mercoledì 4 gennaio 2012
Si sono fatte infinite ironie sull'apostrofo malandrino sfuggito ai polpastrelli di Roberto Saviano, reo di avere infilato un bel "qual'è" su twitter. Baggianate, càpita: lo ha spiegato con ampia cognizione di causa Beppe Severgnini dimostrando more geometrico che proprio quell'apostrofo è il marchio di qualità di twitter, che permette alle bookstar di esprimersi senza l'inutile filtro di uffici stampa o editor, nonché il marchio di qualità di Saviano stesso, che su twitter preferisce rivolgersi ai suoi lettori donandosi senza intermediazione alcuna. Quell'apostrofo, anzi quel apostrofo, è la certificazione che non si trattava solo degli ipsissima verba di Saviano ma addirittura degli ipsissima polpastrella; non è un apostrofo, è una reliquia. Un po' come Melissa P., che utilizzava due grammatiche differenti a seconda che scrivesse sui libri o sul blog, in maniera tale da rivolgersi ai suoi confidenti senza l'inutile filtro del manuale di seconda media; un po' come Niccolò Ammaniti, che con le mie orecchie ho sentito dire pubblicamente "Vorrei che parla", in maniera tale da rivolgersi ai propri uditori senza l'ingannevole intermediazione del congiuntivo imperfetto. Si sono fatte infinite ironie sull'apostrofo malandrino sfuggito ai polpastrelli di Roberto Saviano ma nessuno ha rivelato che, per eliminare ogni distanza fra monologhista e spettatori, il titolo della sua nuova trasmissione su La7 sarà Vieni via con m'è.