giovedì 16 febbraio 2012


Per dire com’è cambiato il giornalismo sportivo. L’altro giorno Fabio Geda, mentre presentavo con Francesco Savio Anticipi, posticipi a Torino, mi ha chiesto se il mio rimpianto del calcio d’antan non fosse che nostalgia fine a sé stessa, dovuta esclusivamente al fatto che, essendo passatista, il passato mi piace solo in quanto passato, mentre se fosse presente non mi piacerebbe. Lì per lì non ci avevo pensato; ma avere bevuto due o tre amari prima della presentazione (bisognava riscaldarsi) mi ha consentito di formulare il pensiero con chiarezza. Guarda, ho risposto, se facciamo un paragone fra il calcio del 2011 e quello del 1991 notiamo che sono cambiate più cose di quante non fossero cambiate fra il 1991 e il 1971, o fra il 1971 o il 1951, per non dire addirittura fra il 1991 e il 1951. C’è una discontinuità per la quale sembra che, a un certo punto dopo il 1991, il calcio abbia smesso di essere ciò che era stato, con sviluppo innegabile ma coerente, a partire dal 1929 (istituzione della Serie A a girone unico) e sia diventato qualcosa di molto somigliante però diverso. Ecco, è diventato un’imitazione che cerca di superare il modello originale screditandolo. Quando si può individuare il punto di rottura? A occhio, secondo me, nell’estate 1993, al primo posticipo di una partita per consentirne la trasmissione televisiva a pagamento, all’epoca su Telepiù: si trattava di una modesta Lazio-Foggia, finita 0-0 fra gli sbadigli, che fece dire a tutti che l’innovazione non avrebbe avuto seguito. Infatti. Va detto, a discolpa delle cassandre, che referente sommo della tracimazione del calcio sulla pay-tv era stato nominato Aldo Biscardi e pertanto l'operazione poté apparire poco credibile. L’abitudine, fino ad allora, era che se una partita veniva posticipata – che so, per neve – veniva poi trasmessa in diretta gratuita sulla Rai ventiquattr’ore dopo, non appena la neve si squagliava. Guardate invece oggi: basta qualche fiocco gagliardo e si impazzisce, una domenica si decide di giocare otto partite tutte alle tre del pomeriggio e la domenica dopo alla stessa ora se ne giocano solo tre (ma una è Inter-Novara che oggettivamente ne è valsa almeno il doppio). L’idea che una partita potesse, anzi dovesse, venire posticipata o anticipata per consentirne la trasmissione invertì il consueto rapporto fra esse e percipi: non si portavano più le telecamere allo stadio perché lì si giocava ma si giocava allo stadio perché lì c’erano le telecamere. La partita è dunque diventata progressivamente un momento di una narrazione che procede al di fuori di e indipendentemente da essa; ormai non è neppure il momento più importante, come dimostrano le ore di chiacchiere sulla Rai (figuriamoci sul satellite) riguardo a una Catania-Roma sospesa per pioggia o a un paio di incontri della Juventus rinviati per neve. Questo ha cambiato inevitabilmente la presentazione dell’evento, passato o futuro, sui giornali.

Non so dire tecnicamente quale effetto possano esercitare i transistor sulle grammatiche, ma una delle prime conseguenze dell’inglobamento del calcio nel televisore è stata la sparizione del predicato verbale dai titoli delle gazzette. Poniamo che il Milan stia per andare in serie B ma si salvi solo all’ultimo minuto con un rocambolesco goal di Ignazio Abate. Vent’anni fa la Gazzetta (come qualsiasi altro quotidiano) avrebbe intitolato così: “Abate salva il Milan”, spiegando nel sottotitolo: “Un goal del terzino dà alla squadra di Allegri il punto decisivo per restare in A. I rossoneri scavalcano la Cavese che raggiunge Lecce e Inter, da tempo condannate dalla matematica”. Oggi la Gazzetta (come qualsiasi altro quotidiano) intitolerebbe: “Culo Milan”, oppure “Sant’Abate”, oppure “Argh”. Non ci credete? Nel 1963, quando il Milan vinse la prima Coppa dei Campioni, il titolo della Gazzetta fu “E’ del Milan il titolo europeo”. Nel 2007, quando il Milan vinse la settima, il titolo della Gazzetta fu “E vai”, con sette punti esclamativi. Ieri, il Milan ha surclassato l’Arsenal meritando il titolo “Milan bellissimo”. Non ho controllato se sui quotidiani londinesi il titolo invece recitasse: “Argh”.

