Donne nude, donne nude! Per questo motivo le università americane non tengono più corsi su Henry Miller, che pure sarebbe l'autore più utile agli studenti in quanto è stato l'unico a realizzare il sogno di qualsiasi scrittore: pubblicare tutto quanto si fosse prefisso e trascorrere gli ultimi vent'anni di vita a giocare a ping-pong (vedi sotto). Sul Foglio in edicola oggi spiego perché, grazie alla sua biografia scritta da Arthur Hoyle e pubblicata da Odoya.
venerdì 31 ottobre 2014
domenica 26 ottobre 2014
Declino e caduta 8
Su Tempi in edicola da giovedì scorso; sul sito del settimanale, corroborata da alcuni acuti commenti; e anche qui, dove i lettori non hanno libertà di parola.
Su Tempi in edicola da giovedì scorso; sul sito del settimanale, corroborata da alcuni acuti commenti; e anche qui, dove i lettori non hanno libertà di parola.
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Sarebbe stato il turno dell’Italia ma, con una decisione a
sorpresa, una commissione di esperti in commissioni di esperti ha assegnato il
ruolo di capitale europea della cultura 2019 a Matera. “È una grande occasione
di rilancio per il Sud”, ha dichiarato a caldo Pasquale Lorusso, pastore, che grazie
allo stanziamento di fondi comunitari nel 2019 verrà promosso archimandrita.
“Il Sud meritava questa grande occasione di rilancio”, fa eco Carmela Patruno
il cui ruolo è stato decisivo poiché detiene il record continentale di
telefonata più lunga a una figlia che studi al Nord. La giovane Nunziatina
Patruno studia infatti Analfabetismo Giornalistico presso l’università di Bari;
il suo sogno è diventare collaboratrice fissa di Tempi e scrivere ogni
settimana, fino al 2019, un articolo in cui spiega che l’assegnazione a Matera
del ruolo di capitale europea della cultura è una grande occasione di rilancio
per il Sud.
Arrivare a Matera è facilissimo. Da Napoli, basta affidarsi
alla Madonna di Picciano. Da Bari invece bisogna uscire dalla Stazione
Centrale, sgominare una banda di scippatori inspiegabilmente sfuggita alla
repressione attuata dalla giunta Emiliano, entrare nella stazione delle
Ferrovie Appulo-Lucane, persuadere un loro dipendente a emettere regolare biglietto,
a costo di pagarlo in contanti, quindi salire su una pittoresca littorina che
in giornata vi farà arrivare ad Altamura, dove la commissione di esperti ha già
fatto predisporre un sistema di trasporti sostitutivi a dorso di mulo o,
alternativamente, di studente fuori sede. “È una grande occasione di rilancio
per il Sud”, ha dichiarato in esclusiva a Tempi il locale assessore a
disoccupazione e rubamazzetto, che nel 2019 verrà promosso assessore a
metafisica ed ermeneutica. “Sottolineo che le parole pronunciate a Bruxelles
dal vicepresidente dell’Europarlamento Gianni Pittella sono risultate
determinanti nel convincere la commissione di esperti che a Matera si parli
ancora un’antichissima lingua indoeuropea altrove estinta. Quando hanno sentito
il tenc iù conclusivo era troppo
tardi”. Il sindaco ci mostra le principali bellezze di Matera: “Questi sono i
Sassi, dove è stato girato il film di Pasolini, mentre quelli laggiù sono i
Sassi, dove è stato girato il film di Pasolini. Lì in fondo potete notare i Sassi,
dove è stato girato il film di Pasolini; e resterete stupiti all’apprendere che
proprio a Matera, città dei Sassi, Pasolini ha girato un film che fu una grande
occasione di rilancio per il Sud”.
“Caro direttore”, ci scriverà Mel Gibson la settimana prossima,
“ho ritenuto gravemente lesivo dell’immagine della città di Matera il ritratto
che ne emerge dalla rubrica di satira ospitata ogni settimana dal suo mensile.
Non è assolutamente vero che a Matera non arrivino i treni: io stesso ho
provveduto a ordinarne uno su Amazon. Matera è una città ricca di persone
stupende, che è stato un grande piacere fustigare a sangue durante i provini
per La Passione, film che spettatori
superficiali hanno creduto girato in aramaico mentre i personaggi parlavano
un’antichissima lingua indoeuropea i cui segreti sono gelosamente custoditi da
Gianni Pittella. Con questa mia richiedo la pubblicazione di un articolo riparatorio
in cui si dica che a Matera ci sono i Sassi, dove è stato girato il film di
Pasolini. L’elezione a capitale europea della cultura è infatti una grande
occasione di rilancio per il Sud. Smentisco inoltre che a Matera esista un
assessorato a disoccupazione e rubamazzetto, nome sotto cui l’estensore della
rubrica ha malevolmente denigrato l’assessorato a parcheggio in doppia fila e
rubamazzetto. Seguono questa lettera duemilacinquecento X in rappresentanza
delle firme di una delegazione di cittadini materani le quali, grazie allo
stanziamento di fondi comunitari, entro il 2019 diventeranno altrettante Y”.
martedì 21 ottobre 2014
Da domani trovate in libreria La domenica lasciami sola, romanzo rosa-calcistico di Simonetta Sciandivasci, materana a Roma, firma del Foglio ogni martedì. Lo ha pubblicato Baldini & Castoldi. Poiché merita, ne ho parlato diffusamente su Quasi Rete, il blog letterario della Gazzetta dello Sport. Ecco la replica della recensione-fiume.
