sabato 23 luglio 2011

Sul Foglio di oggi un mio paginone racconta la teologia di Dom Calmet, spericolato monaco benedettino che nel bel mezzo dell'Illuminismo tentò per diecimila pagine filate di spiegare razionalmente tutta la Bibbia, versetto dopo versetto. E fallì.

martedì 19 luglio 2011

"Il lavoro - specie se lontano dalla casa d'origine, specie se inchioda tutta la giornata a un metrò o a una scrivania - sottrae alle donne la vita familiare: le priva del passato ma anche del futuro". Questo e altro scrivo su Books Brothers recensendo Ogni donna ama un fascista di Gemma Gaetani, pubblicato da Vallecchi come il suo precedente e geniale Elogio del tradimento del quale avevo già parlato l'estate scorsa.

domenica 17 luglio 2011

Stanotte, mentre io dormivo e voi spero pure, l'Uruguay ha eliminato a domicilio l'Argentina dalla Coppa America. Evviva. Per festeggiare la nazionale più celeste del mondo, e per spiegare i motivi del suo fascino su di me e su qualsiasi persona ragionevole o competente, ripesco da Quasi Rete il panegirico in occasione della qualificazione in extremis agli ultimi mondiali ("Il lato giusto del Rio de la Plata", 20 novembre 2009), la cronaca dell'epica sconfitta in semifinale contro l'Olanda ("Bambino triste come me", 7 luglio 2010) e trascrivo, nientemeno, la cronichetta della madre di tutte le Uruguay-Argentina, ossia la finale del primo Mondiale, tratta dal volume Mondiali: dal 1930 a oggi. La Coppa del Mondo e i suoi oggetti di culto, scritto da me e Gino Cervi e pubblicato da Bolis nel 2010:

Allo stadio Centenario va in scena la finale che tutti aspettavano: i bicampioni olimpici dell’Uruguay contro i bicampioni sudamericani dell’Argentina. Le due nazionali rioplatensi si erano fino ad allora spartite 10 coppe continentali su 12. La rivalità e estrema e scende nei dettagli: pur di accontentare entrambe, l’arbitro belga John Langenus deve far giocare il primo tempo con un pallone più leggero, scelto dagli argentini, e il secondo con uno più pesante scelto dagli uruguagi. Alla fine saranno due partite diverse: al 45’ l’Argentina condurrà 2-1 ma nella ripresa l’Uruguay ritornerà prepotentemente e con tre reti strapperà la conferma definitiva della sua supremazia.
John Langenus è l’arbitro più famoso del tempo: data l’accesissima rivalità tra Uruguay e Argentina, per dirigere la finale aveva chiesto e ottenuto un’assicurazione sulla vita. Quel ruolo doveva tuttavia essere molto ambìto: nell’ora precedente l’arrivo di Langenus allo stadio del Centenario la security aveva fermato ai cancelli ben tredici individui che avevano tentato di spacciarsi per lui.
Apre le marcature l’uruguagio Pablo Dorado con un tiro di potenza. Ribalta l’Argentina coi soliti Stabile e Peucelle ma nel secondo tempo Pedro Cea e Santos Iriarte finalizzano due azioni geniali: un assist in rovesciata di Héctor Scarone e uno slalom di Ernesto Mascheroni. La gloria del quarto goal all’ultimo minuto spetta a Héctor Castro, detto el Manco perché – di professione falegname – tempo addietro aveva lasciato la mano destra sotto una sega elettrica. Resta a secco il miglior uruguagio, la maravilla nigra José Leandro Andrade, prototipo del centrocampista moderno.

sabato 16 luglio 2011

Mi unisco alle celebrazioni degli amici interisti, scesi in strada a festeggiare a suon di clacson lo scudetto del 2006, ripescando dagli archivi del defunto sito Il Resto del Pallone il mio resoconto della loro conferma nell'anno successivo, che com'è noto oscurò la contemporanea affermazione del Milan in Coppa dei Campioni. L'articolo risale al 25 maggio 2007 e si intitola significativamente "Lo scudetto dove lo metto".

mercoledì 13 luglio 2011

Così, al volo, credo che il poco sorprendente scandalo delle intercettazioni illegali compiute da News of the World, allargatosi fino a coinvolgere altre testate del gruppo Murdoch e fino a includere fra le vittime l'allora primo ministro Gordon Brown, debba fungere da lezione a quelli che desiderano una legge sul conflitto d'interesse per evitare ai grandi editori di entrare in politica. Murdoch non ha mai fatto politica attiva ma, come ha recentemente ammesso un ministro laburista, è stato di fatto il membro-fantasma di ogni governo a partire dal 1979, ossia da quando ha posato il suo zoccolo sul suolo britannico. Se si fosse candidato direttamente sarebbe stato sottoposto a un sistema di check and balance che lo avrebbe reso se non innocuo di sicuro meno pericoloso o, nel migliore dei casi, meno inquietante. Per assurdo, un Murdoch leader di partito e primo ministro non avrebbe goduto di tanta finora impune libertà di manovra.

sabato 9 luglio 2011

"Tre quarti del Cristianesimo (cominciando dall'immenso San Paolo) son polemica: i più grandi cristiani sono stati guerrieri, assalitori e difensori: Tertulliano, sant'Agostino, Savonarola, Pascal, Manzoni e mille altri". Così scriveva Giovanni Papini nel 1925, cercando di giustificare la sua formidabile conversione - da ateo furibondo a cristiano devoto ma altrettanto furibondo - che racconto oggi in un intero paginone del Foglio.

mercoledì 6 luglio 2011

Dai postumi dell'annosa vicenda Calciopoli ho ricavato l'impressione che la Juventus sia Strauss-Kahn e l'Inter la cameriera.

domenica 3 luglio 2011

"Non si può dire che i corridori caduti non abbiano colpa perché tutti i direttori sportivi non fanno che ripetere che bisogna stare davanti; ma, come diceva se non erro Shakespeare, se due vogliono stare sullo stesso cavallo uno ha da star dietro". Oggi su Quasi Rete mi lancio nella fenomenologia della caduta di massa alla prima tappa del Tour de France, con il decisivo apporto di Nacho Duque Garcia che ripesca un episodio inquietante del 1989.

sabato 2 luglio 2011

"Il comun denominatore fra le storie dei trenta-quarantenni italiani è l'istintiva, sottaciuta attesa di un lavoro che cali dall'alto, soluzione fuori dal controllo individuale e situazione universale alla quale non ci si può sottrarre": scrivo questo e altro a a pagina 2 del Foglio di oggi, recensendo il primo numero italiano della storica rivista letteraria inglese Granta (l'ha pubblicato Rizzoli). Si parla di Francesco Piccolo, Silvia Avallone, Michela Murgia, Giorgio Vasta e Antonio Pascale.