lunedì 13 ottobre 2014

Declino e caduta 6
(da giovedì in edicola su Tempi e da ieri anche sul sito del settimanale)

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Abbiamo letto per voi il nuovo romanzo di Thomas Pynchon ma non abbiamo capito niente, quindi parliamo d’altro. Al momento in cui questo giornale va in stampa (cioè il 2014) non è ancora chiaro quale sarà l’esito della discussione sull’art. 18. Ci limitiamo pertanto a una mappatura delle parti in causa. Dall’opposizione, Forza Italia è pregiudizialmente appiattita sulle decisioni del governo (vedi sotto) per rimarcare la propria distanza dai partiti che compongono la maggioranza. Più sfumata la posizione del Movimento 5 Stelle. Un rappresentante del gruppo parlamentare, intervistato a un raduno di cosplayer, si è detto favorevole a conservare l’art. 18 ma non esclude a priori l’eventualità di rivenderlo su Ebay. Un documento approntato dagli economisti di riferimento del M5S è stato bloccato all’ultimo in quanto conteneva, per un errore del correttore automatico, talune confusioni fra l’art. 18 e gli Articolo 31. In sostituzione è stato presentato un video in cui un senatore del M5S asfalta Renzi parlando da solo con il televisore acceso, sul divano di casa. Esso, il televisore e non Renzi, esplode infatti alla centesima ripetizione del termine “Rodotà”. Ferma la posizione di condanna di Sinistra Ecologia e Libertà; non è tuttavia stato possibile raccogliere dichiarazioni più approfondite dal partito in quanto, quando lo abbiamo cercato per intervistarlo, era appena andato dal barbiere.

Corre voce intanto che il Pd sia diviso. La corrente renziana, fedele ai dettami del capo del governo, è come tale perfettamente allineata alle istanze dell’opposizione (vedi sopra). “Basta slogan e più risultati”: questa dichiarazione di Massimo D’Alema è invece diventata lo slogan della corrente dalemiana. La corrente bersaniana si distingue: “Basta slogan, più metafore difficilmente interpretabili”. Duro scontro fra Pippo Civati e Gianni Cuperlo su chi sia il più amato dalle italiane. Duro scontro anche fra la corrente dei giovani curdi e quella degli armeni di mezza età; ma stavano giocando a briscola, reazione comprensibile verso la sesta o settima ora di direzione Pd a porte chiuse. Il presidente del Piemonte Chiamparino illustra le proprie ragioni in un’intervista al Corriere che passa inosservata perché pubblicata sotto una foto di Agnese Renzi con un pupazzo di Peppa Pig. Un’intervista alla Stampa del sindaco Fassino è chiarissima nello spiegare che la discussione sull’art. 18 è un tema delicato poiché, quando si parla dell’art. 18, è in questione lo stesso art. 18. Interpellato per una parola definitiva, Romano Prodi ha saggiamente considerato che anche qualora l’art. 18 venisse abolito, lo si potrebbe comunque evocare con una seduta spiritica.

L’ultima parola spetta ai sindacati. Bonanni (Cisl), con una mossa a sorpresa, si dimette dieci minuti prima della scadenza del proprio mandato. Sempre sopra le righe, Angeletti (Uil) si spara: ma la notizia passa inosservata perché non viene nemmeno corredata da una foto di Agnese Renzi con un pupazzo di Peppa Pig. Molto netta la posizione di Landini: per il capo della Fiom la riforma dell’art. 18 ci riporterebbe a prima della Costituzione. Per Landini, l’abolizione dell’art. 18 farebbe tornare l’Italia allo Statuto Albertino. Inedita la posizione di Landini, secondo cui rimuovendo l’art. 18 in Italia imperverserebbe il Digesto giustinianeo. Con una dichiarazione choc, Landini annuncia che senza art. 18 l’Italia ripiomberebbe in pieno codice di Hammurabi. Le posizioni innovative di Susanna Camusso (Cgil) saranno presto disponibili in pratiche audiocassette e anche in 33 giri, se avete il grammofono anziché il mangianastri. Concludiamo con un clamoroso retroscena: pare che la scorsa notte il premier Renzi sia andato a leggere questo famoso art. 18 che tutti vogliono fargli riformare e abbia così scoperto che l’art. 18 recita testualmente: “L’art. 18 non si tocca: non può essere né abolito né riformato”. Questo complica un po’ le cose.