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Simonetta Sciandivasci, notando che La domenica lasciami sola inizia con una dedica ho temuto il peggio
ma poi ho capito che si trattava di un machiavello per indispettire il lettore
e poi tramortirlo con un incipit folgorante. Ho trovato formidabile l’idea di
trasformare la finale di Champions – con te solinga che la guardi sul divano –
in una battaglia di Waterloo cui assisti come Fabrizio Del Dongo: un evento
storico del quale non capisci nulla per via di un’incompetenza talmente
adamantina da ammettere candidamente: “Mi fermo alla Coppa Italia e ai
Mondiali, per il resto vado a Messa”; “Europei ogni due anni; Olimpiadi ogni
quanto non l’ho ancora capito; Mondiali ogni quattro”. Riesci però a non capire
niente con soave consapevolezza e infatti non ti sfuggono alcuni fondamentali
che invece nella loro enormità risultano anguille per maschi ottenebrati da
troppa retorica da pay tv. Ad esempio, fra Real e Atlético Madrid tifi Real
perché ha un nome aristocratico, perché è ricco, perché vince spesso e perché
“degli atletici e dei pauperisti diffido, soprattutto se maschi: non mi aprono
la portiera, non mi offrono la cena, in pausa pranzo vanno a correre”. Intuisci
che “se l’Atlético dovesse vincere, verrà instaurata la dittatura del
proletariato” e soprattutto che quelli che tifano Atlético “possono buttarla
sul romanticismo quanto vogliono ma la verità è che sono solo invidiosi”.
Mi insospettisco dunque e mi domando se il tuo non capire
niente di calcio sia una maschera sbarazzina sotto la quale nascondi di capire
molto di tante altre cose. Fingi di avere scritto un romanzo d’amore – e come
tale lo venderanno, per carità, ben venga – ma la storia della ragazza che
s’innamora dell’uomo innamorato del calcio è una maniera elegante di parlare
d’altro. Apparentemente non mi dai ragione. Contro una pletora di soloni
imbolsiti contesti l’idea che il calcio sia metafora della vita e dichiari: “Il
calcio è il calcio. Punto”, così come
Oscar Wilde faceva dire a Erodiade che “la luna somiglia alla luna, e basta”;
non somiglia né a una donna né a un fiore né a una mano. Per fortuna non sei
una grande decapitatrice quindi posso ribattere: proviamo a leggere il tuo
libro senza pensare al calcio?
No, dirai tu. Senza il calcio non c’è il tuo libro – anzi,
come essere più chiari?, hanno pure disegnato un pallone in copertina. Senza
calcio non ci sarebbero le battute svampite che sono balenii di surrealismo
inaspettato. La Roma incontra l’Arsenal: “Che cos’è, un detersivo?”. Gioca col
numero 5: “Come Chanel, brava!”. Se uno legge su questo livello, oltre a ridere
molto, mette il romanzo sul piano della grande chick-lit divertentissima, ti fa
sinceri complimenti e finisce là. Però La
domenica lasciami sola va oltre e funziona perché mina le basi psicologistiche
non solo dei romanzi rosa postmoderni ma anche della narrativa di sé stessa che
ogni singola donna (e anche gli uomini ormai) si racconta per giustificarsi
piagnucolando, pretendendo attenzione e conforto perché crede di essere l’unica
a non star bene: “Nessuno sta bene”, scrivi tu, “vivere è un disastro”.
Non pensare alla trama, la trama non conta. Mi piace il modo
in cui dici la verità senza lesinare sulle parole giuste né perderti in
distinguo e smarrirti nel labirinto di cosa penseranno i benpensanti. Di questo
passo non scriverai mai sul Corriere della Sera, sappilo. Continuerai a
oltranza con Giornale e Foglio e io continuerò a leggerti sapendo che quando
c’è da sparare spari e dici senza paura ma con luminoso umorismo che il
matrimonio è stato lasciato diventare una cosa da gay, che l’incremento di
matrimoni eterosessuali è merito degli immigrati quindi le donne farebbero
meglio a convertirsi all’Islam, che farai figli con l’uomo che ami ma solo se
prima ti sposa, che “l’amore nasce dal mistero, non dal rendiconto”, che
l’incivilimento dei maschi porterà all’estinzione, che il sessismo è sexy, che
l’amicizia fra uomini e donne non esiste, che quelle che fanno le sofisticate
hanno sovente le tette piccole e che l’ateismo non lo sa ma è figlio di Dio. Mi
sono alzato in piedi ad applaudire come un cretino, in camera mia, quando ho
letto che proibiresti per legge alle donne di pagare al ristorante e presumo
anche, per estensione, l’utilizzo del denaro, la schiavitù lavorativa,
l’ipocrisia del fingersi realizzate perché si appaltano le proprie ore
all’ufficio anziché alla pace domestica. Di fianco alla scena in cui la
protagonista si fa portare al ristorante e poi chiede al maschio “Scegli il mio
ordine”, ho disegnato un piccolo cuore. Ma poiché come te ho paura di Laura Boldrini
e delle accuse di femminicidio preterintenzionale, non me la sono sentita di
fare altrettanto quando lei gli chiede: “Prima voglio che tu mi dia un
ceffone”.
