giovedì 1 settembre 2011

"La tendenza a operare tali ardite conversioni forzate denota il dramma nel quale si dibatte la classe intellettuale credente. Fino a qualche secolo fa i migliori intelletti erano automaticamente indirizzati alla glorificazione di Dio in opere che poi restavano consegnate alla storia come capolavori. Da qualche decennio non accade più: la musica sacra post-sessantottina insegue vanamente il modello Sanremo, nei progetti di chiese ipermoderne s'è persa ogni traccia di genio berniniano, e gli scrittori dichiaratamente cattolici vengono frettolosamente ghettizzati con un sorrisino di sufficienza. L'avanguardia è diventata retroguardia". Questo e altro scrivo nel mio intervento su Tempi (in edicola da oggi fino a mercoledì prossimo) riguardo alla polemica iniziata sulle pagine del Corriere della Sera da Dario Fertilio e Franco Cordelli sulle conversioni postume di autori non cattolici ma forzatamente accaparrati dall'intellighenzia chiesastica.