venerdì 30 settembre 2011

Secondo me la vera discriminante nella definizione dell'ardore calcistico sta nella divisione fra i sostenitori della tinta unita e quelli della striscia. La tinta unita si rifà agli albori del calcio, quando la Juventus indossava una camiciola rosa à la Catherine Spaak, e non a caso definisce in particolare la decaduta aristocrazia piemontese: tutto nero (salva la stella) il Casale, tutta bianca la Pro Vercelli, tutto grigio l'Alessandria; e tutto orgogliosamente granata il sempre grande Torino.

Va bene, ma se poi dalla Liguria arriva una squadra con strisce orizzontali bianche, rosse e nere come la mettiamo? In un insolito anticipo di Serie B per Quasi Rete oggi imbastisco una teoria artistico-cromatica per raccontare cause e conseguenze della finale di Coppa Italia fra Sampdoria e Torino nel 1988.

giovedì 29 settembre 2011

Gli ideatori della Generazione TQ sono stati sagaci abbastanza da non inserire in nessuno dei loro tre manifesti fondativi la parola "crisi", perno riconosciuto delle derive più stucchevoli della letteratura ombelicale.

Sul nuovo numero di alfabeta2 però gli adepti della medesima Generazione TQ si lasciano andare a considerazioni lacrimevolissime sul destino proprio e sull'altrui, tanto che a stento mi sono trattenuto dall'interpretare la loro sigla come "Tristoni Quaresimali" (fra parentesi, un critico letterario che mi prega di tacere il suo nome suggerisce che si potrebbe chiamarli Generazione T9, visto che talvolta pare che scrivano attivando il riempimento automatico). Poiché mi spiace che la gente soffra, sul Foglio in edicola oggi suggerisco loro un inatteso antidoto che possono trovare in Malafede, romanzetto (nel senso che è un romanzo breve) pubblicato da Lantana e scritto da Maurizio Cotrona, allievo di origine tarentina del noto gesuita Antonio Spadaro.

mercoledì 28 settembre 2011

Oggi si vota la fiducia o sfiducia al ministro Francesco Saverio Romano. Io non sono parlamentare quindi l'unica cosa che posso fare è ricordare tremebondo il momento in cui esso ministro ha fatto per la prima volta irruzione nella mia inconsapevole vita: la cronaca si può leggere qui.

martedì 27 settembre 2011

Io non ho molta dimestichezza con l'Oriente e non so come rivolgermi al signore col lenzuolo in testa che governa più o meno assolutisticamente sull'Arabia Saudita; non so se dargli del lei, del voi, del loro; non so se chiamarlo Maestà, Serenità, Eminenza, Lup. Mann., Ragioniere, Sultano, Pascià, Gran Visir; non so se sia più educato parlargli per interposta persona rivolgendomi al suo segretario o al suo ciambellano; non so nemmeno in che lingua esporgli il mio pensiero e non sono affatto sicuro che vorrà prestarmi ascolto. Comunque. Visto che ha voluto mostrarsi al passo coi tempi moderni concedendo pian pianino alle donne l'elettorato attivo e passivo, gli propongo di sorbirsi un paio di dibattiti fra Rosy Bindi e Daniela Santanché, di spulciare qualche proposta di legge di Mara Carfagna, di scandagliare le ragioni che spingono Ségolène Royal a candidarsi contro il suo ex simil-marito, di seguire l'astringente logica con la quale sul Guardian di oggi Yvette Cooper (ministro ombra degli Affari Interni) spiega che la politica di Conservatori e LibDem è dannosa per le signore le quali devono quindi votare in massa per i Laburisti. Dopo di che, se volesse dimostrarsi già al passo coi tempi futuri, almeno l'elettorato passivo potrebbe revocarlo nel nome di Dio clemente e misericordioso.

lunedì 26 settembre 2011

Certo che per scrivere in un comunicato ufficiale del ministero che i famosi neutrini sono rotolati più veloci della luce in un tunnel che collega segretamente Ginevra al Gran Sasso ci vuole un'ingenuità quasi pari a quella che ci vorrebbe per credere che i comunicati ufficiali di un ministero siano scritti di proprio pugno dal ministro.

