(Gurrado per il Guardian, no, scherzavo: Gurrado per Il Foglio, con alcune variazioni per solutori più che esperti)
Meno male che c’è il Guardian a difendere l’Italia dagli attacchi di Berlusconi. Da quando vivo in Inghilterra lo leggo tutti i giorni e così ho potuto farmi un’idea del mio paese natale, peraltro molto più precisa di quando ancora vivevo lì. Ho potuto apprendere che Berlusconi avrebbe paragonato i terremotati dell’Aquila a campeggiatori di passaggio e che Berlusconi (chi altri?) avrebbe rimediato una figuraccia di fronte alla massima autorità morale dell’universo, Bob Geldof (chi altri?). Ma nelle ultime settimane dal Guardian ho appreso anche che i turisti di Napoli hanno avuto come guide “degli ex detenuti che li avrebbero aiutati ad attraversare la strada nel traffico cittadino, che fa rizzare i capelli” (corrispondenza di Fiona Winward da Roma, 14 giugno 2009). Non mi soffermo sulla sottigliezza polemica di definire, proprio di questi tempi, “the escorts” gli ex galeotti che danno il braccio alle vecchine inglesi; tanto più che la fonte della notizia risulta essere un’intervista dell’assessore Corrado Gabriele a “the Italian newspaper La Repubblica”. Sottolineo invece i timori degli albergatori i quali “non sono convinti che quest’operazione possa promuovere un’immagine corretta di Napoli, la cui reputazione è stata colpita lo scorso anno dal film Gomorra, premiato al Festival di Cannes”. La valenza politica della notizia è manifesta, tanto più che era l’unica che quel giorno fosse trapelata fino all’Inghilterra nonostante la rigida censura informativa vigente in Italia. Ho potuto ammirare l’impegno del trainer Vincenzo Minopoli nel “far sì che nei primi giorni the escorts fossero un po’ meno bruschi con i turisti”; ho potuto condividere il sillogismo dell’ex convitto Pietro Ioia: “è meglio farli lavorare per la Regione piuttosto che per la camorra”. Sono queste le notizie che spiegano tutto di una nazione, sono queste le notizie che fanno grande un quotidiano.
Dopo due giorni di trepida attesa, ho finalmente potuto leggere un’altra notizia approdata sulle bianche costiere di Dover dopo essere sfuggita alle mortali spire della censura berlusconiana: il Comune di Roma mette all’asta su internet 34 tombe extralusso dichiarate abbandonate. La storia dei morti che abbandonano le tombe non può convincere un quotidiano sagace come il Guardian, per nulla prono alla tradizione garibaldina dei martiri nostri tutti risorti, le spade nel pugno e gli allori alle chiome. Novella Bonini, novella D’Avanzo, Fiona Winward da Roma (16 giugno 2009) inchioda la giunta mortuaria con degli inquietanti interrogativi: “Alcuni dei mausolei sembrano essere stati costruiti di recente, e ciò conduce a una domanda necessaria per quanto indelicata: dove si trovano adesso quelli che li occupavano in precedenza?”. Manco ci fosse stata dentro Noemi, le domande restano senza risposte plausibili a meno di considerare tali i vaghi riferimenti “all’ossario comunale” avanzati da un’anonima e un po’ lugubre “cemetery spokeswoman”, la portavoce del cimitero. Il pezzo si chiude sui sospetti di Alessio D’Amato, “a centre-left regional councillor che ha criticato l’iniziativa tacciandola di ‘asta per ricchi’ nel newspaper Corriere della Sera”. In questo caso non s’è trattato solo dell’unica notizia del giorno dall’Italia, ma anche dell’unica altra di tutta la settimana insieme a quella di Napoli. In compenso a tutt’oggi la prima notizia sulla pagina web del Guardian dedicata all’Italia è un commovente resoconto della “lenta morte di Venezia”, risalente al primo marzo.
