martedì 8 aprile 2014

Basta fare un salto a Roma per capire l'Italia, basta fare quattro passi su via del Corso per capire che la principale difficoltà che Matteo Renzi incontrerà nell'abolizione de facto del Senato non sarà mai un vibrante appello firmato da fior di professoroni quanto piuttosto la dura cervice degli italiani. Ero proprio di fronte alla Galleria Colonna (che oggi si chiama Galleria Alberto Sordi ma che continuo a chiamare Galleria Colonna incontrando così il favore dei romani, che però per un qualche motivo di cui non sono pienamente consapevole restano stupiti del fatto che pur passando a Roma di rado e di straforo io persista nel chiamare Piazza della Repubblica col desueto nome di Piazza Esedra) e notavo la nuova tendenza dei postulanti: quegli stessi che un tempo si piazzavano davanti a Palazzo Madama e soprattutto a Montecitorio con l'aspirazione di veder passare qualche volto di politico reso noto dalla tivù, ecco, ora quegli stessi lasciavano deserti i palazzi del potere legislativo e si accalcavano sotto quello del potere esecutivo, Palazzo Chigi; stavo appunto meditando sulle implicazioni politiche di quest'evoluzione dovuta al renzismo subliminale quand'ecco che un ragazzo con forte accento romano è passato davanti a me insieme a un paio di amici che evidentemente erano turisti e per delucidarli, indicando Palazzo Chigi, ha detto "Quello è il Senato", rendendo molto più difficile abolirlo.