Fin qui le differenze rispetto a ieri. E domani? Domani non si sa, ma oggi c’è il web 2.0, che cambia definitivamente la nostra percezione del calcio, dopo che la tv ne ha cambiato l’essenza; da qui possiamo trarre qualche auspicio. Come accennavo all’inizio, avantieri ero a Torino e vi ho trascorso l’intera giornata, concedendomi un amaro anche dopo la presentazione tanto per arrotondare. Sono rientrato a Pavia che s'erano fatte le 23 e, invece di mettermi a compulsare i risultati di Champions League ho ritenuto opportuno prendere una pizza in cartone; tant'era buona che sono andato a letto dimenticandomi di controllare i risultati. Poco male, mi son detto svegliandomi di soprassalto a un'ora imprecisata e buia: lo farò domani con tutto il mio agio, grazie al cielo c'è internet che garantisce una comunicazione continua, esauriente e stabile, in cui tutto si crea e nulla si distrugge. Al mattino dopo, prima di mettermi a lavorare, sono andato sul sito della Gazzetta (ma sarebbe successo lo stesso con qualsiasi altro quotidiano) sicuro di apprendere immantinente il risultato di Bayer Leverkusen-Barcellona, ma la principale notizia data dal sito era un rumor secondo il quale Paolo Maldini avrebbe presto o tardi avuto qualcosa a che fare col Paris Saint Germain. Allora mi son detto: questo è lo specchietto per le allodole, servirà plausibilmente a far aumentare i contatti del sito mostrando che è talmente aggiornato da non dare solo le notizie man mano che accadono in tempo reale ma anche quelle non ancora accadute. Mi sono messo il cuore in pace e sono andato sulla sezione "calcio", sicuro che lì la prima notizia sarebbe stata il risultato di Bayer Leverkusen-Barcellona in quanto nella ore intercorse dalla fine della partita non era sicuramente successo nient'altro di rilevante, calcisticamente parlando. Infatti sulla sezione "calcio" la notizia principale era che Guardiola, l'allenatore del Barcellona, durante la partita in questione aveva indossato una sciarpa nera e azzurra e di conseguenza stava annunciando al mondo che sarebbe stato il prossimo allenatore dell'Inter (tanto più che, interrogato al riguardo, ha risposto: "A priori non lo escludo"; ma ditemi voi, in un anno in cui ci sono già capitati Monti, la Concordia, il terremoto, la neve e le profezie Maya vi sentireste, qualsiasi cosa vi chiedano, di escluderla a priori?). Bisogna tuttavia dare atto di due cose. La prima è che in un punto più basso e meno vistoso della sezione "calcio" si parlava dell'andamento della partita; solo che stante la proibizione di utilizzare i predicati verbali, figuriamoci le cifre esatte, il titolo era solo "Troppo Barça", ragion per cui per sapere quanto fosse finita la partita (1-3) non ho potuto che cercare il risultato sul televideo Rai. La seconda è che mica è un guaio del calcio e basta, altroché: ieri pomeriggio sul sito del CorSera le prime tre notizie riguardavano cosa sarebbe potuto accadere alla presenza di Celentano nelle prossime serate di Sanremo, mentre la quarta riferiva che l'Italia era entrata in recessione.

Se dunque mi chiedete un pronostico su cosa diventerà il giornalismo sportivo nei prossimi anni grazie al sorpasso che internet inevitabilmente effettuerà su un mezzo antiquato come la televisione, sappiate anzitutto che sarà un giornalismo senza sostantivi, oltre che senza predicati verbali: l'ottava Coppa del Milan sarà salutata col titolo "Fichissimo", la nona con "MMMMM". Sappiate anche che sarà un giornalismo senza risultati: prima spariranno le formazioni, poi i marcatori, poi i tabellini e infine le classifiche, così che il grosso della discussione critica sportiva, prima durante e dopo le partite, verterà sul tema "Siamo primi noi", "No, voi siete quarti", "In realtà abbiamo pareggiato", "Mi hanno detto che ho segnato ma non so, non ho visto la partita". Infine, sappiate che sarà un giornalismo tutto coniugato al futuro per timore di risultare superato: di modo tale che, con un'audace modifica al regolamento del giuoco del calcio, sul campo varranno soltanto le reti che non sono ancora state segnate.