domenica 29 gennaio 2012

Per un personaggio della caratura di Oscar Luigi Scalfaro è doveroso fare delle eccezioni, ma ritengo che non ci si debba mai accanire su un uomo morto. Tanto per cominciare, quindi, evitate di aggiornare il vostro profilo sui social network scrivendo "E' morto Scalfaro: io ci sto", oppure "E' morto Scalfaro: finalmente possiamo toglierci il bolerino". La notizia è ufficiale, quindi non è necessario andare sul cauto e informare che "Scalfaro è morto, a meno di ribaltoni dell'ultimo minuto". Se vi capita di commemorarlo evitate di definirlo "schiaffeggiatore della patria" o "presidente del consiglio dal 1994 al 1996". E' d'obbligo invece un riferimento alla veneranda età raggiunta dal presidente emerito, che ci ha lasciati a 93 anni; nell'occasione è bene non lasciarsi sfuggire luoghi comuni del tipo "Muore giovane colui che agli dèi è caro", o considerazioni stonate quali "Ci mette sempre un po' a raggiungere il quorum". Non sta bene rimarcare che ora risparmieremo 15.000 euri di tasse al mese. Sappiate che molta gente lo ammira; evitate di consolarla con frasi goffe come: "Non è una grave perdita". Se non sapete che dire e vi rifugiate nel consueto "Se ne vanno sempre i migliori", occhio a non aggiungere distrattamente subito dopo: "Scusate, mi era venuto in mente Cossiga". Concentratevi piuttosto sul lato buono di Scalfaro, senza azzardarvi a sostenere che il suo massimo pregio fu di far risaltare quelli di Ciampi, o che la sua scomparsa lascia nella nostra politica un vuoto colmabile da Lamberto Dini. In circostanze del genere è bene sorvolare su ogni riferimento agli affari del giorno; non dite quindi: "Centrosinistra in crisi di leadership", né tanto meno: "Non credevo che la Lega intendesse procedere così radicalmente nell'abolizione dei senatori a vita". Bisogna assolutamente smentire la notizia che una maga avesse previsto la data della morte di Scalfaro leggendo i fondi neri del Sisde, o che sulla sua morte incomba l'ombra di una trattativa fra Dio e Satana. Apprezzo infine la vostra buona volontà ma non ritengo che sia una buona idea proporre che per onorare la memoria di Scalfaro non vengano sciolte le camere ardenti.
Il cielo sopra San Siro piange per le ragioni più disparate. Potrebbe piangere perché giocano Jesper Blomqvist e perfino Alberto Comazzi (considerate però che nel Cagliari imperversa Scugugia); oppure perché Costacurta abbatte Bettarini in area, forse scambiandolo per Simona Ventura, e causa un rigore che tuttavia Rossi para; oppure perché l'arbitro annulla un goal a Dugarry per il solo motivo che il giovanotto è fortemente antiestetico. Piange perché Savicevis si fa espellere prima che il gioco si faccia duro; oppure perché il proto della Rai è convinto che la sintesi serale del match sia a cura di Ennio Vutanza.


L'anticipo di questa settimana su Quasi Rete è un Milan-Cagliari annata 1997 che avrebbe potuto altrettanto agevolmente intitolarsi "Destinazione Piovarolo". Per chi ha sviluppato una sana dipendenza, c'è sempre il libro.