sabato 24 settembre 2011

Finalmente una giornata trionfale per la scienza italiana. Ieri siamo andati a coricarci tremebondi dopo che il Tg5 aveva annunciato che rottami di satellite stavano per abbattersi su Lombardia, Veneto o Emilia e stamattina ci siamo svegliati col Tg5 che annunciava come i medesimi rottami stessero invece per abbattersi su Canada, Australia o Africa (siamo lì). In compenso degli studiosi chiusi in un laboratorio al centro del Gran Sasso (almeno così s'è capito) hanno scoperto che alcuni neutrini vanno a velocità superiore a quella della luce. Se confermata, la scoperta sarebbe epocale in quanto paragonabile all'idea che un proiettile parta dalla canna di un fucile prima che io prema il grilletto. Ciò sconvolgerebbe il principio di causa/effetto sul quale si sono basate da qualche millennio le nostre vite, darebbe il definitivo calcio in culo ad Aristotele e fornirebbe una spiegazione irrefragabile del comportamento di alcune amiche mie.

venerdì 23 settembre 2011

Onorevole Giacomino, salute. Oramai è troppo tardi ma sarei stato curioso di conoscerti di persona e non solo tramite i puntuali commenti su Telemontecarlo, quando per carpire il contenuto tecnico di Galagoal dovevo farmi forza e deconcentrarmi dallo sgabello di Alba Parietti (ero un bambino precoce, quasi prodigio).


Su Quasi Rete l'anticipo di questa settimana è Bologna-Inter 2-0 del 7 giugno 1964: ci troverete una lettera postuma a cuore aperto, il resoconto di un giugno bolognese di molti anni dopo, le avventure di un dotto tedesco che scambia i santi per arbitri, le vignette di Marino Guarguaglini, il latino di Renato Dall'Ara, una foto colorata artificialmente e la parola "itifallico".
Questa volta è inutile che vi scriva una frasetta o due di anticipazione in quanto, fuori dal contesto, qualsiasi citazione perderebbe di senso. L'unica è che andiate in edicola a comprare Tempi di questa settimana dove troverete una mia lunga disputa teologica sul ruolo della donna nella Chiesa Cattolica. Ne parlo con Michela Murgia, autrice di Ave Mary (Einaudi), che ha fornito al riguardo delle dichiarazioni inedite; il tutto condito da una rivelazione niente male sul femminismo di un Ratzinger d'antan, quando non era ancora né cardinale né vescovo.

giovedì 22 settembre 2011

La propensione di Berlusconi all'asserzione di una verità difforme da quella che l'oggettività sembra talvolta esigere sarebbe non solo figlia del Vattimismo ma nipote per linea direttissima della ritrita boutade di Nietzsche: "Non esistono fatti, solo interpretazioni".


Sul Foglio di oggi il resoconto della lezione magistrale sul Nuovo realismo che Maurizio Ferraris ha tenuto sabato 17 a Carpi nell'ambito del Festival Filosofia e la segnalazione di alcune buone notizie che dalla polemica contro il Pensiero debole possono trarre Berlusconi e il Papa.

mercoledì 21 settembre 2011

Secondo Pierluigi Bersani per risolvere i problemi dell'Italia è anzitutto necessario che Berlusconi si dimetta. Secondo Nichi Vendola per risolvere i problemi dell'Italia è anzitutto necessario che Berlusconi si dimetta. Secondo Antonio Di Pietro per risolvere i problemi dell'Italia è anzitutto necessario che Berlusconi si dimetta. Secondo Eugenio Scalfari per risolvere i problemi dell'Italia è anzitutto necessario che Berlusconi si dimetta. Secondo Susanna Camusso per risolvere i problemi dell'Italia è anzitutto necessario che Berlusconi si dimetta. Secondo Emma Marcegaglia per risolvere i problemi dell'Italia è anzitutto necessario che Berlusconi si dimetta. Secondo Gianfranco Fini per risolvere i problemi dell'Italia è anzitutto necessario che Berlusconi si dimetta. Perfino secondo Pierferdinando Casini per risolvere i problemi dell'Italia è anzitutto necessario che Berlusconi si dimetta. Ora, è innegabile che un giorno, di riffa o di raffa, per necessità o stanchezza, per dichiarare sconfitta o missione compiuta, Berlusconi si dimetterà; e c'è una puntata del noto cartone animato in cui Wile Coyote riesce finalmente ad afferrare Beep Beep ma mentre lo tiene per il collo estrae da non si sa dove un cartello con la scritta: "Volevate che lo acchiappassi. Ora che devo fare?".

martedì 20 settembre 2011

Uno dei punti di contatto fra me e Michela Murgia è che secondo lei le francesi sono tutte nude anche quando girano vestite mentre io sostengo che le inglesi siano sempre vestite anche quando si fanno fotografare nude. Ne parla lei nel suo blog in un intervento dal moraviano titolo "L'uomo che guarda".