“Quando una cosa è oscura, o è jazz o è fuorigioco”. Più
ancora della pagina di improperi a Marco Travaglio mi è piaciuta la tua
predilezione per la semplicità, il senso della quale è andato perduto in un
mondo pretenzioso che la trova riduttiva. Tu invece rivendichi che la donna non
deve poter fare tutto, che non si deve per forza capire tutto, che quindi il
fuorigioco può tranquillamente restare misterioso e che di conseguenza, quando
proprio si deve guardare la partita insieme, la donna non deve mai – mai –
porre domande all’uomo. Sante parole. L’uovo di Colombo è a pagina 124 dove,
poco prima di chiedere a Dio se le quote rosa siano peccato, argomenti incidentalmente
che il femminismo è calvinista. (Non ho mancato di notare che nel romanzo dopo
Dio, per ottenere un crescendo di suspense, fai intervenire anche Andreotti). Giusto:
come il calvinismo il femminismo pretende di capire tutto, presuppone di averlo
capito, distingue il bene dal male con una riga netta, si mette dal lato del
bene e dà il righello sulle nocche a tutti i presunti malvagi. (Questo in
effetti mi illumina anche sugli improperi a Travaglio). Non hai paura di
chiamare le cose col loro nome e quindi definisci eugenetica la pretesa
femminile di trovare un uomo alla propria altezza quando invece “l’uomo che ci
merita, banalmente, è l’uomo che ci ama”.
Una copia di questo libro andrebbe spedita ogni giorno a
Laura Boldrini, nella speranza di trovarla non troppo impegnata a farsi
fotografare col velo o a dichiarare che la bellezza dell’immigrazione salverà
il mondo. Capirebbe che col calcio gli uomini continuano a giocare tutta la
vita; le donne invece lasciano le Barbie a dodici anni e per questo, scrivi,
diventano “esseri cupi e grigi”. In copertina a La domenica lasciami sola c’è scritto “romanzo” ma sotto sotto
viene fuori prepotente un pamphlet fatto come si deve, che tramite il calcio
intende restituire agli uomini “il sogno atavico e spudorato”: quello che per
voi donne, lo sostieni tu perché io non ne ho idea, è stato il matrimonio di
Grace Kelly. Non contenta, dai anche le istruzioni su come tenere insieme
questi estremi non comunicanti: la colla che tiene uniti uomini e donne è un
sospiro, lo stesso rassegnato ed esasperato e affettuoso che John Lennon emette
all’inizio di ogni ritornello di Girl.
Quando si sta insieme bisogna essere uniti, non coerenti né tanto meno
rispondenti a un ideale astratto; “dobbiamo essere una coppia, non una linea
editoriale”.
Hai fatto rotolare il pallone lontanissimo ma devi solo
sperare che le persone leggano il tuo romanzo come scanzonata presa in giro dei
maschi ultras che vanno allo stadio pure quando è chiuso, come storiella
romantica col lieto fine dagli occhioni a cuoricino. Allora salteranno le
pagine sulla disfida onirica fra quelli che guardano il calcio senza donne e
quelli che lo guardano con le donne, in cui convochi undici maschietti per
fazione e chiami ciascuno di loro a tirare un rigore ossia a pronunciare una
frase che trovano risolutiva in un senso o nell’altro. Intuirai con chi mi
sarei schierato. Se oltre ad Alessandro Giuli, Maurizio Milani, Piero Vietti e
Franco Trentalance (trova l’intruso) avessi convocato anche me, mi sarei
limitato a spedirti due righe sibilline: Quando
chiesero a Miguel de Unamuno perché mai non ci fossero grandi filosofi
spagnoli, rispose chiedendo se ci fossero grandi toreri tedeschi. Poi mi
sarei rintanato a leggere i consigli che elargisci alle donne (“Si dà il peggio
di sé quando si cerca di fare qualcosa per il bene dell’altro”) e
indirettamente agli uomini: “Evitare quelli che credono di averci conquistate
dopo un bacio, perché significa che hanno il fiato corto e la tenacia a zero.
Significa che avranno gli attacchi di panico non appena diremo loro ‘Stasera ho
mal di testa’, invece di infilarci un moment in bocca e convincerci a svestirci
e giocare ai film svedesi”.