sabato 28 gennaio 2012

Il governo Monti era stato convocato d'urgenza al capezzale patrio allo scopo di soddisfare un duplice requisito. Il primo era la sobrietà: e vai col sottoministro Martone che dà dello sfigato a chi non si laurea entro i ventott'anni. Io (laureato a ventuno, addottorato a ventisei, fellow a ventotto e già vecchissimo a trentuno) vivo in una città universitaria e posso confermare: questi che si trascinano di appello in appello apparendo e scomparendo dagli atenei a intermittenza sempre più diluita sembrano fatti apposta per incarnare le parole del sottoministro. Poiché viviamo nell'Italia dei livori, una nazione di cecchini schierati e pronti a fucilarti su twitter per ciò che non hai detto ma avresti potuto pensare, sia chiaro che non mi riferisco a quelli che non possono laurearsi entro i ventotto perché hanno potuto iscriversi solo in là con gli anni o perché patiscono impedimenti familiari, professionali o fisici di natura oggettiva; mi riferisco alla maggioranza di coloro che con tutte le circostanze favorevoli non vogliono o peggio ancora non riescono a laurearsi prima che il gallo canti - età che per il sottoministro dovrebbe arrivare coi ventotto ma che io anticiperei ai ventisei, venticinque per fare cifra tonda. Costoro esistono veramente e conosco addirittura delle signorine che ci si sono fidanzate; poi dice che uno diventa misogino.

Il punto era la sobrietà, requisito base di questo governo di filosofi re. Come un sol uomo, tutti sono insorti rimproverando al sottoministro il termine improprio, ritenendo sopra le righe, inadatto e fuori luogo che si dica a degli sfigati che sono degli sfigati; molti inoltre hanno ripescato da non so dove delle informazioni in loro possesso secondo le quali il sottoministro è un raccomandato di Prodi, del Papa e di non so più chi, perché (cito) "in Italia c'è un solo modo di diventare professori sotto i trent'anni", e quindi il solo fatto che il sottoministro abbia un ruolo superiore a quello della media dei suoi coetanei (alcuni dei quali fidanzati con certe signorine che conosco io) è sufficiente a sancire che il sottoministro sia colpevole beneficiario di favori indebiti. Ecco dunque la sobrietà all'italiana: la logica vorrebbe che una verità, foss'anche pronunziata da Barbablù o da Leonarda Cianciulli o addirittura da Marco Travaglio, restasse vera indipendentemente dall'identità dell'assertore; e invece noi ci organizziamo in maniera tale che, appena uno esprime un concetto anche solo vagamente rispondente al vero sotto gli occhi di tutti, si individua immediatamente una colpa da rinfacciargli per confutarlo in toto. Così, di riffa o di raffa, il sottoministro s'è dovuto rimangiare la sua affermazione. Come diceva quello, "si quelqu'un excelle parmi nous, qu'il aille exceller ailleurs": alla fine lo sfigato è colui che all'età in cui gli altri si laureano è già professore.

Tanto basti per l'epidemia di sobrietà che il governo doveva scatenare fra gli italiani. Il secondo requisito era la stabilità: e vai con lo sciame sismico.

venerdì 27 gennaio 2012

Sono saggio abbastanza da non contemplare sul  mio calendario nessuna ricorrenza che non sia sacra; pertanto che oggi sia il giorno della memoria o la liberazione o la sagra del bicarbonato di sodio o l'anniversario del Mundial '82 mi è completamente indifferente: ritengo che una persona non debba cambiare priorità o, peggio, idee a seconda di quello che trova scritto su un'agendina. Propongo però che il giorno della memoria venga ribattezzato "giorno dell'improvviso sovvenire": è più adatto alla sua utenza, in larga parte composta da un ceto medio riflessivo che passa la data odierna a struggersi davanti a film o articoli a tema preconfezionato ma  dal 28 gennaio dell'anno prima al 26 gennaio dell'anno è colta da amnesia e vota antisionista perché è più chic.

giovedì 26 gennaio 2012


L’evento di macroscopica blasfemia è per definizione evidente ai più e quindi non necessita di un’apposita operazione di risveglio delle coscienze; protestare rumorosamente significa ammettere di non credere che dentro ogni uomo aliti una fiammella di coscienza capace di ispirare la repulsione quando è il caso.