Poiché per correttezza è bene che vi segnali anche qualcosa di scritto da me, potete condire la lettura del testo di Michela Murgia con:
un divertissement autobiografico scritto reagendo a caldo alla mia prima visita a Parigi;
- la spiegazione del motivo per cui, se avesse la Ghirlandina, Parigi sarebbe una piccola Modena;
- e del perché, se avesse la Feltrinelli, Parigi sarebbe una piccola Roma;
- e inoltre del perché, se avesse l'underground, Parigi sarebbe una piccola Londra;
- per culminare in un mio istruttivo dialogo con una professionista locale;
- e soprattutto nel momento in cui stavo per fare la fine di Dominique Strauss-Khan.

giovedì 15 settembre 2011

Domani inizia il Festival Filosofia di Modena (e provincia, finché non la aboliscono). Come ormai da anni, sarò presente in tutto il mio splendore. Ecco il dettaglio dei miei impegni pubblici:

Venerdì alle 21, nel piazzale Avanzini Sassuolo, presento la lezione magistrale di Roel Sterckx, Energia vitale: il cosmo nel pensiero cinese antico.

Sabato, alle 11:30, nel piazzale Re Astolfo di Carpi, presento la lezione magistrale di Maurizio Ferraris, Nuovo realismo.

Ancora sabato, alle 16:30, nella Piazza Grande di Modena, presento la lezione magistrale di Alva Noe, Coscienza e cervello.

Sempre sabato, alle 18, nella Chiesa San Carlo di Modena, leggo Nudità, il testo della lezione magistrale di Jean-Luc Nancy che non potrà essere presente.

Nel resto dei tre giorni sarà abbastanza facile trovarmi nei pressi della sala stampa del Festival.
Il miglior spot elettorale della prima, della seconda e della terza repubblica fu opera del Partito Socialista Italiano, o quel che ne restava dopo essere stato travolto da Tangentopoli. Mostrava Bettino Craxi intento a confabulare istituzionalmente con qualche capoccione estero finché, nel giro di pochi secondi, l'immagine si oscurava e una voce femminile fuori campo annunziava: "Abbiamo trasmesso per errore alcune immagini di quando, sotto il governo del PSI, l'Italia era la quinta potenza economica mondiale". 

Per scoprire cosa c'entri tutto ciò con la finale di andata di Coppa Uefa, edizione 1990-'91, è necessario leggere il mio anticipo su Quasi Rete: Inter-Roma 2-0.

mercoledì 14 settembre 2011

Gravissimo il caso del Criterium du Dauphiné, che ogni anno è la più spettacolare breve corsa a tappe dell’estate nonostante che la regione del Delfinato risalga all’ancien régime: di fatto si estende fra Isère, Drôme, Hautes-Alpes e perfino Val di Susa. Tale precedente potrebbe giustificare un Giro del Lombardo-Veneto o dello Stato Pontificio.

Piccola storia della geografia immaginaria del ciclismo, con alcune sagaci notazioni letterarie, nel tentativo di contrastare l'argomentazione che, siccome la Padania non esiste, allora non deve esistere nemmeno il Giro di Padania. Su Quasi Rete.

martedì 13 settembre 2011

Mancano tre giorni all'inizio del Festival Filosofia di Modena (da venerdì 16 a domenica 18 settembre) e per prepararsi spiritualmente un po' di ripasso non sarebbe male. Ad esempio si potrebbe rivedere la lezione magistrale di Alessandro Bergonzoni a Sassuolo durante l'edizione 2010, letteralmente travolgente nonostante la mia introduzione pedantesca. A onor del vero bisogna ammettere che io ho parlato cinque minuti e Bergonzoni (che il lapsus malandrino di un giornalista locale trasformò in Berlusconi) non so, qualcosa come cinque ore.

