo è capitato anche a me, che non sono Charlie Brooker né Walter Fontana né Enrico Brizzi né tanto meno Proust (sono tutt’al più un piccolo Sainte-Beuve, ringhioso e infingardo): l’altro giorno un sito ha pubblicato un mio pezzo sul matrimonio omosessuale e i commenti, che non ho letto, a quanto mi è stato riferito si sono scatenati nella maniera che potete immaginare. Alcuni mi hanno inseguito anche nel privato e i più cortesi mi hanno tutti fatto notare che l’assunto alla base delle mie ironie – “Se si ha il diritto di sposare chi si ama, perché non posso sposare Jennifer Aniston o Voltaire o il Guerin Sportivo?” – conteneva un paralogisma in quanto la lotta per il matrimonio omosessuale non si basa sul diritto di sposare chi si ama ma sul diritto di sposarsi di due persone che si amano. Io non riconosco i matrimoni in Comune, figuriamoci se sono a favore del matrimonio omosessuale; però mi è spiaciuto notare che nessuno ha preso in considerazione ciò che avevo scritto nella prima riga, ossia che il ministro-ombra britannico alle pari opportunità, la laburista Yvette Cooper (moglie dell’altrettanto laburista Ed Balls, uno che merita il cognome che ha), aveva sostenuto che il matrimonio omosessuale si fonda sul diritto di sposare chi si ama. Il paralogisma caso mai era roba sua, io mi sono limitato a trarne le conseguenze; a meno che in Inghilterra non viga una logica formale diversa da quella che vige in Italia.

Non mi sorprenderebbe poiché lunedì ho scoperto che una logica formale diversa dalla nostra vige in Francia, tanto per fare un esempio. La Sorbona organizza per giugno un convegno su Voltaire e il sesso e io avevo chiesto di intervenire in quanto esperto (sì, è un doppio senso) proponendo un dettagliato abstract di cui vi faccio grazia. A stretto giro di posta mi è stato risposto che, cito e traduco, “ci spiace non potere accettare la proposta che avete avuto la gentilezza di inviarci, il suo contenuto coincidendo con quello di altre proposte la cui tematica ci è parsa più conforme alle attese del detto convegno”: ossia, che ciò che volevo dire io non è conforme pur essendo uguale a ciò che diranno altri che invece sono conformi. Questo sembra spiegare, molti secoli dopo, come mai Antoine Arnauld fosse stato espulso dalla Sorbona: sospettavano che prima o poi avrebbe scritto la Logica di Port-Royal.

Insomma, parafrasando Sandro, Penna: autore, autore, lieto disonore. Con Walter Fontana invece la cosa è finita così: per tutta la durata della sua pièce ho tenuto un occhio al palco e uno a lui, che sedeva due file davanti a me, sperando che si voltasse e capisse che l’avevo riconosciuto e stavo apprezzando. Ma perché avrebbe dovuto voltarsi? Si limitava a masticare nervosamente una gomma americana sperando in cuor suo, presumo, che finisse presto la tortura degli applausi e delle risate. Avanzando sul proscenio a fine serata, poi, la Finocchiaro ha rivelato che in platea c’era l’autore e in un generale “Ooooh” di sorpresa Fontana ha dovuto quasi alzarsi, quasi voltarsi e quasi sollevare un braccio in segno di ringraziamento. Poi tutti gli si sono fatti attorno per complimentarsi e dirgli che l’avevano riconosciuto subito ma volevano lasciarlo in pace. Io me ne sono tornato a casa.

[Il resto della rubrica, in cui Francesco Savio rivela l'identità di Arcisterco, si trova come ogni lunedì su Quasi Rete.]

domenica 10 febbraio 2013

[Breve ma sentito pot-pourri elettorale, e non solo, dall'1 gennaio a oggi:]

Botti di Capodanno, un anziano signore di Napoli vola dalla finestra. Panico fra i corazzieri.

Una lettera anonima avvalora la trattativa Stato-mafia, ma il francobollo non sembra essere del Guatemala.

Oggi è il Natale ortodosso. I più sinceri auguri a Gérard Depardieu.

Inizia la stagione dei saldi. Berlusconi: "Puntiamo al 40%".

Tutti che vogliono una Lombardia migliore. Sarà che ho presente la Puglia, ma a me va bene già così com'è.

