(da giovedì in edicola su Tempi e da ieri anche sul sito del settimanale)
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Abbiamo letto per voi il nuovo romanzo di Thomas Pynchon ma
non abbiamo capito niente, quindi parliamo d’altro. Al momento in cui questo
giornale va in stampa (cioè il 2014) non è ancora chiaro quale sarà l’esito
della discussione sull’art. 18. Ci limitiamo pertanto a una mappatura delle
parti in causa. Dall’opposizione, Forza Italia è pregiudizialmente appiattita
sulle decisioni del governo (vedi sotto) per rimarcare la propria distanza dai
partiti che compongono la maggioranza. Più sfumata la posizione del Movimento 5
Stelle. Un rappresentante del gruppo parlamentare, intervistato a un raduno di
cosplayer, si è detto favorevole a conservare l’art. 18 ma non esclude a priori
l’eventualità di rivenderlo su Ebay. Un documento approntato dagli economisti
di riferimento del M5S è stato bloccato all’ultimo in quanto conteneva, per un
errore del correttore automatico, talune confusioni fra l’art. 18 e gli
Articolo 31. In sostituzione è stato presentato un video in cui un senatore del
M5S asfalta Renzi parlando da solo con il televisore acceso, sul divano di
casa. Esso, il televisore e non Renzi, esplode infatti alla centesima
ripetizione del termine “Rodotà”. Ferma la posizione di condanna di Sinistra
Ecologia e Libertà; non è tuttavia stato possibile raccogliere dichiarazioni
più approfondite dal partito in quanto, quando lo abbiamo cercato per
intervistarlo, era appena andato dal barbiere.
Corre voce intanto che il Pd sia diviso. La corrente
renziana, fedele ai dettami del capo del governo, è come tale perfettamente
allineata alle istanze dell’opposizione (vedi sopra). “Basta slogan e più
risultati”: questa dichiarazione di Massimo D’Alema è invece diventata lo
slogan della corrente dalemiana. La corrente bersaniana si distingue: “Basta
slogan, più metafore difficilmente interpretabili”. Duro scontro fra Pippo
Civati e Gianni Cuperlo su chi sia il più amato dalle italiane. Duro scontro
anche fra la corrente dei giovani curdi e quella degli armeni di mezza età; ma
stavano giocando a briscola, reazione comprensibile verso la sesta o settima
ora di direzione Pd a porte chiuse. Il presidente del Piemonte Chiamparino illustra
le proprie ragioni in un’intervista al Corriere che passa inosservata perché
pubblicata sotto una foto di Agnese Renzi con un pupazzo di Peppa Pig. Un’intervista alla Stampa del sindaco Fassino è chiarissima nello spiegare che
la discussione sull’art. 18 è un tema delicato poiché, quando si parla
dell’art. 18, è in questione lo stesso art. 18. Interpellato per una parola
definitiva, Romano Prodi ha saggiamente considerato che anche qualora l’art. 18
venisse abolito, lo si potrebbe comunque evocare con una seduta spiritica.
L’ultima parola spetta ai sindacati. Bonanni (Cisl), con una
mossa a sorpresa, si dimette dieci minuti prima della scadenza del proprio
mandato. Sempre sopra le righe, Angeletti (Uil) si spara: ma la notizia passa
inosservata perché non viene nemmeno corredata da una foto di Agnese Renzi con
un pupazzo di Peppa Pig. Molto netta la posizione di Landini: per il capo della
Fiom la riforma dell’art. 18 ci riporterebbe a prima della Costituzione. Per
Landini, l’abolizione dell’art. 18 farebbe tornare l’Italia allo Statuto
Albertino. Inedita la posizione di Landini, secondo cui rimuovendo l’art. 18 in
Italia imperverserebbe il Digesto giustinianeo. Con una dichiarazione choc,
Landini annuncia che senza art. 18 l’Italia ripiomberebbe in pieno codice di
Hammurabi. Le posizioni innovative di Susanna Camusso (Cgil) saranno presto
disponibili in pratiche audiocassette e anche in 33 giri, se avete il grammofono
anziché il mangianastri. Concludiamo con un clamoroso retroscena: pare che la
scorsa notte il premier Renzi sia andato a leggere questo famoso art. 18 che
tutti vogliono fargli riformare e abbia così scoperto che l’art. 18 recita
testualmente: “L’art. 18 non si tocca: non può essere né abolito né riformato”.
Questo complica un po’ le cose.