Il mio punto era che Bergonzoni è uno scrittore vero (per usare i criteri di Mariarosa Mancuso, ha un mondo e una lingua - e che lingua). Lo dimostra il racconto Ecco i come mai, una "apologia di creato" inserita in un'antologia di minimum fax curata da Giorgio Vasta e intitolata Anteprima nazionale. La triste verità era che di quest'antologia i due pezzi migliori erano quelli opera di Bergonzoni e di Ascanio Celestini, come si poteva intuire anche da una mia recensione al riguardo sul Foglio, mentre quelli degli scrittori di professione lasciavano un po' a desiderare (tranne qualche vorticosa pagina di Giuseppe Genna).

Il punto di Bergonzoni era invece dimostrare di riuscire a parlare ininterrottamente (anche se a un certo punto l'ho interrotto perché temevo per le sue coronarie, oltre che per le sue corde vocali) servendosi di un malloppo di appunti manoscritti largo quanto una risma di carta da stampante e che, posto sul tavolo del conferenziere, è rimasto lì intonso perché ha fatto tutto a memoria, anzi - più spaventoso ancora - a braccio.

Se non ci credete, potete mettere il dito nella piaga guardando il video integrale (in cinque parti) dell'intervento di Bergonzoni, e poi ditemi se non avevo ragione a fargli da spalla.

lunedì 12 settembre 2011

Quanto basta per giudicare un romanzo? Alle volte temo di eccedere ma leggendo Uomini e cani di Omar Di Monopoli ho trovato conferma che possono bastare due lettere: emme-o. Se "mo" contravviene alla lezione di Dante che nel XXXI del Paradiso muove gli occhi "mo su mo giù e mo recirculando", se "mo" è scritto con l'apostrofo come se fosse l'abbreviazione di "modo" invece che una particella temporale, allora è altamente probabile che siano guai. Omar Di Monopoli piazza dei bei "mo" apostrofati e, ritenendosi implicitamente superiore a Dante (che forse ignora), scrive il resto del romanzo di conseguenza: pesco fior da fiore. Una competizione elettorale descritta con un qualunquismo corrispondente in pieno allo stile convenzionale della prosa. Una "locale macchina elettorale" che "si era messa in moto di buon mattino": al sabato, perché quando il gioco si fa duro i romanzieri duri non rispettano il silenzio elettorale. Luoghi comuni che a furia di essere rimasticati sfidano la geografia patria, come quando una giovane rientrata in Salento dal Nord Italia dice che a Bologna "un mare così se lo sognano" (il mare di Bologna è, com'è noto, oltremodo inquinato). Personaggi che parlano come calciatori intervistati da Enrico Varriale: "Essere arrivato oggi qui dove sono è diventato per me un traguardo importante". L'abuso di stereotipi linguistico-sociali: "Abbiamo vissuto con le pezze al culo ma la pagnotta non ci è mai mancata". Il chiaro disagio nel tentativo di esprimersi in forme originali che risultano lambiccate se non surrealmente burocratesi: "L'esile donnina in tuta da ginnastica acetata cui quegli occhi appartenevano" (alla tuta?)". Il momento spaghetti western: "Il vecchio aveva riservato per sé la sua ultima cartuccia". Il momento James Bond: "La bocca di Mariuccio Minghella si rilassò in un sorriso viscido. Dannatamente viscido". Una licenza che continua "a passare di mano in mano senza trovare rigetto" invece che ricetto. Addirittura "tre marziali coppie di carabinieri, ognuna delle quali trainate" eccetera eccetera. L'insistenza sulla particella "quel". L'insistenza sulla locuzione "una cazzo di". L'insistenza sulla locuzione "una dannatissima". La sperimentale, sorprendente combinazione "una cazzo di dannatissima". Un onesto riconoscimento dell'influenza lessicale dei fumetti: "Alla fine, l'aveva acciuffata" (come ha notato un'amica, l'autore fa uno sforzo per mantenersi un centimetro al di qua di "corpo di mille balene"). Tutto questo perché ho la pessima abitudine, se inizio un romanzo, di finirlo invece che abbandonarlo non appena trovo un apostrofo che accoltella il "mo". In realtà avrei fatto meglio a rileggere l'archivio delle mie stesse mail; a un critico che mi chiedeva se fosse il caso di leggere Uomini e cani per farsi un'idea della contemporanea narrativa pugliese, esattamente tre anni fa avevo risposto: "Non l'ho letto perché, avendo aperto il volume a caso in libreria, ho notato che le frasi raramente sono più lunghe di soggetto-predicato-complemento. Magari mi sbaglio, ma preferisco avere torto marcio piuttosto che perder tempo a leggerlo e aver ragione". Col tempo avevo dimenticato questa saggia considerazione e oggi è inutile che me la prenda con l'amico che me l'ha raccomandato di recente (sarà stato il caldo), con l'editore che l'ha ristampato in edizione economica, con l'edicola che l'ha esposto e con la fascetta che ostentava la favorevole recensione di Repubblica (altro pessimo segno): è solo colpa mia se non potrò mai più riavere i sette euri e novanta che ho speso e i due pomeriggi che ho buttato.

