lunedì 16 luglio 2007

Eziologia del gambero

(Gurrado per Ore Piccole)


Se casa mia fosse un posto decente, in cui i libri stanno sugli scaffali il cibo nel frigorifero e ogni cosa al suo posto, in questo momento sarei in grado di scomodare un curioso pensatore del XVIII secolo il quale, parafrasando Newton, volle rinvenire una legge di gravitazione universale delle anime; nel senso che si peritò di calcolare la formula matematica che regolava l’attrazione fra i diversi tipi possibili di sentimento – collerico, flemmatico, sanguigno e melanconico. Mi basterebbe trovare una citazione in un libro che ricordo benissimo: ma se trovare una citazione in un libro mi è relativamente facile (basta tenerlo in mano e girare le pagine), trovare un libro in casa mia è impresa sovrumana (bisogna come minimo telefonare a uno speleologo) e quindi sono costretto a risparmiarvi la citazione, anzi, sono costretto a ticchettare sulla tastiera permanendo nel dubbio che questo curioso pensatore del XVIII secolo non solo non ricordo come si chiami, ma che forse non è esistito giammai, forse me lo sono sognato dopo aver mangiato troppa carne cruda di cavallo.

Peccato perché questa formula della legge di gravitazione universale delle anime sarebbe stata un ottimo viatico per spiegare scientificamente – anzi, esageriamo: per more geometrico demonstrare il retropensiero del libricino appena pubblicato da Marsilio e opera di Gero Giglio e Luca Ragagnin: Amori Boomerang: 222 ritorni di fiamma. Il lettore superficiale (troppi ce ne sono) potrebbe pensare che si tratti di un libro da ombrellone, per le dimensioni contenute (meno di cento pagine) il prezzo abbordabile (dieci euro), la copertina solare e l’argomento trattato – ossia, la ragion per cui un signorino o una signorina, passato un po’ di tempo di separazione, non trova di meglio che tornare dalla signorina o dal signorino dal quale, standoci insieme, non ha pensato ad altro che separarsi.

Il principio di Giglio e Ragagnin è evidentemente scientifico, quasi entomologico, e lo si intuisce già dal numero citato nel sottotitolo. Azzardo un calcolo: se consideriamo che chi un bel giorno torna con l’ex fidanzato o fidanzata ha, grossomodo, una decina di scuse quasi ragionevoli da addurre per giustificarsi; se arrotondiamo questo numero a 10; se per sicurezza aggiungiamo una scusa irragionevole e folle, che di solito coincide con l’effettiva ragione del gesto, con la vera verità; se moltiplichiamo l’11 così ottenuto per le grossomodo 10 maniere decenti che si potrebbero utilizzare per tornare con un (apostrofo, o no) ex; se al conseguente 110 aggiungiamo l’ulteriore maniera, indecente e per nulla dignitosa, che alla fine viene scelta per operare il ritorno; se moltiplichiamo il risultato (111) per il numero dei sessi sulla faccia della terra (2, fino a prova contraria); se tutto questo, dunque, ecco il risultato definitivo di 222, esattamente il novero dei ritorni di fiamma differenti che Giglio e Ragagnin hanno scelto di catalogare nel loro prezioso vademecum.

Un computo del genere, se l’hanno architettato, li proietta immediatamente nel ristretto empireo dei cabalisti dell’amore. Luca Ragagnin, in particolare, aveva già fatto mostra (sempre con Marsilio) di saper catalogare l’incatalogabile curando con Enrico Remmert la scarlatta antologia Elogio dell’Amore Vizioso, che andrebbe regalata a ogni fidanzata e che, come ricorderanno le mie più fervide ammiratrici (se non altro quelle che non si sono uccise perché non ricambiate), in una precedente recensione avevo ritenuto antologia onnicomprensiva, che sorvolava la letteratura erotica per andare al nocciolo della questione: cioè non già la passeggera eccitazione del lettore, per la quale basterebbe il catalogo di Postalmarket, ma il sesso come ancoraggio unico e precario alla cornice della nostra vita, cioè il “nascere e morire” cui faceva riferimento Cesare Zavattini, in una poesiola, parlando della fica.