Veltroni e Bertinotti cantano "Qualcuno era comunista" su Rai3. Poi criticano il Milan che vuole ricomprarsi Kakà.

Paola Ferrari: "Il Milan aveva questo attacco giovanissimo: erano in tre con meno di sessant'anni".

Sempre Paola Ferrari: "Abbiamo visto gli occhi di questi ragazzi che parlano già da soli". Pazzi a Beverly Hills.

Netanyahu: "Aboliremo l'Iran. Avete capito bene".

Bisogna distinguere lo Zeman reale dallo Zeman percepito.

Telecronaca Rai: "Zeman dice a Florenzi che da lui si aspetta il taglio centrale". Un turco napoletano.

Il popolo del web mi fa schifo, e anche l'elenco telefonico non è esente da pecche.

Vado a vedere Macbeth. Sono in platea. Spero di non macchiarmi.

"Vieni qui che ti faccio una proposta-choc".

Non so se Berlusconi ci restituirà l'Imu, di sicuro Monti ci restituirà Casini e Fini.

Tunisia, ucciso il leader dell'opposizione; e non aveva promesso alcunché.

Berlusconi: "Restituirò l'Imu". Vendola: "Non posso uscire da solo di sera". Giannino: "Arriveremo al 4%". Monti: "Bau". Bersani: "Gli italiani sono intelligenti". Ormai è gara a chi la spara più grossa.

Bersani: "Nel primo consiglio dei ministri faremo la legge sul conflitto d'interessi, proprio come nel 1996".

S'impicca con accanto la costituzione. Finalmente uno che l'ha letta.

giovedì 7 febbraio 2013

Caro Direttore, 
mi rincresce trovarmi nella necessità di non condividere la linea del suo giornale riguardo ai matrimoni gay. 

Il testo integrale della mia lettera choc a Luigi Amicone si trova sul sito di Tempi.

mercoledì 6 febbraio 2013

Io, di solito, delle interviste leggo solo le risposte; ma per Concita De Gregorio faccio volentieri un'eccezione e leggo solo le domande: "Per dire?" "E questo ha fatto scattare la rabbia?" "Quindi non si candiderebbe?" "Per esempio?"

Su Qwerty, il blog di Tempi.it che recensisce i giornali, do istruzioni per una lettura selettiva di Vanity Fair.

martedì 5 febbraio 2013

Dopo Stonehenge e i college di Harry Potter, il turismo di massa britannico avrà una nuova meta: Leicester.

Dal 22 agosto 1485 a ieri mattina: sul Foglio in edicola oggi vi racconto la misteriosa ricomparsa di Riccardo III.

lunedì 4 febbraio 2013

Finalmente domenica!
Ventitreesima giornata, 3 febbraio 2013

Ieri pomeriggio ho fatto un salto a casa di Savio ed è emerso che il gioco preferito di Pietro è l’incidente sul tavolo da pranzo: si prende una macchinina di legno, la si scaglia contro una mucca di plastica e si fa la Manzotin. Il vantaggio dell’avere un anno di età è che di ogni atto non si prende in considerazione il contesto, ossia, nello specifico, l’evenienza che la mucca sia più grande dell’automobile, che le vetture non siano prodotte in legno e che i bovini non siano abitualmente di plastica. “Invece”, dico a Pietro che mi ascolta attonito, “da una certa età in poi il contesto diventa un guaio: hai visto la confessione choc di Lance Armstrong? In Italia è andata in onda su Dmax, la rete che trasmette perle come NYInk, in cui ci si mena mentre una bionda si fa tatuare una tigre punk, oppure Lavori Sporchi, con ampio risalto alla figura del raccoglitore di sterco, oppure Il Tempo dei Dinosauri, col sito della rete che avverte: ‘Non è il solito documentario ma un tuffo epico nella vita dei dinosauri. Tenete la clava a portata di mano’.