È per notizie come queste, o come quella di ieri sul G8, che leggo il Guardian tutti i santi giorni. Nonché per poter leggere i commenti sulla politica italiana dei più autorevoli e indipendenti osservatori internazionali. Ad esempio il 21 giugno 2009 trovo sull’Observer, il Guardian della domenica: “Si riteneva un novello Cesare: ora il suo declino è epico” – editoriale di Ezio Mauro che rivendica orgogliosamente il ruolo del suo Italian newspaper: “As far as La Repubblica is concerned, continueremo a fare il nostro lavoro come se fossimo in un Paese normale”. Segue sospiro di sollievo della Gran Bretagna intera. Oppure, sul Guardian del 10 aprile 2009: “Silvio Berlusconi è libero di fare gaffe davanti alla servile stampa italiana” – editoriale di Tana de Zulueta nel quale si rivelano cose inaudite: che Berlusconi detiene il monopolio dell’informazione italiana! che metà dei giornalisti lavora per lui e l’altra metà sa che per lui potrebbe lavorare un giorno! che qualsiasi scempiaggine Berlusconi dica viene non solo censurata dai compiacenti scribacchini ma automaticamente trasformata in intuizione geniale! Voi però siete in Italia e non avreste mai potuto saperlo se non ci fosse stato il Guardian, il cui sito un paio di giorni dopo ha avuto la bella pensata di ripubblicare tradotto il pezzo zuluetesco per consentire ai navigatori italiani di leggerlo – poiché è noto che il dispotico governo Berlusconi ha proibito di sapere l’Inglese – e di scuotersi dal proprio annoso giogo. Io invece sono in Inghilterra e posso leggere tutti gli editoriali di Ezio Mauro che voglio.
Ora, non ditelo a Tana de Zulueta ma leggo il Guardian anche per Alexander Chancellor, un brillante corsivista la cui foto dimostra l’urgente bisogno di un consulente nella scelta dei pullover. Questi, nel suo editoriale del 5 giugno 2009 intitolato “In questi tempi difficili cerchiamo consolazioni affidabili: tradizione, qualità e una scodella di spaghetti”, s’è talmente lasciato prendere dal furore antiberlusconiano da scrivere non solo che “se sei Italiano e al ristorante ordini spaghetti all’amatriciana o melanzane alla parmigiana speri che siano indistinguibili da come li faceva tua nonna” ma anche, piuttosto sorprendentemente nella stessa pagina, che in Italia “l’opposizione di centrosinistra è unimpressive – insignificante - e manca di un leader plausibile”. Io vivo in Inghilterra e non so se questa considerazione sia stata ripresa dalla stampa italiana. Forse è rimasta impigliata per errore nelle mortali spire della censura in entrata.
Meno male che c’è il Guardian a difendere l’Italia dagli attacchi di Berlusconi. Da quando vivo in Inghilterra lo leggo tutti i giorni e così ho potuto farmi un’idea del mio paese natale, peraltro molto più precisa di quando ancora vivevo lì. Ho potuto apprendere che Berlusconi avrebbe paragonato i terremotati dell’Aquila a campeggiatori di passaggio e che Berlusconi (chi altri?) avrebbe rimediato una figuraccia di fronte alla massima autorità morale dell’universo, Bob Geldof (chi altri?). Ma nelle ultime settimane dal Guardian ho appreso anche che i turisti di Napoli hanno avuto come guide “degli ex detenuti che li avrebbero aiutati ad attraversare la strada nel traffico cittadino, che fa rizzare i capelli” (corrispondenza di Fiona Winward da Roma, 14 giugno 2009). Non mi soffermo sulla sottigliezza polemica di definire, proprio di questi tempi, “the escorts” gli ex galeotti che danno il braccio alle vecchine inglesi; tanto più che la fonte della notizia risulta essere un’intervista dell’assessore Corrado Gabriele a “the Italian newspaper La Repubblica”. Sottolineo invece i timori degli albergatori i quali “non sono convinti che quest’operazione possa promuovere un’immagine corretta di Napoli, la cui reputazione è stata colpita lo scorso anno dal film Gomorra, premiato al Festival di Cannes”. La valenza politica della notizia è manifesta, tanto più che era l’unica che quel giorno fosse trapelata fino all’Inghilterra nonostante la rigida censura informativa vigente in Italia. Ho potuto ammirare l’impegno del trainer Vincenzo Minopoli nel “far sì che nei primi giorni the escorts fossero un po’ meno bruschi con i turisti”; ho potuto condividere il sillogismo dell’ex convitto Pietro Ioia: “è meglio farli lavorare per la Regione piuttosto che per la camorra”. Sono queste le notizie che spiegano tutto di una nazione, sono queste le notizie che fanno grande un quotidiano.