In accoppiata con Gero Giglio, Ragagnin non perde il suo criterio e unifica i 222 ritorni di fiamma secondo i cinque sensi, individuandone i sintomi (vista: “Lo vedi che non possiamo…”; tatto: “Non riesco nemmeno più a toccarlo…”; udito: “Non mi risponde più al telefono…”, etc.) e azzardando anamnesi al proposito. Ma più di tutto il libro vive dei resoconti, quasi tutti in prima persona, dei ritorni alla base dei disamorati delusi; alcuni occupano una paginetta (e sono per lo più impersonali, teorici), altri poche righe, altri ancora, fulminei, una frase soltanto. Nella serrata alternanza fra voci maschili e voci femminili, anonime, tutti costituiscono in qualche modo una giustificazione aprioristica, una scusa non richiesta, un free climbing sugli specchi. Ogni capoverso di Amori Boomerang è una scusa particolare detta a sé stessi e agli altri e, fatta salva l’inventiva di Giglio e Ragagnin, non è peregrino sospettare che ogni frase sia stata detta veramente e anzi, nei casi estremi, non è improbabile ricordarsi di averla già pronunziata in proprio.

Io mi sento sempre un po’ stronzo quando mi cito da solo, ma visto che non mi cita nessuno qualcuno dovrà pur farlo, pertanto mi sacrifico eroicamente in prima persona. Un’amica che sta rileggendo tutta la mia opera dall’adolescenza ai giorni nostri, come se ne valesse la pena, mi farebbe notare che da qualche parte ho scritto che la vita di un uomo si divide fra tentativi di trovare qualcuno e tentativi di perderlo. E, fin qui, si tratterebbe di normale e accettabile dialogicità fra eros e thanatos; ma il ritorno all’amante previamente respinto cos’è? Un tentativo di risurrezione? Un eterno ritorno in sedicesimo? Un uroboro da salotto, anzi, da camera da letto?

In un tempo di risposte pronte, Giglio e Ragagnin preferiscono scrivere in maniera dubitativa, così da rendere Amori Boomerang un’opera di letteratura e non un manuale di automiglioramento (Dio scampi e liberi). Probabilmente, se avessero scritto Come riconquistare il tuo ex perduto o, alternativamente, Perché raccattare la tua ex dopo averla abbandonata lungo l’A14, avrebbero venduto più copie ma non avrebbero avuto la coscienza a posto; poiché così avrebbero dovuto rinunziare al principio unificatore, scientifico, di gravitazione universale delle anime che costituisce la sottotraccia teoretica dei 222 ritorni di fiamma.

Oppure, senza scomodare questo filosofo del XVIII secolo che con ogni probabilità mi sono inventato come gran parte dei contenuti della mia tesi di dottorato, potrebbe bastare la vecchia salda e newtoniana legge di gravitazione universale dei corpi: a chiunque capiti di avere delle ex (mica ce ne vogliono cinquecento, sia chiaro, ne basta una purché particolarmente disdicevole), a chiunque sia capitato di rincontrarla più o meno a sorpresa, sarà capitato anche di notare che – mentre il razionale cervello rifugge da ogni contatto equivoco – il corpo, che è un animale pigro, riconosce l’antico padrone e gli fa le fusa; né c’è verso di tirargli le briglie ricordando il dolore passato perché non si tratta di scelta ponderata, si tratta di abitudine come per i gatti che si affezionano alla casa ma non ai suoi abitanti, e che sono capacissimi di strusciarsi lungamente contro un serial killer solo perché detiene un divano morbido.


A chi ha la fortuna di andare in vacanza consiglio, anzi prescrivo, una lettura e rilettura impegnata di Amori Boomerang quale volume introduttivo di Elogio dell’Amore Vizioso. Imparerete così, sotto l’ombrellone, come tutto si riduca al corpo che si fa concavo dove trova il convesso, e viceversa; imparerete altresì che quando, annoiati mortalmente dal sole dal mare e dalle alghe, vi tornerà in mente la persona che avete eliminato prima dell’estate ma della quale non avrete ancora ardito cancellare il numero telefonico dalla vostra rubrica, allora sarà bene scrivere centomila volte sulla sabbia bollente la frase che Giglio e Ragagnin hanno sistemato a pagina 18, giustificazione tanto secca quanto metaforica e, ma sì, metafisica: “Sono ritornato con lei perché sono brutto e lei mi dice che sono bello”. Poi la chiamerete, sapendo di sbagliare.

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