domenica 11 settembre 2011

I reiterati appelli di Bersani per un vasto accordo di centro-sinistra che comprenda Casini, mentre questi è impegnato a flirtare con Alfano suggerendolo implicitamente come premier di fine legislatura (le dichiarazioni dei democristiani vanno sempre lette fra le righe), ricordano in maniera preoccupante gli ultimatum che i ribelli libici lanciano a Gheddafi, minacciando di fargli chissà cosa se non si consegna entro una determinata data; Gheddafi giustamente li ignora e loro rispondono: "Ah sì? E allora noi lanciamo un altro ultimatum per la settimana dopo".

venerdì 9 settembre 2011

Eppure al tramonto del primo tempo, sul lancio in avanti alla disperata – diciamo pure alla viva il parroco – di un difensore laziale, Paolo Maldini si avventava in fulminea chiusura sulla punta avversaria ma, horribile dictu, forse incespicava, forse si confondeva, fatto sta che con un elegante destro al volo superava Giovanni Galli con una mirabile palombella, roba che a farla nella porta giusta sarebbe stato un eurogol, e invece era un folle atto di autoeurogollismo. Buona la seconda: con una settimana di ritardo inizia il campionato e quindi anche la mia rubrica degli anticipi su Quasi Rete con una Milan-Lazio d'antan, 0-1 per gli ospiti il 3 settembre 1989.

giovedì 8 settembre 2011

I patemi d'animo, i sudori freddi, in fin dei conti la faticaccia della Lega Nord nel giungere a un compromesso sulla manovra e poi nell'approvarla non solo testimoniano che il passaggio da forza ribelle a forza di governo è sempre sanguinoso; ma mi hanno anche ricordato una perorazione di Carlo Cattaneo che già nel 1848 aveva intuito in quale tragedia si sarebbe dibattuta la Lega: "Mi capissi propi nò perché ghe l'avii su tant coi todesch che ve fann inveci inscì comod. Guardee: lor ne fann de giudes, lor ne ciappen i lader: ven la guerra, hin lor che ne fann i soldaa, ecc. Ve accorgiarii quan dovrii fà vialter i todesch!" (Carlo Dossi, Note azzurre, 5382) - ovvero: "Tutti ce l'hanno coi tedeschi [intendeva gli austriaci], ma sono i tedeschi che si beccano tutte le rogne: i tedeschi fanno da giudici, i tedeschi acchiappano i ladri, e quando viene la guerra sono i tedeschi che parton soldati. Vedrete come li rimpiangerete quando saranno gli italiani a dover fare i tedeschi".

mercoledì 7 settembre 2011

Al volo, alcune differenze fra Nord e Sud Italia. Al Nord si va in bicicletta, ma bisogna stare attenti a non travolgere i segretari del tale o talaltro partito comunista sdraiati sull'asfalto a sbraitare in un megafono. Il Giro di Padania, si dice a destra e a manca (soprattutto a manca), è un'assurdità, un esercizio di follia anzi di imbecillità. Non metto bocca; però mi limito a notare come esista un'imbecillità che inventa corse, che si organizza, insomma un'imbecillità creativa; e un'imbecillità che si sdraia sul percorso per rallentare il gruppo, che spinge i corridori e fa sparire la segnaletica, insomma un'imbecillità distruttiva.

A proposito di megafoni, stamattina ho ricevuto un'epifania del controversi rapporti fra meridionali e tecnologia. Nello spiazzo di fronte alla mia parrocchia arriva il furgoncino di un fruttivendolo ambulante, il quale rimanendone a bordo afferra il microfono del megafono che sovrastava il tettuccio e pronunzia la consueta formula: "Patate, cipolle, pomodori...". Poi, non convinto dal machiavello, si zittisce, apre lo sportello, discende e si mette a strillare a nuda bocca: "Le peschenoci...".

