lunedì 24 marzo 2014

Non capisco niente di motociclismo - l'unico caso in cui la Moto Gp sia stata in grado di farmi sollevare un sopracciglio d'interesse è stato quando Max Biaggi tentò di centrare in pieno Valentino Rossi che impennava per festeggiare una vittoria - ma temo che, in caso contrario, comunque non sarei in grado di capire la scelta operata da SportWeek per presentare la stagione di corse iniziata ieri. Il settimanale della Gazzetta ha chiesto ai ventitré piloti di scattarsi un selfie che ha corredato di tre tweet di commento. Naturalmente i tweet erano fasulli, sia nel senso che sembravano scritti in prima persona dal pilota ma non lo erano affatto, sia nel senso che trattandosi di frasi pur inferiori ai fatali 140 caratteri ma pubblicate su un quotidiano anziché sull'apposito sito internet non erano, per definizione, dei tweet. Anche i selfie erano sospetti, nonostante che in un angolo di ciascuna fotografia arrivasse il braccio del pilota che teoricamente doveva star reggendo il telefonino; ma la luce e la posa sembravano denunciare quanto meno l'occhio di un professionista se non la sua mano. Paragonate uno di questi selfie a quello celeberrimo fatto davvero a capocchia da star alla rinfusa durante la notte degli Oscar e la differenza è cristallina.

Due conseguenze. La prima è che non so quanto convenga a un mezzo di comunicazione di mimetizzarsi su un mezzo di comunicazione diverso. Perché un giornale dovrebbe vendere più copie pubblicando selfie e tweet come se fosse un sito anziché della carta? Se vado in edicola a comprare un giornale, ci vado perché voglio della carta; se volessi selfie e tweet starei già comodo su internet senza dover uscire di casa. Poniamo che vada di moda la cucina thailandese, che piace a molti ma ad alcuni no: se io fossi il proprietario di una trattoria pugliese, mi converrebbe sostituire alle orecchiette le porcherie che mangiano i thailandesi e che non so nemmeno come si chiamano? Se lo facessi, prenderei comunque gli scarti degli appassionati di cucina esotica che continuerebbero ad andare a mangiare nei ristoranti thailandesi originali. Se invece non lo facessi, raccoglierei attorno a me una minoranza solida, per quanto progressivamente accerchiata, di orecchiettomani fidelizzati.

La seconda conseguenza è che l'editoria italiana crede al potere magico delle parole. Non solo è convinta che basti trasformare un libro in ebook per avere più lettori quando invece, se uno non legge su carta, non leggerà nemmeno senza carta; è anche convinta che le immagini possano essere interessanti solo se sono dei selfie. Non degli autoscatti; dei selfie. Lo so che è uguale, ma è diverso. Ieri Repubblica ha stabilito un nuovo record pubblicando l'immagine di un signore che si è messo completamente nudo in una sala degli Uffizi e spacciandola per selfie nonostante che il soggetto fosse ritratto di profilo e da una distanza di almeno dieci metri. Si vede che, se all'uomo nudo degli Uffizi fosse stata scattata una fotografia, non sarebbe stata sufficiente a diventare una notizia.