Tutte verità che non suonano né alla Boldrini né alle
zitelle eugenetiche che soffrono di quella che definisci sindrome di Bridget
Jones: la convinzione di credere che ci sia sempre a loro disposizione uno
migliore di quello che hanno, con l’inevitabile conseguenza di morire di
vecchiaia, sole, col cadavere che viene scoperto solo quando è stato mezzo
divorato da cani alsaziani. Non ricordi dove hai letto, qualche anno fa, che
era stato un ministro inglese a inventarsi questa sindrome causando grande
scandalo. Ti vengo incontro. Si chiamava David Willetts, era gennaio 2010, e me
lo ricordo benissimo perché era uscito un articolo apposta sul Foglio: l’avevo scritto
io. Coincidenza che mi fa sorridere al punto di giungere all’eccesso di
perdonarti non solo la dedica ma anche le sette pagine di ringraziamenti,
limitandomi a saltarle.
di che si parla?
auto da fé,
dramatis personae,
selvaggio e sentimentale
lunedì 20 ottobre 2014
Declino e caduta 7
In edicola su Tempi da giovedì scorso, sul sito del settimanale e pure qui sotto con un gentile omaggio ai lettori più fedeli
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bonus track
In edicola su Tempi da giovedì scorso, sul sito del settimanale e pure qui sotto con un gentile omaggio ai lettori più fedeli
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Dopo il successo del film su Leopardi, segnaliamo a Mario
Martone un possibile soggetto per una nuova fatica cinematografica: nel 2015
cade infatti parte del bicentenario della nascita di Karl Friedrich Ohrwurm
Schmetterling, che per comodità sui manuali di filosofia viene abitualmente
designato col nome di Karl Friedrich Ohrwurm Schmetterling von Bademantel onde
distinguerlo da Karl Friedrich Ohrwurm Schmetterling van Bademantel. Quest’ultimo fu infatti un esponente del centro
hegeliano, il cui principale apporto alla storia del pensiero consisté nel
dichiararsi di destra hegeliana quando parlava un esponente della sinistra
hegeliana e viceversa, nonché nel litigare con Rosenkranz su chi dei due fosse
l’unico e solo esponente del centro hegeliano. Un faticoso arbitrato condotto
da Schiller, Schleiermacher e Schnellinger sancì che lo erano entrambi.
Ma torniamo al nostro von Bademantel. Abbiamo detto “parte”
del bicentenario in quanto egli nacque dal 20 ottobre 1815 al 7 febbraio 1816:
i segni del travagliato parto, che vide la morte di sua madre e di tre zie,
permasero su di lui portandolo a diventare il principale esponente
dell’allegrismo tedesco. Tale corrente filosofica sostiene che l’allegria non
esiste e che, se esistesse, andrebbe punita con una sanzione pecuniaria di 25
talleri incrementabili fino a 250 in presenza di una donna in evidente stato di
gravidanza. Il padre di von Bademantel si era suicidato nell’atto di fecondare
la moglie; il piccolo viene dunque cresciuto dal benevolo pastore luterano del
vicinato, il quale instilla in lui la consapevolezza che Dio ci ha messi al
mondo per farci soffrire, per far sì che facciamo soffrire gli altri, che
soffriamo al pensiero della sofferenza nostra e altrui, oltre che per soffrire
del senso di colpa di aver sofferto senza soffrire abbastanza. Ulteriore
disillusione viene causata nel giovane von Bademantel dalla tardiva scoperta
che il pastore luterano era in realtà un pastore maremmano.
Nel 1841 si distingue per uno sprezzante libello in cui
denigra il monumentale Aut-Aut di
Kierkegaard. L’evento fa sensazione soprattutto in quanto Aut-Aut è del 1843, con Kierkegaard costretto a scriverlo in fretta
e furia per rispondere alle critiche contenute nel libello di von Bademantel,
il quale con quest’opera pensa di essersi assicurato fama e ricchezza ma, come
spesso accade ai filosofi, si sbaglia. Il suo editore infatti fallisce e muore
inabissato nel Mare del Nord dopo aver tentato di fuggire in barca con tutti
gli averi dell’autore. Quanto alla fama, un piccolo errore di stampa nel
frontespizio fa sì che la gloria vada tutta attribuita a Karl Friedrich Ohrwurm
Schmetterling van Bademantel. La
filosofia allegrista di von Bademantel è un protoesistenzialismo parametafisico
similstirneriano con venature semieraclitee, che ruota attorno alla
consapevolezza che il suo autore morirà giovane. Tale convinzione accompagna
von Bademantel fino ai primi del Novecento e oltre. Il peso della morte, il
presagio di disgrazia incombente, la necessità dilaniante di fronteggiare la volatilità
del tempo, la disperazione e l’angoscia non impediranno a von Bademantel di
condurre una vita tristissima, solo occasionalmente alleviata da malanni fisici
e in particolare dal Morbo di von Bademantel, che consiste nell’avere sempre
tutte le malattie che non si vorrebbe avere mai. La sua profonda meditazione –
un febbrile susseguirsi di riflessioni appuntate lungo tutto l’arco della vita
nel buio sottoscala che a malapena riusciva a permettersi – è purtroppo andata
perduta in quanto integralmente composta dimenticando di intingere il pennino
nel calamaio.
bonus track
Concludiamo con la critica mossagli da Emanuele Severino,
che contesta alla radice l’asserzione “von Bademantel è il principale esponente
dell’allegrismo”: infatti solo l’essere è, mentre il non essere non è. Pertanto
“von Bademantel è” può significare o che von Bademantel è in quanto essere,
cosa da escludersi in quanto solo l’essere è, e quindi non von Bademantel;
oppure che von Bademantel è in quanto non essere, cosa da escludersi in quanto
il non essere, per definizione, non è von Bademantel. Questi dunque è e non è
contemporaneamente, cosa impossibile: abbiamo così dimostrato per assurdo che
la frase “von Bademantel è il principale esponente dell’allegrismo” va
piuttosto riformulata in “solo l’essere è, mentre il non essere non è”.
domenica 19 ottobre 2014
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Alla penultima
giornata di campionato Milan e Napoli sono a pari punti. Sono attesi da
avversari deboli e la chiacchiera principale sui giornali riguarda la possibile
sede dello spareggio: chi vorrebbe una gara unica a Roma, chi ritiene la
capitale troppo a Sud o troppo a Nord e vorrebbe fare una doppia gara a Napoli
e Milano, col problema che sarebbe stato spinoso decidere dove giocare l’andata
e dove il ritorno e troppo rischioso far vincere lo scudetto alla squadra
sbagliata nella città ostile.