In realtà strillava "Le peschenò", così come prima voleva vendere le patà, le cipò, i pomodò - data l'inveterata abitudine locale a mangiarsi l'ultima sillaba delle parole piane. Pochi minuti dopo, leggendo il Corriere del Mezzogiorno, ho appreso che al festival di non so cosa a Bisceglie era previsto l'intervento del noto scrittore Giacomo Leopardo; e mi sono figurato l'amara delusione di tutti coloro i quali sarebbero giunti sul posto a seguito del passaparola.

martedì 6 settembre 2011

Con oggi sono trascorsi quattro anni dalla morte di Pavarotti e l'anniversario è stato crudelmente offuscato dalla morte del suo erede in arte (stando a quanto dice gente che se ne intende più di me) Salvatore Licitra. Mi ha intristito visitare il sito di quest'ultimo e trovare ancora intonsa la sezione degli appuntamenti che segnala la sua tournée in Giappone prevista dal 18 al 25 settembre 2011. Ho pensato che non siamo padroni della nostra agenda, e questo è noto; ma ho anche pensato che la peggior infingardaggine di internet è la sua ottusa resistenza al tempo, dovuta alla circostanza che il primo è un'invenzione totalmente umana mentre il secondo è la dimensione all'interno della quale gli uomini sono stati creati e sono costretti a muoversi. Bon, mi sono intristito tanto che per consolarmi ho dovuto rileggere la mia stessa cronaca ai funerali di Pavarotti, nella quale cercavo di interpretare l'agitazione di Modena alla luce del concetto di "pavarottità".
Fra uno sciopero e l'altro si avvicina il campionato e Quasi Rete mi ha interpellato per il consueto sondaggio d'inizio stagione. Ecco la mia risposta riferita a dovere: "Antonio Gurrado ha le idee chiare. Lo scudetto sarà vinto dalla Juventus ('nessuno può schierare una mediana di pari valore a Tardelli-Prandelli-Platini'), che sarà seguita dal 'Napoli trascinato dal tridente Maradona-Giordano-Careca' e da un 'Milan deconcentrato dai primi turni di Coppa dei Campioni contro Vitocha Sofia, Aarau e Malines'. Sul fondo, poche speranze per le squadre penalizzate dal calcioscommesse ('I nomi li sanno tutti: Avellino, Perugia e Lazio'). La giovane rivelazione sarà 'Roberto Mancini del Bologna, segnatevi il nome ché presto lo vedrete trasformato in leader della Nazionale', mentre la delusione sarà 'sicuramente Darko Pancev'. Per il titolo di capocannoniere 'testa a testa fra Riva e Piola, con Pruzzo terzo incomodo'. L’Europa sarà foriera dei consueti trionfi: 'In Coppa dei Campioni vincerà (che noia) il Milan, sconfiggendo in finale lo Steaua Bucarest, il Benfica e il Barcellona vanamente chiamati ad alternarsi come di fronte a un canguro pugliatore; è facile presagire una finale tutta italiana in Coppa Uefa, dove probabilmente la spunteranno la Fiorentina della premiata ditta Baggio-Buso e il Torino guidato da Mondonico con mano salda e sedie per aria; la Coppa delle Coppe sarà vinta per la dodicesima edizione di fila dalla Sampdoria quale parziale remunerazione alla sorridente saggezza del presidentissimo Mantovani'." I pronostici del resto della ciurma di Quasi Rete (Fabio Benaglia, Gianni Bertoli, Gino Cervi, Stefano Corsi, Emiliano Fabbri, Giulio Giusti, Valerio Migliorini, Frank Parigi, Francesco Savio, Jvan Sica e un mazzo da ramino) sono anche più preoccupanti.

