mercoledì 7 maggio 2014

Il culo di Paola Bacchiddu mi ha messo in crisi perché sotto ogni elettore si nasconde, più o meno rintracciabile, un essere umano e quindi un maschio. Riassumo gli eventi per mia madre che non è iscritta ai social network: l'ex giornalista del Foglio, ora capo comunicazione della Lista Tsipras, ha pubblicato una sua ragguardevole foto di spalle in bikini con la seguente didascalia: "Ciao. E' iniziata la campagna elettorale e io uso qualunque mezzo. Votate L'Altra Europa con Tsipras".

Una volta riavutomi ho meditato sul fatto che un culo elettorale è un culo ingannevole perché in un mondo ideale il culo es gibt, si dà, è culo in quanto a sé stante e non in quanto veicolo di informazioni come se ci fosse scritto a pennarello "Bevete Chinotto Lurisia". Poi però mi sono chiesto quando pubblicare la foto del mio pacco con scritta sopra l'esortazione a votare Lega, anzi, a votare Lega Nord Per L'Indipendenza Della Padania. Quindi mi sono accorto che la chiave dell'iniziativa della Bacchiddu non era il culo ma la didascalia e in particolare la locuzione "io uso qualunque mezzo". Stava insomma suggerendo un todo modo para buscar la voluntad de Tsipras e, per quanto sbagliasse oggetto e fine, aveva azzeccato due fattori che da cattolico non posso ignorare: l'universalità dei mezzi e la loro soggezione al fine; l'idea che la bellezza possa essere testimonianza e non colpa.

La differenza fra il culo di Paola Bacchiddu e quello delle femministe che si sono spogliate in difesa del suo diritto a spogliarsi sta proprio in questo: la Bacchiddu privilegia il fine, ossia il voto, loro privilegiano il mezzo, ossia il culo; inoltre lei è bella (e solare e ironica) mentre loro, se non tetre, nel migliore dei casi sono stucchevoli come la mesta litania di quelli che da destra polemizzano dicendo che per la sinistra i culi vanno bene solo quando non sono di Mara Carfagna.

C'è un film di Nino Manfredi, Per grazia ricevuta, il cui protagonista è un giovane cresciuto dai frati. Un giorno va a confessarsi tutto turbato dalla bellezza di una giovane che nei dintorni ha giocato a saltacavalla. Il padre confessore gli dice che non c'è niente di male, gioventù e bellezza sono un dono del Signore; Manfredi tuttavia sbotta: "Ma io volevo darle una botta sul sedere! Perché mi succedono 'ste cose? Che segno è?". Allora sbotta pure il frate: "E' segno che ci avrà un bel sedere", e non gli dà nessuna penitenza perché non ha peccato.