Il Napoli gioca a
Bologna e dopo un quarto d’ora già vince 3-0. Al terzo minuto Careca raccoglie
una palla all’angolo destro dell’area di rigore e la scaglia in rete da
posizione inverosimile, trasformandosi da coniglio in prestigiatore. Cinque
minuti dopo Maradona riceve palla da una rimessa laterale, s’incunea fra due impotenti
difensori e tira un pallone a effetto rasoterra che arriva esattamente nei
pochi centimetri fra il palo e le mani protese di Nello Cusin. Infine Francini
addomestica una palla a mezz’aria dopo una serie di passaggi al volo, la serve
a Careca che gliela restituisce di tacco: tiro e goal. Il resto della partita
si gioca ascoltando la radiolina.
A Verona piove. Il
Milan fa più fatica ma riesce a segnare alla mezz’ora, su punizione con Marco
Simone. A quel punto io cerco di convincere Gringo della maggior ragionevolezza
di disputare lo spareggio in gara unica, possibilmente a porte chiuse per
evitare il lancio di monetine. L’avversario lotta per la salvezza ma i suoi
tentativi sono a dir poco velleitari, come il disperato tentativo di Gritti di
colpire di testa un cross rasoterra. Nel secondo tempo Favero sgambetta Massaro
in piena area ma il Milan non ottiene il rigore: l’arbitro è Rosario Lo Bello,
siciliano, figlio del Concetto Lo Bello che nel 1973 arbitrò un altro
Verona-Milan decisivo per lo scudetto. All’epoca il Milan perse 5-3 e nacque
una nuova categoria della rossoneria, la fatal Verona. Ma la situazione è sotto
controllo e Sacchi, per chiudere la pratica, decide di mandare in campo Gullit,
assente da mesi per un ginocchio martoriato.
Nel frattempo al
Dall’Ara Marco De Marchi accorcia mollemente le distanze: Bologna 1, Napoli 3.
Sull’ala destra, al Bentegodi, Gullit salta la calvizie di Pierino Fanna e
mette al centro dove Favero, ancora lui, stende Van Basten. Sarà rigore, no?
Invece niente, Lo Bello anziché fischiare corre da Sacchi e gli mostra il
cartellino rosso. Il mister si avvia verso gli spogliatoi in una pioggia di
oggetti di ogni genere, soprattutto monetine, ironia della sorte; dev’essere
scortato dalla polizia in assetto antisommossa e resta a guardare la partita
all’imbocco del tunnel. È la prima volta che il Milan correttissimo e sublime
patisce un’espulsione in tutto il campionato. Io spiego a Gringo che per parità
di trattamento il Milan dovrebbe ottenere la vittoria a tavolino ma lui e gli
altri due se la ridono. Al 63’ Fanna batte un corner e lì salta indisturbato
Victor Hugo Sotomayor, difensore arrivato dall’Argentina fra i consueti squilli
di tromba estivi e retrocesso ben presto all’ininfluenza. Incoccia di testa la
palla che si solleva ed entra in rete scavalcando Pazzagli, che resta
accovacciato sulla linea di porta, immobile come Hegel quando – ci aveva
raccontato Borlini – morì folgorato sulla tazza del cesso. Il Milan continua ad
attaccare ma né Gullit né Van Basten riescono a superare Peruzzi, che va bene
tutto ma è pur sempre un portiere di vent’anni. In compenso, su un rinvio
difensivo rossonero, la palla rimbalza su Lo Bello che la passa di schiena a
Gritti; per fortuna non succede niente.
martedì 14 ottobre 2014
Ah, e se oggi vi trovate a passare da Pavia, trasferta per la quale a differenza di ieri non è necessaria la barca, tenete presente che questa sera alle 21 Antonio Gurrago parlerà di Voltaire e la musica nell'auditorium del Vittadini, l'istituto musicale quasi conservatorio di via Volta, esattamente sotto le finestre di casa mia. Vi sorprenderà apprendere che Antonio Gurrago sono io, a seguito di un errore di stampa riportato tanto sugli inviti dell'intero ciclo di conferenze quanto sulla locandina della singola; circostanza che mi ha un po' deluso in quanto ero curioso di sentir parlare su un argomento prossimo ai miei studi, per ammirevole coincidenza, un mio quasi omonimo. Sono poi stato ulteriormente confuso da un trafiletto della Provincia Pavese, nota per annunciare gli eventi locali sbagliando almeno un elemento fra nome luogo data e ora, che riportava erroneamente il nome di Antonio Gurrago con lo spelling a me più consueto di Antonio Gurrado. Una mail all'istituto Vittadini ha confermato che sono io, e che quindi stasera alle 21 dovrò parlare rivelando che Voltaire cantava, scriveva libretti d'opera, criticava arbitrariamente i compositori dell'epoca e in generale di musica non capiva un accidente. Purtroppo non potrò farlo parlando direttamente dalla finestra di casa mia, credo per ragioni di ordine pubblico; parlerò dunque in loco una mezz'oretta con musica barocca di accompagnamento, o di sottofondo, e poi tutti a casa a guardare Danimarca-Portogallo.