Questo è solo uno degli errori di calcolo commessi dall'opinione cattolica che ha protestato contro la rappresentazione Sul concetto di volto nel Figlio di Dio di Romeo Castellucci. Sul Foglio in edicola oggi elenco gli altri, compreso uno enorme che sembra essere sfuggito a molti, con annesso détour su Marco Paolini, Galileo e Ratzinger.

martedì 24 gennaio 2012

Allora, sono centocinquant'anni, ormai quasi centocinquantuno. Togliamo nove anni in cui non c'era ancora la capitale naturale e quindi non si può dire che fosse a regime. Togliamo quarant'anni di colonialismo fallimentare. Togliamo vent'anni di dittatura. Togliamo cinque anni di guerra civile coi suoi strascichi. Togliamo dodici anni di terrorismo bicolore. Togliamo una decina d'anni di corruzione politica su scala troppo vasta per risultare endemica. Togliamo diciassette anni in cui abbiamo parlato solo di Berlusconi e degli antiberlus-cloni. Restano il baffuto decennio fra il 1870 e il 1880 e i ruggenti anni del frigidaire, grossomodo fra il 1950 e il 1968. Garibaldi, ne valeva la pena?

lunedì 23 gennaio 2012

Come sempre ogni quattro anni ci accorgiamo di non avere ancora scoperto del tutto l'America: gli analisti italiani ed europei pubblicano le loro brave previsioni sull'andamento delle elezioni presidenziali e nel giro di due o tre turni di primarie vengono spernacchiati. L'ultima era che Newt Gingrich non sarebbe riuscito a  impensierire Mitt Romney: quest'ultimo è così sfacciatamente impeccabile mentre Gingrich, oltre a sembrare la versione divertente di Benny Hill, è un insolente che ha abbandonato la moglie, per giunta ammalata, in favore dell'amante, per giunta bionda, dopo avere proposto alla prima un ménage à trois con la seconda. Come potrebbe mai un farabutto del genere porsi sullo stesso piano di un Obama, con la sua famiglia da Mulino Bianco, la moglie salutista, il cane sul biglietto di auguri natalizi e due deliziose figliuole che non vede l'ora di far abortire? E infatti Gingrich ha vinto le primarie repubblicane del South Carolina rimontando circa venti punti a Romney mentre questi puntava tutto sull'infingardaggine sentimentale del rivale. Da questo turno di primarie possiamo ricavare due insegnamenti. Il primo è che agli Americani interessa di più la politica che il letto; siamo noi che siamo rimasti fuori moda. Il secondo è che d'ora in poi le signore del South Carolina bene guarderanno con occhi ben diversi i propri mariti.

venerdì 20 gennaio 2012

Nel maggio 1998, quando ero a un mesetto dagli esami di maturità, l'Inter e la Lazio si erano date appuntamento per la finale di Coppa Uefa; tutto nella norma, in teoria, visto che un'apprezzabile abitudine del calcio italiano degli anni '90 era di organizzarsi in casa le finali di tale competizione: Juventus Fiorentina nel 1990, Inter-Roma nel 1991, Juventus-Parma nel 1995. Alle volte una delle due possibili contendenti restava impigliata in semifinale per via di chissà quali congiunzioni astrali ed è così che è saltata, tanto per ricordare la più prestigiosa, la finalissima fra Torino e Genoa del 1992. Nel maggio 1998, mentre io cercavo di distinguere il latino dal greco, Inter e Lazio si erano date appuntamento per rinverdire questa tradizione.

Quest'apparentemente consueta finale di Coppa Uefa fra Inter e Lazio è l'anticipo di questa settimana su Quasi Rete. Se non vi basta, c'è sempre il libro.

