sabato 17 agosto 2013

Che Yelena Isinbaeva fosse brava lo sapevamo; che sia bella, si vede; adesso scopriamo che è anche intelligente. L'interesse delle sue dichiarazioni sulla presunta legge anti-gay promulgata ad Putin non risiede tanto nella considerazione che la Russia sia diversa e più eterosessuale di altri luoghi; quest'affermazione è statisticamente sindacabile come qualsiasi asserzione sulla sessualità, che è la parte nascosta e sfuggente di ciascuno (anche se, non so se siete mai stati in Russia, non so se avete mai visto le russe, ma se ci siete stati, se le avete viste, mi sembra chiaro il motivo per cui, ecco, ci siamo capiti). Piuttosto mi ha colpito la scioltezza con la quale ha spostato il discorso su un piano differente e superiore, mettendo in evidenza la fallacia degli omosessualisti. Il punto non è infatti stabilire se essere omosessuali sia bello o brutto, né se l'universale affermazione dell'omosessualismo migliorerà o peggiorerà questo mondo scombiccherato. Il punto è invece, come ha detto la Isinbaeva, che le leggi di un paese vanno rispettate dai forestieri che ci passano così come gli abitanti di quel paese devono rispettare le leggi altrui nei propri passaggi all'estero. Gli omosessualisti cercano di affermare la propria convinzione spacciandola per principio universale, e per questo hanno ottenuto che la legge russa che proibisce la propaganda omosessualista in presenza di minori venisse bollata col marchio di "legge anti-gay"; se fosse passato il nome, poniamo, di "legge salva-bimbi" allora la reazione del pubblico superficiale e distratto sarebbe stata presumibilmente diversa. La Isinbaeva, guardando abitualmente il mondo da un'altezza prossima ai cinque metri, ha colto che una legge non deve essere l'affermazione di un principio generale calato dall'alto ma la soluzione di un problema particolare che emerge dal basso; e che come tale deve rispondere alle esigenze di un certo gruppo di persone entro determinati confini. Purtroppo ha ammesso di non parlare bene l'Inglese e di essersi espressa male. Se avesse voluto passare alla storia, alla domanda in conferenza stampa avrebbe potuto rispondere "there is no such thing as mankind", ossia l'umanità non esiste e quindi è inutile cercare principii che valgano per tutti. Esistono degli individui che compiono degli atti e poi ne rispondono alla propria coscienza, eventualmente alla polizia e sicuramente un domani al Padreterno; esistono agglomerati di individui che si danno delle regole circoscritte all'agglomerato, e ognuno può vagliare se e quanto gli convenga trasgredire; a casa propria uno fa cosa vuole e a casa altrui si adegua. Se non gli piace non ci va, e non si sentirà la sua mancanza. Sentendo le dichiarazioni della Isinbaeva infilate da un qualsiasi telegiornale fra le nostre beghe agostane, fra il questicidio e la quellofobia, ho capito che l'Italia sbaglia a rimpiangere di non avere atlete come lei. Avremmo bisogno di donne.