lunedì 13 ottobre 2014
Declino e caduta 6
(da giovedì in edicola su Tempi e da ieri anche sul sito del settimanale)
(da giovedì in edicola su Tempi e da ieri anche sul sito del settimanale)
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Abbiamo letto per voi il nuovo romanzo di Thomas Pynchon ma
non abbiamo capito niente, quindi parliamo d’altro. Al momento in cui questo
giornale va in stampa (cioè il 2014) non è ancora chiaro quale sarà l’esito
della discussione sull’art. 18. Ci limitiamo pertanto a una mappatura delle
parti in causa. Dall’opposizione, Forza Italia è pregiudizialmente appiattita
sulle decisioni del governo (vedi sotto) per rimarcare la propria distanza dai
partiti che compongono la maggioranza. Più sfumata la posizione del Movimento 5
Stelle. Un rappresentante del gruppo parlamentare, intervistato a un raduno di
cosplayer, si è detto favorevole a conservare l’art. 18 ma non esclude a priori
l’eventualità di rivenderlo su Ebay. Un documento approntato dagli economisti
di riferimento del M5S è stato bloccato all’ultimo in quanto conteneva, per un
errore del correttore automatico, talune confusioni fra l’art. 18 e gli
Articolo 31. In sostituzione è stato presentato un video in cui un senatore del
M5S asfalta Renzi parlando da solo con il televisore acceso, sul divano di
casa. Esso, il televisore e non Renzi, esplode infatti alla centesima
ripetizione del termine “Rodotà”. Ferma la posizione di condanna di Sinistra
Ecologia e Libertà; non è tuttavia stato possibile raccogliere dichiarazioni
più approfondite dal partito in quanto, quando lo abbiamo cercato per
intervistarlo, era appena andato dal barbiere.
Corre voce intanto che il Pd sia diviso. La corrente
renziana, fedele ai dettami del capo del governo, è come tale perfettamente
allineata alle istanze dell’opposizione (vedi sopra). “Basta slogan e più
risultati”: questa dichiarazione di Massimo D’Alema è invece diventata lo
slogan della corrente dalemiana. La corrente bersaniana si distingue: “Basta
slogan, più metafore difficilmente interpretabili”. Duro scontro fra Pippo
Civati e Gianni Cuperlo su chi sia il più amato dalle italiane. Duro scontro
anche fra la corrente dei giovani curdi e quella degli armeni di mezza età; ma
stavano giocando a briscola, reazione comprensibile verso la sesta o settima
ora di direzione Pd a porte chiuse. Il presidente del Piemonte Chiamparino illustra
le proprie ragioni in un’intervista al Corriere che passa inosservata perché
pubblicata sotto una foto di Agnese Renzi con un pupazzo di Peppa Pig. Un’intervista alla Stampa del sindaco Fassino è chiarissima nello spiegare che
la discussione sull’art. 18 è un tema delicato poiché, quando si parla
dell’art. 18, è in questione lo stesso art. 18. Interpellato per una parola
definitiva, Romano Prodi ha saggiamente considerato che anche qualora l’art. 18
venisse abolito, lo si potrebbe comunque evocare con una seduta spiritica.
L’ultima parola spetta ai sindacati. Bonanni (Cisl), con una
mossa a sorpresa, si dimette dieci minuti prima della scadenza del proprio
mandato. Sempre sopra le righe, Angeletti (Uil) si spara: ma la notizia passa
inosservata perché non viene nemmeno corredata da una foto di Agnese Renzi con
un pupazzo di Peppa Pig. Molto netta la posizione di Landini: per il capo della
Fiom la riforma dell’art. 18 ci riporterebbe a prima della Costituzione. Per
Landini, l’abolizione dell’art. 18 farebbe tornare l’Italia allo Statuto
Albertino. Inedita la posizione di Landini, secondo cui rimuovendo l’art. 18 in
Italia imperverserebbe il Digesto giustinianeo. Con una dichiarazione choc,
Landini annuncia che senza art. 18 l’Italia ripiomberebbe in pieno codice di
Hammurabi. Le posizioni innovative di Susanna Camusso (Cgil) saranno presto
disponibili in pratiche audiocassette e anche in 33 giri, se avete il grammofono
anziché il mangianastri. Concludiamo con un clamoroso retroscena: pare che la
scorsa notte il premier Renzi sia andato a leggere questo famoso art. 18 che
tutti vogliono fargli riformare e abbia così scoperto che l’art. 18 recita
testualmente: “L’art. 18 non si tocca: non può essere né abolito né riformato”.