Dopo due giorni di trepida attesa, ho finalmente potuto leggere un’altra notizia approdata sulle bianche costiere di Dover dopo essere sfuggita alle mortali spire della censura berlusconiana: il Comune di Roma mette all’asta su internet 34 tombe extralusso dichiarate abbandonate. La storia dei morti che abbandonano le tombe non può convincere un quotidiano sagace come il Guardian, per nulla prono alla tradizione garibaldina dei martiri nostri tutti risorti, le spade nel pugno e gli allori alle chiome. Novella Bonini, novella D’Avanzo, Fiona Winward da Roma (16 giugno 2009) inchioda la giunta mortuaria con degli inquietanti interrogativi: “Alcuni dei mausolei sembrano essere stati costruiti di recente, e ciò conduce a una domanda necessaria per quanto indelicata: dove si trovano adesso quelli che li occupavano in precedenza?”. Manco ci fosse stata dentro Noemi, le domande restano senza risposte plausibili a meno di considerare tali i vaghi riferimenti “all’ossario comunale” avanzati da un’anonima e un po’ lugubre “cemetery spokeswoman”, la portavoce del cimitero. Il pezzo si chiude sui sospetti di Alessio D’Amato, “a centre-left regional councillor che ha criticato l’iniziativa tacciandola di ‘asta per ricchi’ nel newspaper Corriere della Sera”. In questo caso non s’è trattato solo dell’unica notizia del giorno dall’Italia, ma anche dell’unica altra di tutta la settimana insieme a quella di Napoli. In compenso a tutt’oggi la prima notizia sulla pagina web del Guardian dedicata all’Italia è un commovente resoconto della “lenta morte di Venezia”, risalente al primo marzo.
È per notizie come queste, o come quella di ieri sul G8, che leggo il Guardian tutti i santi giorni. Nonché per poter leggere i commenti sulla politica italiana dei più autorevoli e indipendenti osservatori internazionali. Ad esempio il 21 giugno 2009 trovo sull’Observer, il Guardian della domenica: “Si riteneva un novello Cesare: ora il suo declino è epico” – editoriale di Ezio Mauro che rivendica orgogliosamente il ruolo del suo Italian newspaper: “As far as La Repubblica is concerned, continueremo a fare il nostro lavoro come se fossimo in un Paese normale”. Segue sospiro di sollievo della Gran Bretagna intera. Oppure, sul Guardian del 10 aprile 2009: “Silvio Berlusconi è libero di fare gaffe davanti alla servile stampa italiana” – editoriale di Tana de Zulueta nel quale si rivelano cose inaudite: che Berlusconi detiene il monopolio dell’informazione italiana! che metà dei giornalisti lavora per lui e l’altra metà sa che per lui potrebbe lavorare un giorno! che qualsiasi scempiaggine Berlusconi dica viene non solo censurata dai compiacenti scribacchini ma automaticamente trasformata in intuizione geniale! Voi però siete in Italia e non avreste mai potuto saperlo se non ci fosse stato il Guardian, il cui sito un paio di giorni dopo ha avuto la bella pensata di ripubblicare tradotto il pezzo zuluetesco per consentire ai navigatori italiani di leggerlo – poiché è noto che il dispotico governo Berlusconi ha proibito di sapere l’Inglese – e di scuotersi dal proprio annoso giogo. Io invece sono in Inghilterra e posso leggere tutti gli editoriali di Ezio Mauro che voglio.
Ora, non ditelo a Tana de Zulueta ma leggo il Guardian anche per Alexander Chancellor, un brillante corsivista la cui foto dimostra l’urgente bisogno di un consulente nella scelta dei pullover. Questi, nel suo editoriale del 5 giugno 2009 intitolato “In questi tempi difficili cerchiamo consolazioni affidabili: tradizione, qualità e una scodella di spaghetti”, s’è talmente lasciato prendere dal furore antiberlusconiano da scrivere non solo che “se sei Italiano e al ristorante ordini spaghetti all’amatriciana o melanzane alla parmigiana speri che siano indistinguibili da come li faceva tua nonna” ma anche, piuttosto sorprendentemente nella stessa pagina, che in Italia “l’opposizione di centrosinistra è unimpressive – insignificante - e manca di un leader plausibile”. Io vivo in Inghilterra e non so se questa considerazione sia stata ripresa dalla stampa italiana. Forse è rimasta impigliata per errore nelle mortali spire della censura in entrata.
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