(Gurrado per Il Foglio)
Premesso che con la diffusione di centocinquanta ore di registrazioni segrete nessuno al mondo farebbe bella figura, il peggior Nixon che emerge dai nastri dei National Archives ha qualcosa di mefistofelico, di spropositatamente deforme nella sottile malvagità delle sue frasi sull’aborto auspicabile in caso di stupro o rapporto interrazziale. Per non dire qualcosa di grottesco nell’incoerenza con le sue posizioni ufficiali al riguardo, ben sintetizzate dal discorso di San Clemente, 3 aprile 1971: “Sulla scorta del mio credo personale e religioso considero l’aborto una forma inaccettabile di controllo della sovrappopolazione”, che “non posso far convivere col mio personale credo nella santità della vita umana – inclusa la vita dei non ancora nati, of the yet unborn”.
Ma ha anche qualcosa di romanzesco nella sua diabolicità, come conferma il fatto che già prima della fine del primo mandato i contenuti poco edificanti delle registrazioni segrete fossero per certi versi stati immaginati e messi per iscritto da Philip Roth in Our Gang (1971). Subito tradotto da Bompiani con un poco invitante Cosa Bianca Nostra, il romanzo che rivelava con quarant’anni d’anticipo ciò che abbiamo scoperto l’altro giorno è finito fuori commercio sia per il titolo disgraziatissimo sia perché rigonfio di riferimenti a dettagli della politica americana poco entusiasmanti per il lettore medio italiano. Trattandosi di una satira, era necessario avere chiari in mente futili dettagli sulla vittima, altrimenti non solo non si sarebbe capito niente ma si sarebbe riemersi con la sgradevole impressione che l’autore si fosse divertito senza considerare affatto il lettore. E come in tutte le satire, passato il santo passata la festa: caduto in disgrazia il suo obiettivo, morto e dimenticato più o meno alla svelta, anche l’attacco più feroce risulta patetico come una carica a salve. Finisce come l’Apokolokyntosis di Seneca, che fu progettata per deridere l’imperatore Claudio e adesso può tutt’al più funzionare come corso monografico di storia romana.
A meno che i nastri del National Archives non facciano tornare di moda i lati oscuri di Nixon. In tal caso consiglio all’Einaudi: se avete intenzione di proporre una nuova traduzione, forse è già tempo. Roth parte citando proprio il discorso di San Clemente e individua nella lotta contro l’aborto il punto debole di Nixon, finendo per farlo assassinare e candidare alla presidenza dell’Inferno. Da un lato espone la solita manfrina moralista sull’opportunità di difendere i diritti dei vivi piuttosto che quelli degli yet unborn e bla bla bla; dall’altro per dimostrare le contraddizioni di Nixon si inguaia in qualche paralogismo peggiore dell’originale, finendo per far perdere di forza e immediatezza alla sua satira. Di sicuro coglie nel segno mostrando quanto l’antiabortismo di Nixon potesse essere operazione politica più che intimo credo. Per capire il peggior Nixon c’è voluto il peggior Roth, che ha probabilmente scritto in fretta, con scelte lessicali abbastanza grossolane e sicuramente pensando soltanto al riscontro immediato, pur sapendo benissimo che la letteratura ha valore senza data di scadenza – come dimostrano, per fortuna, tutti gli altri suoi romanzi.
A maggior ragione però l’Einaudi dovrebbe tradurre questo Roth misconosciuto. Non solo potrebbe spacciarlo per instant book sulle nuovissime rivelazioni audio, indovinate e inverate con largo anticipo; ma le argomentazioni sottese in favore dell’aborto – o contro l’obiezione all’aborto, che è lo stesso – sono talmente antiquate e bolse che parrebbero scritte oggi. Con un po’ di makeup (e un altro titolo, per favore) Our Gang potrebbe risultare una satira alla moda. Chissà: potrebbe spingere qualche altro romanziere a inventarsi ciò che sull’aborto Obama pensa e non dice, e che magari il mondo scoprirà a metà secolo.
