Mentre il faccione di Walter Veltroni, ieri pomeriggio, si affacciava al finestrino dalla stazione di Brescia postulando non già un nuovo partito bensì un’Italia migliore, chi come me soffriva sul treno Verona-Milano si scopriva inconsaepevolmente immerso in una sorta di spot elettorale semovente, nel quale una ghanese sovrappeso, dimèntica d’indossare la gonna, berciava strillando al telefono in una lingua che, per quanto di fatto incomprensibile né riducibile a qualsiasi possibile radice semantica indoeuropea, conseguiva l’immediato effetto di troncare la mia lettura dell’altrettanto ardimentosamente comprensibile Marcel Proust, suscitando intanto sguardi allarmati e risolini nervosi nei circonvicini utenti della carrozza, fino al momento in cui tali sguardi e tali risolini si sono sciolti nelle più generali sorpresa, e meraviglia, e irritazione al momento stesso in cui un mussulmano disinvolto ha dato fiato al proprio mangianastri che ha preso a diffondere a tutto volume forsennate danze del ventre, tali che solo la presenza effettiva di un’odalisca sfarfalleggiante per il corridoio dello scompartimento avrebbe potuto rendere più vivide, in maniera tale che man mano che il treno ripartiva e la stazione di Brescia veniva abbandonata e il faccione di Veltroni sfumava nell’alone dei ricordi più vaghi sarebbe stato ben verosimile che un fermo immagine divino ipostatizzasse la moresca laida o il tristo mamelucco mentre una voce fuori campo o un carattere in sovraimpressione scandisse commentando i loro volti ottusi:
Io sono in Italia perché non è stata applicata
la legge Bossi-Fini.
Grazie, continua a votare a sinistra!
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