“Dunque, Pietruzzo bello, l’intervista di Oprah Winfrey non andava vista né come giornalismo né come documentario bensì come tuffo epico nella vita del ciclista texano. A ciò contribuiva il doppiaggio, perfetto pendant della scenografia: un salotto con le tendine in broccato e i bicchieri sul tavolino, in cui ogni oggetto era lì dove l’avrebbe disposto un arredatore timoroso di farsi notare, e che rivelava la propria sconfortante falsità ogni volta che l’inquadratura si allargava a comprendere panoramicamente le quinte, i cameraman e l’attrezzatura necessaria allo show. In questo teatrino dei pupi Oprah e Armstrong dialogavano sì in americano, ma le loro voci erano sopraffatte da quelle impostate e avvolgenti dei doppiatori, che ne rincorrevano le pause, riproducendo qualsiasi singulto o squittio potesse trasparire dal diverbio, mentre Oprah si sporgeva verso l’ospite per incalzarlo e lui si mordeva il labbro con le lacrime agli occhi. Un doppiaggio da soap opera non immemore delle telenovelas del Trio Solenghi-Marchesini-Lopez (te le ricordi, Pietro?), con Alonso Gilberto Jimenez Perito Peraria e il tormentone ‘bisogna fare qualcosa’ e i colpi sul tavolo che si sentivano un secondo dopo essere stati battuti. La voce roca di Oprah veniva resa con toni squillanti da dattilografa del Midwest, mentre Armstrong somigliava vieppiù a Mike Delfino, il cattivo buono di Desperate Housewives, l’ex spacciatore ex assassino ex galeotto che a colpi di pettorali dimostra di essere l’unico ceffo affidabile di tutta Wisteria Lane”.

Sconvolto dalle mie rivelazioni, Pietro ha seduta stante inventato un utilizzo alternativo della collana Scrittori Italiani e Stranieri della Mondadori: bisogna togliere la sovracoperta, operazione mica facile se si ha un anno e le manine grandi quanto petali di fiori, e salire in ginocchio sulla copertina rigida, che in effetti non si vede a cos’altro serva.

“D’altronde, Peter, l’operazione riabilitativa di Armstrong – mi scuso, un po’ piagnucolo, un po’ faccio il bullo e la mia coscienza ne riemerge candida – è fallita proprio per l’inverosimiglianza del contesto; per la commovente incompetenza ciclistica di Oprah (te la vedi, Pietro, a guardare con noi la Coppa Bernocchi su RaiSport2?) resa ancor più drastica dalla traduzione frettolosa dei termini tecnici e da una doppiatrice che s’impegnava a sbagliare sempre la pronuncia del nome Hincapie, del tutto incurante che Auro Bulbarelli l’avesse fatto risuonare sugli schermi nazionali per quindici anni buoni. Ecco, uno guardava il salotto farlocco di Oprah e capiva che la colpa di Armstrong era di non avere mai avuto niente a che fare col ciclismo, che è sport di scabro realismo. Sicuramente ricordi l’abbronzatura da muratore di Eddy Merckx che piangeva sul letto a Savona dopo essere risultato positivo al Giro del ’69, o la maglia grigia girocollo di Pantani a Madonna di Campiglio dopo avere appreso dell’esclusione dalla corsa rosa trent’anni dopo: sono dettagli pasoliniani che non ti sono parsi indossati apposta per l’occasione, no? Erano lì perché erano veri. Armstrong invece, prestato al ciclismo dal triathlon, ossessionato dal merchandising del colore giallo, capace di vincere più Tour di quanti fosse umanamente possibile ma di fatto null’altro, ricorda tutt’al più William F. Cody, in arte Buffalo Bill: che nel 1894, al Trotter di Milano, volle sfidare cavallo contro bicicletta il velocista-panettiere Romolo Buni. Avrebbero corso per tre ore vedendo chi copriva la distanza maggiore, in una gara che non aveva niente a che fare col ciclismo vero. Vinse Buffalo Bill per tre chilometri, ma solo perché cambiò dieci cavalli stremandoli mentre Buni disponeva di una e una sola bicicletta: quella con cui andava al forno ogni notte.”

Pietro, che ora è capace di stare in piedi per quasi quattro secondi prima di cascarsi sulle ginocchia pur conservando un notevole aplomb, si è avvicinato a porgermi un cubetto nero di legno perfettamente levigato che, misteri dell’infanzia, è uno dei suoi giocattoli preferiti, quasi quanto la mucca investita. Allora ho capito che era troppo presto per rivelargli la trista verità, ossia che mentre Armstrong stava seduto sulla poltrona di Oprah, per quanto sulle spine, Pantani si trovava tre metri sotto terra, e questa è la principale differenza fra i destini di due uomini.

[Il resto della rubrica, a opera di Francesco Savio, si trova come ogni lunedì su Quasi Rete.]