mercoledì 18 gennaio 2012

"Ci sono delle persone intrappolate a bordo. Adesso lei va con la sua scialuppa sotto la prua della nave lato dritto. Lei sale su quella biscaggina e va a bordo della nave. Va a bordo e mi riporta quante persone ci sono. Le è chiaro? Guardi che lei si è salvato forse dal mare ma io la porto... veramente molto male... le faccio passare un'anima di guai. Vada a bordo, cazzo! Lei adesso prende e va a bordo. Mi assicuri che sta andando a bordo. Che sta facendo? Che sta coordinando da lì? Vada a bordo. Coordini i soccorsi da bordo. Lei si rifiuta? Lei si sta rifiutando di andare a bordo? Mi dica perché non ci va! Lei vada a bordo, è un ordine. Lei ha dichiarato l'abbandono nave, adesso comando io. Lei vada a bordo, è chiaro? Non mi sente? Vada, mi chiami direttamente da bordo. E che, vuole tornare a casa?  E' buio e vuole tornare a casa? Salga sulla prua della nave tramite la biscaggina e mi dica cosa si può fare, quante persone ci sono e che bisogno hanno. Ora! Adesso va a bordo; va a bordo!". Abbiamo trasmesso le parole che l'8 novmbre 2011 la capitaneria di porto del Quirinale non ha detto al comandante di Palazzo Chigi.

martedì 17 gennaio 2012

Dunque, ricapitoliamo. La situazione peggiora, la crisi incalza, lo spread decolla, la borsa tracolla, le banche si svuotano, le tasse aumentano, gli stipendi diminuiscono, i tedeschi comandano, i francesi s'incazzano, gli albanesi muoiono come mosche, i cinesi vengono uccisi, i magrebini prima uccidono e poi s'impiccano, i giovanotti spariscono, le signorine vengono fatte sparire, i consiglieri vengono arrestati, i poliziotti vengono investiti, i carcerati evadono, i commercianti pure, il centro viene chiuso al traffico, Pompei cade a pezzi, il Colosseo pure, Rivera balla, le navi affondano, l'Inter vince. E pensare che un tempo era colpa di Berlusconi.

lunedì 16 gennaio 2012

Sto vanamente cercando un termine che descriva il mio sentimento alla notizia (inattesa, non sapevo che i termini della condanna decorressero oggi) del ritorno in libertà di Adriano Sofri. Entusiasmo? Contentezza? Serenità? Equanimità? Inutile, posso rigirare il vocabolario finché voglio ma non riuscirò a trovare nessuna parola che corrisponda alla seguente definizione: "Sentimento che si prova nel momento in cui si comprende che ogni possibile divergenza ideologica e tutte le più caute distinzioni intellettuali sono  incommensurabilmente minutissime di fronte alla consapevolezza che una persona che si legge e si ammira quotidianamente possa fare la sua prima passeggiata dal 1990 senza dover necessariamente dire dove va".

sabato 14 gennaio 2012

Non è vero che è semplice fare grandi cose, non importa se all'ottavo o al quarantacinquesimo o magari al cinquantaduesimo minuto l'auspicabile sembra avere la meglio sull'ineluttabile; alla fine vince sempre l'Inter, al novantesimo la vita è scabra e dei tentativi più coraggiosi non resta che il buco nell'acqua.

Su Quasi Rete l'anticipo di questa settimana è una cronaca sentimentale di Catania-Roma 1-1 del maggio 2008.

giovedì 12 gennaio 2012

Fra i Mille ce n'era uno che si chiamava Tedesco ma nel corso della rotta volle cambiarsi il cognome per disprezzo della nazionalità che esprimeva. Fu troppo zelo: il nemico era in realtà l'austriaco, ma similia cum similibus. Quando morirò andrò subito in infera ricerca di questo ex-Tedesco e gli racconterò come abbiamo celebrato il centocinquantesimo dell'unificazione d'Italia, che se non gli costò la vita quanto meno gli mise addosso un po' di cacarella al sibilare delle cannonate regie: abbiamo preso uno che ne avrà fatte di ogni ma almeno ha iniziato la propria carriera politica esordendo in un videomessaggio con "l'Italia è il paese che amo" e l'abbiamo sostituito con un altro che in attesa di andare a incontrare il cancelliere della Germania rilascia un'intervista a un quotidiano molto letto in Germania in cui dichiara solennemente, tanto per far capire la differenza ai più distratti: "Io amo la Germania".

