martedì 28 dicembre 2010
Secondo motivo per ringraziare Iddio quest’anno è il Texas, che indubbiamente stava lì da tempo ma che non avevo visitato prima del 2010. A dire il vero non avevo nessuna intenzione di andare negli Stati Uniti in vita mia ma, essendoci stato spinto in circostanze di lavoro, sono stato contento di poter iniziare da lì e non, ad esempio, da New York che è una città di interruttori scassati e luci che non si spengono mai. Il Texas, invece, è terra di bistecche, bikini e biblioteche. Ho passato qualche giorno a documentarmi nell’Harry Ransom Center, una silenziosa e funzionale sala di lettura che possiede centinaia di edizioni settecentesche di Voltaire, nonché vari altri tesori dell’umanità quali i fogli di lavoro di David Foster Wallace, la solita Bibbia di Gutenberg e le ben più rare lettere autografe di Jane Fonda. Quando finivo andavo a mangiare da Applebee (se riuscivo ad attraversare la strada, poiché in Texas i pedoni non sono previsti) dove per dieci dollari mi davano una fetta di carne nella quale avrei agevolmente potuto avvolgermi, oltre a anelli di cipolle fritte, patatine e infiniti altri cibi che fanno malissimo ma comunque preparano ad affrontare serenamente l’idea che prima o poi moriremo tutti, perfino i vegetariani. Poi faceva caldo: essendo marzo ero partito dall’Inghilterra con la giacca a vento col bordo di pelliccia, invece ad Austin c’erano passanti in shorts e signorine in due pezzi che ballavano l’hula-hoop sul marciapiede. Mi aspettavo di trovare un popolo trovo, pronto a fucilarti al primo starnuto, e invece ho trovato gente serena, sorridente, che quando incontra il tuo sguardo sorride e se ti vede passare da solo ti saluta per prima anche se non ti conosce. Sarà, credo, uno degli effetti collaterali della pena di morte, che suggerisce l’idea che non valga la pena di fare i nervosi. Di domenica mattina, insieme a infinite famigliole dei dintorni, ho visitato il palazzo del parlamento, che è stato costruito avantieri (seconda metà del XIX secolo) ma che custodiscono come una reliquia. Al centro del palazzo, sul pavimento, campeggia la stella solitaria che è il simbolo dello Stato; tutt’attorno, per tre o quattro piani, sono collocati i ritratti dei governatori in senso cronologico inverso a quello al quale si sono succeduti. Così una domenica mattina, nel luogo e nel punto in cui meno me lo sarei aspettato, mi sono trovato davanti un ritratto a olio di George W. Bush e ho scoperto di non essere più solo nel mio apprezzamento.
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