Questo complica un po’ le cose.
sabato 11 ottobre 2014
Se avete le idee chiare sull'art. 18, "Declino e caduta" su Tempi in edicola è fatta apposta per confondervele.
venerdì 10 ottobre 2014
La piazza è piena o la piazza è vuota? Il dibattito attorno alla riuscita della manifestazione del Movimento 5 Stelle al Circo Massimo ruota intorno alla questione se siano presenti poche persone, come sembrano dimostrare le foto di un'oretta fa, oppure se ne siano presenti tantissime, come sembrano controdimostrare nuove foto adesso. Chissà, io sto guardando Italia-Azerbaigian perché è più importante. Fatto sta che le foto del Circo Massimo (forse) traboccante diffuse dai grillini sui social network per dimostrare che non erano mica presenti poche persone mi hanno ricordato un aneddoto risalente a cinquecento anni fa, ovvero a quando la regina Elisabetta I, ricevendo una delegazione di ben diciotto sarti, li salutò dicendo "Good morning, gentlemen both": buongiorno a entrambi i gentiluomini.
Sì, li ho visti gli studenti che in piazza Vittoria protestavano per ottenere una #nuovascuola, o una #buonascuola, o comunque una scuola col cancelletto all'inizio indipendentemente dall'aggettivo di accompagnamento; e ho capito subito di essere invecchiato. Mentre in altri tempi mi sarei messo lì a contarli sadicamente, non superando le trenta unità a occhio e croce, mentre quand'ero giovane come loro mi sarei concentrato sulla mestizia estetica delle due bandiere rosse dell'Udu che cercavano di agitarsi a un vento che non c'era, mentre quand'ero un po' più grandicello avrei fatto notare a qualche passante che se non erano nemmeno in grado di far funzionare il #microfono chissà come potevano pretendere di caricarsi una #nuovascuola sulle spalle, adesso mi sono limitato a pensare benevolmente: è venerdì, ottobre è un mese triste, nebbia e umidore avviluppano Pavia, a quell'età gli ormoni hanno bisogno di sfogo impetuoso e, se uno preferisce accontentarli non scopando, liberissimo.
di che si parla?
almanacco del giorno stesso,
nomi cose città
lunedì 6 ottobre 2014
Declino e caduta (5)
su Tempi in edicola e sul sito del settimanale
Poiché conoscere aiuta a capire, abbiamo chiesto lumi a un portavoce del califfo Al-Baghdadi, lo sceicco Abu-Mohammed Al-Antani Al-Nin-Al-Frassiq Bin-Bun-Ban, riverito esponente dell’Islam moderato, il quale ci ha accordato un colloquio esclusivo ricevendoci direttamente nel proprio arsenale. La prima domanda non poteva che vertere sulla distinzione fra i poteri temporale e spirituale nel neocostituito califfato. Lo sceicco esclude ogni confusione al riguardo; gli preme piuttosto specificare che Obama è il mulo degli ebrei, il somaro dei cristiani, che pensa di essere più intelligente di Bush ma ciò è impossibile in quanto ha le orecchie a sventola. Interrogato riguardo all’eventualità che la Turchia di Erdogan possa entrare nell’Unione Europea, lo sceicco ribadisce che Obama è proprio il bardotto dei cingalesi, la giraffa degli ittiti, l’ornitorinco dei visigoti; e si dice certo di avere già incontrato sua moglie, la deliziosa Michelle, in un qualche zoo – complimento che gli esperti di equilibri internazionali ci assicurano rientrare fra i più raffinati che possano essere rivolti a una signora senza costituire vincolo unilaterale di matrimonio.
Di sicuro, suggeriamo, il grande rivolgimento in atto nelle gerarchie ecclesiastiche favorirà il dialogo interreligioso. Anche lo sceicco ne conviene: “I muwwahhid, i musulmani devoti, devono colpire gli infedeli ovunque si trovino. Devono rendere amare le loro vite, colpire le loro forze dell’ordine, sculacciare i loro bambini, rigare le loro automobili, infilare stuzzicadenti nei loro citofoni, chiamare i loro numeri fissi all’ora di pranzo e dire: Buongiorno signora, sono Alì Bin-Tali-Whalib Al-Moqtadi Ur-Faust, ha mai pensato di rasserenare il suo futuro con un piano assicurativo estremamente vantaggioso? Devono uccidere tutti i miscredenti americani ed europei, in particolare i francesi che hanno la puzza sotto il naso e sono tutti gnè gnè gnè, per non parlare degli italiani che parlano a voce alta nei ristoranti e parcheggiano in doppia fila. E i tedeschi! Siete mai capitati seduti di fianco a un tedesco in autobus? Indossano i sandali coi calzini bianchi, stanno sempre a combattere coi gomiti sul bracciolo e se fate una battuta la capiscono dopo due giorni”.