martedì 10 gennaio 2012

La dura realtà dei numeri vale più di cento trattati socioreligiosi. Domenica scorsa ero a Messa a Gravina ed eravamo circa in cinquanta; nei giorni immediatamente precedenti in Somalia i soliti mussulmani avevano trucidato quarantaquattro cristiani per la sola colpa di essere cristiani. Se Gravina fosse stata in Nigeria, dell'intera messe di fedeli della domenica mattina ce la saremmo cavata in cinque o sei. Per fortuna una buona quindicina degli astanti non era composta da gravinesi ma da africani. Non c'è verso di sapere di dove vengano poiché il sacerdote continua da mesi a riferirsi loro come "i nostri amici africani" e loro, senza questionare l'amicizia, si sorbiscono un paio di chilometri a piedi per raggiungere la parrocchia, arrivano in anticipo, siedono ai primi banchi e cantano a cappella arrangiandosi alla bell'e meglio; in cambio ricevono la sintesi della predica nelle principali lingue coloniali. A fine Messa la benedizione però è in Inglese e noialtri ci adeguiamo perché in tutti i casi si risponde "Amen". Gravina non è in Nigeria e a fine Messa siamo usciti tutti sani e salvi ma magari c'è qualche speranza che dall'Africa venga qualcun altro a evangelizzarci.

venerdì 6 gennaio 2012

Per ragioni di salute, ovunque mi trovi, pure quando non ho da uscire cerco di fare una passeggiata al mattino e una al pomeriggio. Gli effetti possono talora essere illuminanti. Ieri, per esempio, a Gravina mi sono trovato dietro una coppia di adolescenti - sui quattordici, forse quindici anni  che procedevano tipicamente abbracciati l'uno con le mani nella tasca posteriore dei jeans dell'altra. Parlavano evidentemente di un terzo assente. Lui, a voce più alta, dice in dialetto (ma traduco a vostro beneficio):
"Il giornalista deve fare?"
"Sì" dice lei, "in un anno ha già fatto due esami."
Confabulano un altro po' sottovoce finché non riesco a udire distintamente lei che proferisce:
"Li ha già fatti ventidue anni."
Non c'è bisogno di sapere altro. Li supero consapevole di avere finalmente scoperto il perché di tante cose che ho letto sui quotidiani o sentito dai telegiornali.
Non ci si bagna due volte nelle stesse acque e mai si assiste due volte alla medesima partita. Prendiamo un esempio pratico: nell'ultimo quarto di secolo Lecce-Juventus è capitata per due volte all'ultima giornata chiudendosi in entrambi i casi con lo stesso punteggio. Eppure un'analisi al microscopio delle due partite teoricamente uguali fa emergere differenze anche significative.

Su Quasi Rete l'anticipo di questa settimana è Lecce-Juventus 2-3 del 27 aprile 1986 e del 28 aprile 1990. Se non vi basta e temete la crisi di astinenza, potete sempre comprare l'aureo libretto che ho scritto con Francesco Savio e che si chiama appunto Anticipi, posticipi.

mercoledì 4 gennaio 2012

Si sono fatte infinite ironie sull'apostrofo malandrino sfuggito ai polpastrelli di Roberto Saviano, reo di avere infilato un bel "qual'è" su twitter. Baggianate, càpita: lo ha spiegato con ampia cognizione di causa Beppe Severgnini dimostrando more geometrico che proprio quell'apostrofo è il marchio di qualità di twitter, che permette alle bookstar di esprimersi senza l'inutile filtro di uffici stampa o editor, nonché il marchio di qualità di Saviano stesso, che su twitter preferisce rivolgersi ai suoi lettori donandosi senza intermediazione alcuna. Quell'apostrofo, anzi quel apostrofo, è la certificazione che non si trattava solo degli ipsissima verba di Saviano ma addirittura degli ipsissima polpastrella; non è un apostrofo, è una reliquia. Un po' come Melissa P., che utilizzava due grammatiche differenti a seconda che scrivesse sui libri o sul blog, in maniera tale da rivolgersi ai suoi confidenti senza l'inutile filtro del manuale di seconda media;  un po' come Niccolò Ammaniti, che con le mie orecchie ho sentito dire pubblicamente "Vorrei che parla", in maniera tale da rivolgersi ai propri uditori senza l'ingannevole intermediazione del congiuntivo imperfetto. Si sono fatte infinite ironie sull'apostrofo malandrino sfuggito ai polpastrelli di Roberto Saviano ma nessuno ha rivelato che, per eliminare ogni distanza fra monologhista e spettatori, il titolo della sua nuova trasmissione su La7 sarà Vieni via con m'è.