lunedì 5 settembre 2011

Di Mino Martinazzoli si favoleggiava che un giorno, oltre il culmine della propria carriera politica, fosse andato a far visita in un collegio pavese (di cui non mi sovviene in nome) dove aveva vissuto durante gli anni da studente universitario. Essendo questo collegio stato fabbricato nel '500, prevedeva al proprio interno un quadriportico, ossia un cortile che aveva i quattro lati coperti al contrario del quadrato centrale sul quale si affacciavano corridoi e camere. Il rettore di detto collegio, che giorno dopo giorno aveva imparato a conoscere gli studenti che lo popolavano, chiacchierando con Martinazzoli s'era prudentemente sistemato nella parte coperta del quadriportico, a differenza dell'interlocutore: questi, forse obnubilato dalla lunga carriera politica, aveva dimenticato le usanze del luogo e s'era temerariamente piazzato a chiacchierare col rettore ritto in piedi nella porzione scoperta del cortile. Gli allegri convittori, forti dei loro vent'anni, ne avevano approfittato per recuperare da non so dove un'enorme busta da shopping d'abbigliamento, riempirla di acqua fredda e issarla in tre o quattro su un davanzale, pronta per essere rovesciata. A Pavia il tempo è sovente incerto e Martinazzoli, sentendo una goccerellina lambirgli il naso, aveva alzato lo sguardo per controllare se piovesse; s'era visto invece arrivare addosso un compatto cilindro d'acqua fredda che l'aveva investito dai capelli alle scarpe.

Invece in un altro collegio pavese, il nome del quale ricordo perfettamente, la visita di Romano Prodi fu allietata dalla trovata di alcuni ignoti che vollero studiare l'itinerario esatto che questi avrebbe compiuto all'interno del collegio nell'ambito della propria visita ufficiale in maniera tale da fargli calare davanti, grazie a un sofisticato sistema che contrastava le leggi della fisica, un cartello sul quale un sintetico poemetto celebrava la decisione del Professore di fondare un partito in proprio, all'epoca I Democratici o - vulgo - l'Asinello, affiggendone lo stemma di fianco al distico conclusivo: "Il potere costa caro / un costume da somaro". Questo non si favoleggia affatto, io lo so perché c'ero.
Forse perché, da medico sportivo, Gavioli cura la loro riabilitazione e ha avuto il privilegio di guardare i calciatori negli occhi al di fuori del loro rassicurante contesto d'abitudine, i suoi personaggi non sembrano affatto inventati quando uno di loro ritiene il calcio "un'ottima opportunità per smettere di lavorare entro i quarant'anni" o un altro si sposa presto come molti suoi collegi che, "destinati a una vita nomade, cercano radici". Su Quasi Rete recensisco il romanzo Quarto tempo di Claudio Gavioli, medico sportivo modenese, pubblicato da Aliberti al costo di 16 euri per 236 pagine; e lo uso come grimaldello per penetrare nei pensieri che si cristallizzavano sopra la testa degli azzurri mentre la Nazionale stentava contro le Isole Far Oer.

domenica 4 settembre 2011

"Una sera d'estate stavo guardando su Rai1 degli spezzoni di tv vintage col dito pronto sul telecomando nel caso in cui i montatori, dopo Canzonissima e L'amico del giaguaro e Un due tre, mi propinassero a tradimento Panariello (forse per insipienza, forse per crudele voluttà di dimostrare la decadenza di tempi), quand'ecco che il bianco e nero si è fatto colore e dal giardino di delizie che custodiva Panelli e Vianello e Tognazzi e Gassman ho visto spuntare a mo' di pianta carnivora il mezzobusto di Roberto Saviano, la tetra pelata illuminata da un mezzo ghigno". E così via per pagine e pagine: sul sito del Foglio è disponibile il testo completo della mia lunga intemerata contro il mio nemico Roberto Saviano, una faccenda personale fra me, lui e la letteratura italiana.

giovedì 1 settembre 2011

"La tendenza a operare tali ardite conversioni forzate denota il dramma nel quale si dibatte la classe intellettuale credente. Fino a qualche secolo fa i migliori intelletti erano automaticamente indirizzati alla glorificazione di Dio in opere che poi restavano consegnate alla storia come capolavori. Da qualche decennio non accade più: la musica sacra post-sessantottina insegue vanamente il modello Sanremo, nei progetti di chiese ipermoderne s'è persa ogni traccia di genio berniniano, e gli scrittori dichiaratamente cattolici vengono frettolosamente ghettizzati con un sorrisino di sufficienza. L'avanguardia è diventata retroguardia". Questo e altro scrivo nel mio intervento su Tempi (in edicola da oggi fino a mercoledì prossimo) riguardo alla polemica iniziata sulle pagine del Corriere della Sera da Dario Fertilio e Franco Cordelli sulle conversioni postume di autori non cattolici ma forzatamente accaparrati dall'intellighenzia chiesastica.