(Gurrado per Il Foglio)
Le Inglesi nude! Se vi avanzano 10 sterline, qui generosamente equiparate a 15 euri, potete spenderle per acquistare Oxford undressed, il calendario 2009-2010 che svela cosa c’è sotto la toga e che ha fatto titolare al sito di Rep: “Belle, brave e senza veli: è Oxford” – con annessa galleria fotografica che iniziava col mostrare studentesse coperte solo da un violoncello e finiva per fare sfoggio della ben più celebre rotondità della Radcliffe Camera, l’edificio più fotografato dai giapponesi.Non per minare la credibilità del sito di Rep, ma la notizia o se non altro il titolo richiede dei chiarimenti. “Belle” può darsi, ognuno giudica secondo il proprio istinto e sfogliando il calendario non m’è parso di vedere niente di ragguardevole. Forse sarebbe stato più corretto titolare “Belle/i”, visto che in omaggio alla parità dei sessi e soprattutto dei gusti sessuali il calendario è stato concepito in maniera tale che potessi pascermi anche della visione delle appesantite chiappe di un paio di studenti in attesa su non so quale scalinata del centro. Comprendo che l’introduzione di un paio di bolsi nudi maschili abbia consentito agli editori di preservare la dignità del corpo femminile, ma la mia soddisfazione personale ne ha risentito non poco.
Né mi sorprende che nessuna delle studentesse modelle mi abbia fatto sorgere il desiderio di citofonare a tutti gli appartamenti del circondario finché non la trovassi. Con le mie stesse orecchie infatti avevo colto qualche tempo fa un tizio che protestava perché Blueprint, l’organo stampa ufficiale dell’Università, aveva piazzato in copertina una bella biondona sorridente allo scopo di reclamizzare il nuovo modello di toga che indossava. Il tizio in questione lamentava che la biondona era troppo bella e troppo sorridente per essere rappresentativa e rivendicava con orgoglio che a Oxford le ragazze sono invece rinomate per essere tutte intelligenti. Vabbe’. Gli editori di Oxford undressed hanno dunque ritenuto saggio non esagerare con la bellezza, forse per timore che un domani Rep non potesse più titolare che le signorine fossero intelligenti, anzi “brave”. Una di loro è talmente intelligente da venire ritratta stravaccata in biblioteca mentre legge un libro enorme che ne lascia scorgere le spalle e mezza coscia. Fosse stata meno brava, avrebbe scelto un libro tascabile e io sarei stato ben più contento.
Ciò dimostra come “senza veli” sia più un’apertura all’ottimismo che una constatazione di fatto. Scorrono i mesi e non si vede mai nulla che possa far dire senza remore: “Ecco, questa donna (o quest’uomo, per carità) è insindacabilmente nuda/o”. A un certo punto mi sono annoiato e vedendo tre signorine in toga, e basta, che passavano vicino a un muricciolo ho istintivamente pensato soltanto a capire se si trovassero in Turl Street o in Catte Street. Comprenderete che nessuno ha comprato il calendario Max di Sabrina Ferilli per domandarsi in quale mare stesse mai immergendo le sue magnifiche forme e progressiste.
Lo sanno i camionisti meglio degli accademici: un calendario di donne nude (e uomini nudi per camioniste politically correct) è sì mercificazione ma anche glorificazione del corpo a discapito del contorno in cui si muove. Non ho fatto un’indagine di mercato ma so che nessun camionista comprerebbe Oxford undressed perché va nella direzione esattamente opposta, presentare il corpo nudo con tutta una serie di intercapedini, altro che “senza veli”: l’onnipresente e castigatissima toga, l’enorme incunabolo, gli scorci caratteristici e il nome della città universitaria che alle orecchie italiane conferisce a tutto un’uniforme patina di rispettabilità – ragion per cui Rep può titolare sussiegosa: “È Oxford”.
Nel 1946 l’anglomagiaro George Mikes scrisse How to be an alien e dedicò al sesso in Inghilterra un intero capitolo, icasticamente composto da una sola riga: “I continentali hanno una vita sessuale, gli Inglesi una borsa dell’acqua calda”. Oggi per le vie di Oxford va per la maggiore l’accoppiata minigonna-in-bicicletta, al sabato sera vedo sfilare quindicenni cicciottelle seminude e scheletriche trentenni con le orecchie da coniglietta ma nonostante le apparenze la situazione non è cambiata gran che. Su Oxford undressed viene verbosamente specificato che le signorine (e i signorini) hanno accettato di spogliarsi perché i proventi delle 10 sterline verranno devoluti in beneficienza. Roba da far chiedere i soldi indietro. Pensate che gioia avere davanti una donna che si spoglia specificando: “Non lo faccio per te, honey, ma per l’orribile situazione in Cecenia”. Loro credono che sia l’alta giustificazione etica di una piccola trasgressione estetica, invece è una borsa dell’acqua calda ultimo modello. Meglio un’Italiana vestita.