martedì 3 gennaio 2012

Questa settimana Panorama saluta il 2012 con un sorrisone giallo stilizzato in copertina. Sostiene che nel corso dell'annus horribilis appena trascorso (horribilis per voialtri; per me è stato comunque meglio del 2010; le generalizzazioni non reggono giammai) alcune buone notizie inosservate possono far ben sperare per i mesi a venire. Dunque speriamo, anzi, ben speriamo: però un'analisi più approfondita delle notizie in questione rivela che in realtà c'è solo da essere terrorizzati. Più che di effettive buone notizie si tratta infatti di rimedi, talora incerti, a molestissime disgrazie incombenti: la malaria, il tumore al seno, cuori che non funzionano più, occhi che non hanno mai funzionat, apparati circolatori che funzionano ancor meno... La fotina di una coppia intenta a un acrobatico coito non vuol dire che nel 2012 finalmente si scopa ma che la possibilità di "iniziare la triplice terapia con antiretrovirali in una fase visione dell'infezione riduce del 96% il rischio di trasmettere l'Aids", e che dunque nel 2012 scopare sarà leggermente meno pericoloso che nel 2011, beninteso una volta premuniti di adeguata consulenza medica prima durante e dopo l'intercorso. In questo contesto, non si sa come interpretare il dibattito sulla prossima fine del mondo nella doppia pagina centrale: non si sa se preoccuparsi di più per il possibilismo catastrofista di un biologo membro del Centro ufologico nazionale, della cui esistenza non dubitavo pur ignorandola, o perché a svelare l'infondatezza delle previsioni apocalittiche è stato convocato Alessandro Cecchi Paone.

lunedì 2 gennaio 2012

Se qualcuno nutriva dubbi sul fatto che il bando dei botti di fine anno a opera di vari sindaci sortisse un effetto diverso dalla moltiplicazione degli infortuni dovuti ai medesimi botti, evidentemente non ha mai imparato che la proibizione è la più ampia strada che conduca alla licenza. Inoltre le morti e i ferimenti da esplosivo rudimentale sono la conseguenza collaterale della non geniale strategia comunicativa dei sindaci, che hanno incentrato il motivo della proibizione sullo spavento che i botti causano agli animali invece che alle vecchiette o ai bambini o ai deboli di cuore o ai duri d'orecchio che non possono sopportare rumori forti e improvvisi pena la completa sordità. Il mondo va così, fra uomo e animale è in atto da millenni un misterioso gioco a somma zero e se si difendono troppo i diritti degli animali alla lunga si finisce per ledere i diritti degli uomini: il diritto al calore e alla bellezza per non trasformare le volpi in pellicce, il diritto alla conoscenza scientifica per non trasformare  i criceti in cavie, il diritto al piacere del palato per non trasformare i cavalli in bistecche, il diritto alla qualità degli utensili per voler sostituire la plastica al corno e così via. Detto questo, l'annosa questione dei botti di fine anno presenta una soluzione che non solo salverebbe la capra del divertimento e i cavoli della sicurezza ma è altresì sotto gli occhi di tutti. Funziona in questa maniera: il 30 novembre ogni comune sgombra un ampio stabile abbandonato in periferia; dall'1 dicembre e per tutto il mese le forze dell'ordine esercitano ronde costanti per individuare chi possieda esplosivi di stagione; gli esplosivi sequestrati vengono accumulati nello stabile di cui sopra, dove vengono rinchiusi anche i possessori; alla mezzanotte del 31 dicembre si accende la miccia. L'effetto è garantito.