lunedì 30 giugno 2014

Ieri ho esordito come predicatore su La Provincia Pavese, commentando il Vangelo del giorno. Riporto qui di seguito l'intero articolo, compresa la parte che è stata tagliata. I più attenti di voi non mancheranno di notare che il brano in corsivo non è mio bensì di San Matteo.

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». (Mt 16, 13-19)


Non tutte le domande suonano chiare come quelle di Gesù; non tutti i punti interrogativi ci pongono così serratamente di fronte alla nostra coscienza senza via di fuga. Forse abbiamo sbagliato l’interpretazione della domanda che Papa Francesco aveva posto quasi un anno fa sull’aereo che lo riportava da Rio de Janeiro a Roma. Verso la fine dell’intervista collettiva Ilze Scamparini, giornalista brasiliana, gli aveva chiesto un parere sulla presunta “lobby gay” del Vaticano e il Papa aveva risposto con una lunga argomentazione che culminava in un’altra domanda: “Se una persona cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?”.
Per forza di cose i giornali devono abbreviare i fatti, dunque l’hanno trasposta nei loro titoloni con questa formula sintetica dall’aria un po’ scettica se non qualunquista: “Chi sono io per giudicare?”. Così abbiamo trascurato due aspetti fondamentali. Il primo è che il Papa si riferiva a qualsiasi peccato, anche non sessuale, ricordando che se una persona si sforza la Chiesa ha il dovere di perdonare, e che si ottiene il diritto al perdono solamente col pentimento e con lo sforzo. Se Gesù ha detto: “Neanche io ti condanno; va’ e non peccare più” (Giovanni 8, 11), il Papa che è il suo vicario a maggior ragione deve chiedersi: Gesù non ti condanna, chi sono io per giudicare?
Il secondo aspetto è una diretta conseguenza del Vangelo di oggi. La domanda di Francesco affonda le radici in quella di Gesù. Tutte le domande che vorticano intorno alla nostra vita e alla nostra coscienza possono essere ridotte a ciò che Gesù chiede ai discepoli: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Se rispondiamo come Pietro, se siamo convinti che Gesù è “il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, cambia il senso di tutto ciò che pensiamo e di tutto ciò che facciamo: chi sono io per giudicare te di fronte a Cristo? Se invece alla domanda di Gesù rispondiamo balbettando o perdendoci in mille distinguo o lasciandoci travolgere dalla presunzione che il nostro io sia più importante di Dio, allora il nostro giudizio nei confronti della vita nostra o altrui sarà mutevole e vacuo, sarà un sacchetto vuoto che il vento porta dove capita.
Francesco è Papa perché alla domanda di Gesù ha risposto come Pietro. Quando la vocazione lo ha avvolto, da giovane a Buenos Aires, è stato pronto e fermo nella risposta; in conclave è tornato a rispondere alla domanda di Gesù e la sua fermezza, la sua convinzione, è diventata la nuova pietra sulla quale continuare a edificare la Chiesa. Non conta la dimensione della pietra né la sua forma né la sua consistenza: l’importante è che sia pietra. Tutte le disquisizioni sulla lana caprina, tutte le comparazioni fra un pontefice e l’altro, mi sembrano un po’ frivole e a tratti offensive perché dimenticano che alla radice di tutta la storia della Chiesa c’è questo momento eterno che si ripete nei millenni: Gesù che chiede chi crediamo che lui sia e un Pietro che risponde con fermezza e merita le chiavi del regno dei cieli.