Le Inglesi nude! Se vi avanzano 10 sterline, qui generosamente equiparate a 15 euri, potete spenderle per acquistare Oxford undressed, il calendario 2009-2010 che svela cosa c’è sotto la toga e che ha fatto titolare al sito di Rep: “Belle, brave e senza veli: è Oxford” – con annessa galleria fotografica che iniziava col mostrare studentesse coperte solo da un violoncello e finiva per fare sfoggio della ben più celebre rotondità della Radcliffe Camera, l’edificio più fotografato dai giapponesi.Non per minare la credibilità del sito di Rep, ma la notizia o se non altro il titolo richiede dei chiarimenti. “Belle” può darsi, ognuno giudica secondo il proprio istinto e sfogliando il calendario non m’è parso di vedere niente di ragguardevole. Forse sarebbe stato più corretto titolare “Belle/i”, visto che in omaggio alla parità dei sessi e soprattutto dei gusti sessuali il calendario è stato concepito in maniera tale che potessi pascermi anche della visione delle appesantite chiappe di un paio di studenti in attesa su non so quale scalinata del centro. Comprendo che l’introduzione di un paio di bolsi nudi maschili abbia consentito agli editori di preservare la dignità del corpo femminile, ma la mia soddisfazione personale ne ha risentito non poco.
Né mi sorprende che nessuna delle studentesse modelle mi abbia fatto sorgere il desiderio di citofonare a tutti gli appartamenti del circondario finché non la trovassi. Con le mie stesse orecchie infatti avevo colto qualche tempo fa un tizio che protestava perché Blueprint, l’organo stampa ufficiale dell’Università, aveva piazzato in copertina una bella biondona sorridente allo scopo di reclamizzare il nuovo modello di toga che indossava. Il tizio in questione lamentava che la biondona era troppo bella e troppo sorridente per essere rappresentativa e rivendicava con orgoglio che a Oxford le ragazze sono invece rinomate per essere tutte intelligenti. Vabbe’. Gli editori di Oxford undressed hanno dunque ritenuto saggio non esagerare con la bellezza, forse per timore che un domani Rep non potesse più titolare che le signorine fossero intelligenti, anzi “brave”. Una di loro è talmente intelligente da venire ritratta stravaccata in biblioteca mentre legge un libro enorme che ne lascia scorgere le spalle e mezza coscia. Fosse stata meno brava, avrebbe scelto un libro tascabile e io sarei stato ben più contento.
Ciò dimostra come “senza veli” sia più un’apertura all’ottimismo che una constatazione di fatto. Scorrono i mesi e non si vede mai nulla che possa far dire senza remore: “Ecco, questa donna (o quest’uomo, per carità) è insindacabilmente nuda/o”. A un certo punto mi sono annoiato e vedendo tre signorine in toga, e basta, che passavano vicino a un muricciolo ho istintivamente pensato soltanto a capire se si trovassero in Turl Street o in Catte Street. Comprenderete che nessuno ha comprato il calendario Max di Sabrina Ferilli per domandarsi in quale mare stesse mai immergendo le sue magnifiche forme e progressiste.
Lo sanno i camionisti meglio degli accademici: un calendario di donne nude (e uomini nudi per camioniste politically correct) è sì mercificazione ma anche glorificazione del corpo a discapito del contorno in cui si muove. Non ho fatto un’indagine di mercato ma so che nessun camionista comprerebbe Oxford undressed perché va nella direzione esattamente opposta, presentare il corpo nudo con tutta una serie di intercapedini, altro che “senza veli”: l’onnipresente e castigatissima toga, l’enorme incunabolo, gli scorci caratteristici e il nome della città universitaria che alle orecchie italiane conferisce a tutto un’uniforme patina di rispettabilità – ragion per cui Rep può titolare sussiegosa: “È Oxford”.
Nel 1946 l’anglomagiaro George Mikes scrisse How to be an alien e dedicò al sesso in Inghilterra un intero capitolo, icasticamente composto da una sola riga: “I continentali hanno una vita sessuale, gli Inglesi una borsa dell’acqua calda”. Oggi per le vie di Oxford va per la maggiore l’accoppiata minigonna-in-bicicletta, al sabato sera vedo sfilare quindicenni cicciottelle seminude e scheletriche trentenni con le orecchie da coniglietta ma nonostante le apparenze la situazione non è cambiata gran che. Su Oxford undressed viene verbosamente specificato che le signorine (e i signorini) hanno accettato di spogliarsi perché i proventi delle 10 sterline verranno devoluti in beneficienza. Roba da far chiedere i soldi indietro. Pensate che gioia avere davanti una donna che si spoglia specificando: “Non lo faccio per te, honey, ma per l’orribile situazione in Cecenia”. Loro credono che sia l’alta giustificazione etica di una piccola trasgressione estetica, invece è una borsa dell’acqua calda ultimo modello. Meglio un’Italiana vestita.
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