Premesso che con la diffusione di centocinquanta ore di registrazioni segrete nessuno al mondo farebbe bella figura, il peggior Nixon che emerge dai nastri dei National Archives ha qualcosa di mefistofelico, di spropositatamente deforme nella sottile malvagità delle sue frasi sull’aborto auspicabile in caso di stupro o rapporto interrazziale. Per non dire qualcosa di grottesco nell’incoerenza con le sue posizioni ufficiali al riguardo, ben sintetizzate dal discorso di San Clemente, 3 aprile 1971: “Sulla scorta del mio credo personale e religioso considero l’aborto una forma inaccettabile di controllo della sovrappopolazione”, che “non posso far convivere col mio personale credo nella santità della vita umana – inclusa la vita dei non ancora nati, of the yet unborn”.
Ma ha anche qualcosa di romanzesco nella sua diabolicità, come conferma il fatto che già prima della fine del primo mandato i contenuti poco edificanti delle registrazioni segrete fossero per certi versi stati immaginati e messi per iscritto da Philip Roth in Our Gang (1971). Subito tradotto da Bompiani con un poco invitante Cosa Bianca Nostra, il romanzo che rivelava con quarant’anni d’anticipo ciò che abbiamo scoperto l’altro giorno è finito fuori commercio sia per il titolo disgraziatissimo sia perché rigonfio di riferimenti a dettagli della politica americana poco entusiasmanti per il lettore medio italiano. Trattandosi di una satira, era necessario avere chiari in mente futili dettagli sulla vittima, altrimenti non solo non si sarebbe capito niente ma si sarebbe riemersi con la sgradevole impressione che l’autore si fosse divertito senza considerare affatto il lettore. E come in tutte le satire, passato il santo passata la festa: caduto in disgrazia il suo obiettivo, morto e dimenticato più o meno alla svelta, anche l’attacco più feroce risulta patetico come una carica a salve. Finisce come l’Apokolokyntosis di Seneca, che fu progettata per deridere l’imperatore Claudio e adesso può tutt’al più funzionare come corso monografico di storia romana.
A meno che i nastri del National Archives non facciano tornare di moda i lati oscuri di Nixon. In tal caso consiglio all’Einaudi: se avete intenzione di proporre una nuova traduzione, forse è già tempo. Roth parte citando proprio il discorso di San Clemente e individua nella lotta contro l’aborto il punto debole di Nixon, finendo per farlo assassinare e candidare alla presidenza dell’Inferno. Da un lato espone la solita manfrina moralista sull’opportunità di difendere i diritti dei vivi piuttosto che quelli degli yet unborn e bla bla bla; dall’altro per dimostrare le contraddizioni di Nixon si inguaia in qualche paralogismo peggiore dell’originale, finendo per far perdere di forza e immediatezza alla sua satira. Di sicuro coglie nel segno mostrando quanto l’antiabortismo di Nixon potesse essere operazione politica più che intimo credo. Per capire il peggior Nixon c’è voluto il peggior Roth, che ha probabilmente scritto in fretta, con scelte lessicali abbastanza grossolane e sicuramente pensando soltanto al riscontro immediato, pur sapendo benissimo che la letteratura ha valore senza data di scadenza – come dimostrano, per fortuna, tutti gli altri suoi romanzi.
A maggior ragione però l’Einaudi dovrebbe tradurre questo Roth misconosciuto. Non solo potrebbe spacciarlo per instant book sulle nuovissime rivelazioni audio, indovinate e inverate con largo anticipo; ma le argomentazioni sottese in favore dell’aborto – o contro l’obiezione all’aborto, che è lo stesso – sono talmente antiquate e bolse che parrebbero scritte oggi. Con un po’ di makeup (e un altro titolo, per favore) Our Gang potrebbe risultare una satira alla moda. Chissà: potrebbe spingere qualche altro romanziere a inventarsi ciò che sull’aborto Obama pensa e non dice, e che magari il mondo scoprirà a metà secolo.