La grande sorpresa lo sceicco la riserva però sul ruolo delle donne. “Verremo in Italia e conquisteremo le vostre donne. Ci ha definitivamente persuasi a farlo l’articolo di Beppe Severgnini in occasione della Festa del #tempodelledonne, organizzata dal blog La 27 Ora, tre giorni con più di cento eventi in tutta Milano per far sì che le donne si sentano libere di spaziare con la fantasia e pure con il corpo, con la matematica e il proprio talento. L’importante è non accontentarsi: la bellezza è solo uno strumento, la sfida è essere originali come la Dama del Pollaiolo, secondo le dichiarazioni rese dall’attrice Cristiana Capotondi che ha indossato le vesti della giovane rinascimentale per rappresentare la via gentile all’affermazione della donna”. Riposta la propria copia di Sette del Corriere della Sera, lo sceicco ci ha congedati ricordandoci che il tempo a nostra disposizione era scaduto e assicurandoci che si sarebbe personalmente premurato di far riconsegnare le nostre teste ai familiari.
su Tempi in edicola e sul sito del settimanale
Rivolgendosi all’Onu Matteo Renzi è stato estremamente
chiaro, inglese a parte, nell’avanzare un fondamentale distinguo riguardo al
delicato scenario geopolitico: con fermezza ha spiegato che bisogna distinguere
fra politica e religione, fra fede e terrore, e che pertanto lo Stato Islamico
non ha niente a che fare con l’Islam. Si tratta tutt’al più di una coincidenza fortuita
se non di una malaugurata omonimia, come quella fra il presidente degli Usa
Barack Obama, che ha appena ordinato raid aerei sulla Siria, e il premio Nobel
per la pace Barack Obama, che ha declinato ogni responsabilità riguardo al
gesto aggressivo e folle del presidente.
Poiché conoscere aiuta a capire, abbiamo chiesto lumi a un portavoce del califfo Al-Baghdadi, lo sceicco Abu-Mohammed Al-Antani Al-Nin-Al-Frassiq Bin-Bun-Ban, riverito esponente dell’Islam moderato, il quale ci ha accordato un colloquio esclusivo ricevendoci direttamente nel proprio arsenale. La prima domanda non poteva che vertere sulla distinzione fra i poteri temporale e spirituale nel neocostituito califfato. Lo sceicco esclude ogni confusione al riguardo; gli preme piuttosto specificare che Obama è il mulo degli ebrei, il somaro dei cristiani, che pensa di essere più intelligente di Bush ma ciò è impossibile in quanto ha le orecchie a sventola. Interrogato riguardo all’eventualità che la Turchia di Erdogan possa entrare nell’Unione Europea, lo sceicco ribadisce che Obama è proprio il bardotto dei cingalesi, la giraffa degli ittiti, l’ornitorinco dei visigoti; e si dice certo di avere già incontrato sua moglie, la deliziosa Michelle, in un qualche zoo – complimento che gli esperti di equilibri internazionali ci assicurano rientrare fra i più raffinati che possano essere rivolti a una signora senza costituire vincolo unilaterale di matrimonio.
Di sicuro, suggeriamo, il grande rivolgimento in atto nelle gerarchie ecclesiastiche favorirà il dialogo interreligioso. Anche lo sceicco ne conviene: “I muwwahhid, i musulmani devoti, devono colpire gli infedeli ovunque si trovino. Devono rendere amare le loro vite, colpire le loro forze dell’ordine, sculacciare i loro bambini, rigare le loro automobili, infilare stuzzicadenti nei loro citofoni, chiamare i loro numeri fissi all’ora di pranzo e dire: Buongiorno signora, sono Alì Bin-Tali-Whalib Al-Moqtadi Ur-Faust, ha mai pensato di rasserenare il suo futuro con un piano assicurativo estremamente vantaggioso? Devono uccidere tutti i miscredenti americani ed europei, in particolare i francesi che hanno la puzza sotto il naso e sono tutti gnè gnè gnè, per non parlare degli italiani che parlano a voce alta nei ristoranti e parcheggiano in doppia fila. E i tedeschi! Siete mai capitati seduti di fianco a un tedesco in autobus? Indossano i sandali coi calzini bianchi, stanno sempre a combattere coi gomiti sul bracciolo e se fate una battuta la capiscono dopo due giorni”.
La grande sorpresa lo sceicco la riserva però sul ruolo delle donne. “Verremo in Italia e conquisteremo le vostre donne. Ci ha definitivamente persuasi a farlo l’articolo di Beppe Severgnini in occasione della Festa del #tempodelledonne, organizzata dal blog La 27 Ora, tre giorni con più di cento eventi in tutta Milano per far sì che le donne si sentano libere di spaziare con la fantasia e pure con il corpo, con la matematica e il proprio talento. L’importante è non accontentarsi: la bellezza è solo uno strumento, la sfida è essere originali come la Dama del Pollaiolo, secondo le dichiarazioni rese dall’attrice Cristiana Capotondi che ha indossato le vesti della giovane rinascimentale per rappresentare la via gentile all’affermazione della donna”. Riposta la propria copia di Sette del Corriere della Sera, lo sceicco ci ha congedati ricordandoci che il tempo a nostra disposizione era scaduto e assicurandoci che si sarebbe personalmente premurato di far riconsegnare le nostre teste ai familiari.
di che si parla?
abba abba,
declino e caduta,
radio londra
sabato 4 ottobre 2014
venerdì 3 ottobre 2014
Fino a che punto siete disposti a sopportare James Joyce e Thomas Hardy? Sul Foglio in edicola oggi approfitto di Romanzi pieni di vita di Tim Parks (Laterza) per parlare di due scrittori diversamente intollerabili.
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