domenica 19 ottobre 2014


Sta per iniziare Verona-Milan, la partita degli incubi rossoneri. Al Bentegodi il Milan, oltre a perdere alla prima giornata l'anno scorso, ha perso uno scudetto nel 1973 e un altro scudetto nel 1990 (qui la radiocronaca in diretta di Enrico Ameri dal Bentegodi e di Sandro Ciotti per Bologna-Napoli; qui invece il servizio-fiume della Domenica Sportiva in cui Franco Zuccalà cerca di spiegare l'inspiegabile.). Ho raccontato quest'ultima sconfitta in Ho visto Maradona descrivendola così, con un impercettibile falso storico.

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Alla penultima giornata di campionato Milan e Napoli sono a pari punti. Sono attesi da avversari deboli e la chiacchiera principale sui giornali riguarda la possibile sede dello spareggio: chi vorrebbe una gara unica a Roma, chi ritiene la capitale troppo a Sud o troppo a Nord e vorrebbe fare una doppia gara a Napoli e Milano, col problema che sarebbe stato spinoso decidere dove giocare l’andata e dove il ritorno e troppo rischioso far vincere lo scudetto alla squadra sbagliata nella città ostile.

Il Napoli gioca a Bologna e dopo un quarto d’ora già vince 3-0. Al terzo minuto Careca raccoglie una palla all’angolo destro dell’area di rigore e la scaglia in rete da posizione inverosimile, trasformandosi da coniglio in prestigiatore. Cinque minuti dopo Maradona riceve palla da una rimessa laterale, s’incunea fra due impotenti difensori e tira un pallone a effetto rasoterra che arriva esattamente nei pochi centimetri fra il palo e le mani protese di Nello Cusin. Infine Francini addomestica una palla a mezz’aria dopo una serie di passaggi al volo, la serve a Careca che gliela restituisce di tacco: tiro e goal. Il resto della partita si gioca ascoltando la radiolina.

A Verona piove. Il Milan fa più fatica ma riesce a segnare alla mezz’ora, su punizione con Marco Simone. A quel punto io cerco di convincere Gringo della maggior ragionevolezza di disputare lo spareggio in gara unica, possibilmente a porte chiuse per evitare il lancio di monetine. L’avversario lotta per la salvezza ma i suoi tentativi sono a dir poco velleitari, come il disperato tentativo di Gritti di colpire di testa un cross rasoterra. Nel secondo tempo Favero sgambetta Massaro in piena area ma il Milan non ottiene il rigore: l’arbitro è Rosario Lo Bello, siciliano, figlio del Concetto Lo Bello che nel 1973 arbitrò un altro Verona-Milan decisivo per lo scudetto. All’epoca il Milan perse 5-3 e nacque una nuova categoria della rossoneria, la fatal Verona. Ma la situazione è sotto controllo e Sacchi, per chiudere la pratica, decide di mandare in campo Gullit, assente da mesi per un ginocchio martoriato.

Nel frattempo al Dall’Ara Marco De Marchi accorcia mollemente le distanze: Bologna 1, Napoli 3. Sull’ala destra, al Bentegodi, Gullit salta la calvizie di Pierino Fanna e mette al centro dove Favero, ancora lui, stende Van Basten. Sarà rigore, no? Invece niente, Lo Bello anziché fischiare corre da Sacchi e gli mostra il cartellino rosso. Il mister si avvia verso gli spogliatoi in una pioggia di oggetti di ogni genere, soprattutto monetine, ironia della sorte; dev’essere scortato dalla polizia in assetto antisommossa e resta a guardare la partita all’imbocco del tunnel. È la prima volta che il Milan correttissimo e sublime patisce un’espulsione in tutto il campionato. Io spiego a Gringo che per parità di trattamento il Milan dovrebbe ottenere la vittoria a tavolino ma lui e gli altri due se la ridono. Al 63’ Fanna batte un corner e lì salta indisturbato Victor Hugo Sotomayor, difensore arrivato dall’Argentina fra i consueti squilli di tromba estivi e retrocesso ben presto all’ininfluenza. Incoccia di testa la palla che si solleva ed entra in rete scavalcando Pazzagli, che resta accovacciato sulla linea di porta, immobile come Hegel quando – ci aveva raccontato Borlini – morì folgorato sulla tazza del cesso. Il Milan continua ad attaccare ma né Gullit né Van Basten riescono a superare Peruzzi, che va bene tutto ma è pur sempre un portiere di vent’anni. In compenso, su un rinvio difensivo rossonero, la palla rimbalza su Lo Bello che la passa di schiena a Gritti; per fortuna non succede niente.

All’82’, col Milan in avanti alla disperata, Rijkaard approfitta di un’interruzione del gioco per andare da Lo Bello e spiegargli in termini fioriti cosa pensa di lui e fors’anche di suo padre: espluso. Il Milan gioca in dieci. A Bologna, richiamato dall’odore delle monetine veronesi, Alemão segna l’1-4 nella distrazione generale. A Verona non è ancora finita, anche se manca poco. All’87’ Lo Bello fischia un innocuo fallo  contro Van Basten il quale si toglie la maglia, la sbatte sul terreno di gioco, piglia e se ne va sua sponte in canottiera mentre l’arbitro lo rincorre col cartellino rosso in mano per far vedere che l’ha espulso lui. Il Milan gioca in nove ed è costretto ad alzare ulteriormente la difesa in linea per accorciare la zona del campo nella quale correre alla disperata e risparmiare fiato per arrivare lucido a tirare in porta. Al 90’ Iliev segna a Bologna l’inutile e definitivo 2-4 mentre un attaccante del Verona si trova di là dalla linea difensiva milanista. Baresi alza il braccio per chiamare il fuorigioco ma Lo Bello lascia correre: la palla arriva a Davide Pellegrini, ala sinistra, che si ritrova solo davanti a Pazzagli, con tre difensori che lo rincorrono affannosamente. Tira un pallonetto e il portiere del Milan, anziché provarsi a parare, allarga le braccia in segno di rassegnazione. Pellegrini corre a esultare sotto la curva inseguito da Costacurta, che viene espulso. Il Milan finisce in otto. Intervistato sugli spalti veronesi, Berlusconi parla di sentenza esemplare mentre Maradona, a Bologna, riesce a dire soltanto: “Meraviglioso, meraviglioso”.