martedì 29 marzo 2011

Ieri non so dove ho letto qualcuno lamentarsi che gli italiani sono un popolo di analfabeti. Non ricordo chi fosse ma non importa; ripetono tutti sempre le stesse cose. Chiaramente costui non faceva menzione di libri, in quanto parlava dei processi a Berlusconi, ma metteva in diretta correlazione il fatto che gli italiani leggano poco e niente con l'eventualità che Berlusconi continui a essere rieletto (oppure, non si capiva, che continui a venire bene o male assolto). A me, com'è noto, Berlusconi non interessa. M'interessa invece chiedermi: ma vivono nelle case di marzapane costoro che a ogni pie' sospinto ripetono quant'è bello leggere? Solo perché hanno letto tre libri (di cui uno scritto sicuramente da Saviano), a fronte di una media nazionale di zero virgola zero periodico, questi signori pensano di essere colti e felici. Poverini. Io mi sono convinto che non c'è miglior maniera di individuare gli ignoranti alfabetizzati che sentirli dire che a loro piace leggere. Se ti piace leggere, argomento, vuol dire che o non hai letto abbastanza o non hai letto bene. Leggere è una faticaccia e a me non piace gran che: preferirei giocare a pallone o esercitare il bunga bunga o sbronzarmi su Viale Ceccarini e risvegliarmi come nuovo alle undici del mattino dopo, invece che star lì a piegarmi sulla Cronichetta del Sessantasei o sulla Rélation du Banissement des Jésuites de la Chine o su She Stoops to Conquer o su Non Ti Muovere (tutti libri, per inciso, che non ho ancora letto, perché almeno io - leggendo molto - non ho problemi a riconoscermi sacche d'ignoranza). Allora, mi chiederete, perché leggi? Non leggo per adempiere a un'alta missione di civilizzazione della mia patria né perché coltivo la speranza che a furia di girare pagine finirò per votare Nichi Vendola; leggo perché non so fare altro, perché a giocare a pallone faccio pena e se metto piede su Viale Ceccarini dopo una settimana ho ancora i dolori alle costole, altro che risvegliarmi come nuovo; leggo perché non so andare in bicicletta e non ho la patente né per autovetture né per motocicli, per tacere dei camion; leggo perché non vado al teatro, non vado al cinema, non vado allo stadio, non vado al circo equestre e non vado alla bocciofila; leggo perché sostanzialmente mi annoio da mane a sera; leggo perché insieme alla scrittura è l'unica cosa nella quale io dimostri un certo talento e, avendo il vizio di fare solo ciò in cui posso eccellere al solo scopo di eccellere, più leggo meglio scrivo e dunque è meglio che mi sacrifichi sperando che porti a qualcosa di concreto. Inizio, per la verità, ad averne le palle piene; ma ormai è tardi per imparare ad andare in bicicletta (figuriamoci per diventare campione del mondo di ciclismo su strada) o per imparare a calciare dritto una sfera di cuoio (figuriamoci per vincere il Pallone d'Oro), mentre sul bunga bunga non mi pronunzio: quindi tiro avanti, limitandomi a invidiare Berlusconi che è riuscito a non leggere nessun libro negli ultimi trent'anni, e senza lamentarmi di essere nato in una nazione di analfabeti a molti dei quali piace leggere. Il problema è che alla fine costoro sovente si convincono che a loro deve anche piacere scrivere: e allora per noi lettori istruiti è la fine.

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