Il governo Monti era stato convocato d'urgenza al capezzale patrio allo scopo di soddisfare un duplice requisito. Il primo era la sobrietà: e vai col sottoministro Martone che dà dello sfigato a chi non si laurea entro i ventott'anni. Io (laureato a ventuno, addottorato a ventisei, fellow a ventotto e già vecchissimo a trentuno) vivo in una città universitaria e posso confermare: questi che si trascinano di appello in appello apparendo e scomparendo dagli atenei a intermittenza sempre più diluita sembrano fatti apposta per incarnare le parole del sottoministro. Poiché viviamo nell'Italia dei livori, una nazione di cecchini schierati e pronti a fucilarti su twitter per ciò che non hai detto ma avresti potuto pensare, sia chiaro che non mi riferisco a quelli che non possono laurearsi entro i ventotto perché hanno potuto iscriversi solo in là con gli anni o perché patiscono impedimenti familiari, professionali o fisici di natura oggettiva; mi riferisco alla maggioranza di coloro che con tutte le circostanze favorevoli non vogliono o peggio ancora non riescono a laurearsi prima che il gallo canti - età che per il sottoministro dovrebbe arrivare coi ventotto ma che io anticiperei ai ventisei, venticinque per fare cifra tonda. Costoro esistono veramente e conosco addirittura delle signorine che ci si sono fidanzate; poi dice che uno diventa misogino.
Il punto era la sobrietà, requisito base di questo governo di filosofi re. Come un sol uomo, tutti sono insorti rimproverando al sottoministro il termine improprio, ritenendo sopra le righe, inadatto e fuori luogo che si dica a degli sfigati che sono degli sfigati; molti inoltre hanno ripescato da non so dove delle informazioni in loro possesso secondo le quali il sottoministro è un raccomandato di Prodi, del Papa e di non so più chi, perché (cito) "in Italia c'è un solo modo di diventare professori sotto i trent'anni", e quindi il solo fatto che il sottoministro abbia un ruolo superiore a quello della media dei suoi coetanei (alcuni dei quali fidanzati con certe signorine che conosco io) è sufficiente a sancire che il sottoministro sia colpevole beneficiario di favori indebiti. Ecco dunque la sobrietà all'italiana: la logica vorrebbe che una verità, foss'anche pronunziata da Barbablù o da Leonarda Cianciulli o addirittura da Marco Travaglio, restasse vera indipendentemente dall'identità dell'assertore; e invece noi ci organizziamo in maniera tale che, appena uno esprime un concetto anche solo vagamente rispondente al vero sotto gli occhi di tutti, si individua immediatamente una colpa da rinfacciargli per confutarlo in toto. Così, di riffa o di raffa, il sottoministro s'è dovuto rimangiare la sua affermazione. Come diceva quello, "si quelqu'un excelle parmi nous, qu'il aille exceller ailleurs": alla fine lo sfigato è colui che all'età in cui gli altri si laureano è già professore.
Tanto basti per l'epidemia di sobrietà che il governo doveva scatenare fra gli italiani. Il secondo requisito era la stabilità: e vai con lo sciame sismico.