martedì 25 gennaio 2011
Il fascino di Oxford sta nell’impatto duro, nei primi giorni, quando arrivi e non conosci nessuno né riesci ad abituarti al sole che tramonta a orari sbalestrati o agli spifferi uraganeschi o al sapore diverso del cibo che sembra inseguirti di strada in strada. L’inizio è talmente spiacevole – fanno fede tutti gli immigrati accademici che me l’hanno confermato – da renderti necessaria la ricerca di momentanee ma decisive consolazioni. Possono essere gli inserti patinati dei quotidiani del fine settimana, il telefonino di ultima generazione non ancora sbarcato in Italia, i vestiti a costo più contenuto, i dolci al burro, la birra, le biondine scosciate e ubriache del sabato sera, il mastodontico settore di italianistica della biblioteca della facoltà di lingue e letterature straniere, etc.: per brevità, le identificheremo tutte con i biscotti al triplo cioccolato nel chiosco di Ben al mercato coperto. Con l’animo completamente squacquerato dai primi giorni a Oxford, ti accorgi da solo o ti viene detto che i biscotti al triplo cioccolato di Ben sono estasianti, ne assaggi uno e convieni che è vero. Da allora, ogni volta che Oxford colpirà basso e ti sentirai male per i più diversi motivi, andrai da Ben, prenderai un biscotto al triplo cioccolato e passerà tutto. In quel momento smetterai di essere un abitante di Oxford e diventerai un suo cliente, asservendoti al sistema di dipendenze che Oxford ti offre come rimedio alla propria stessa esistenza. Alla lunga, scambierai le momentanee consolazioni con l’unica possibile felicità e dopo uno o due anni di coda davanti al chioschetto di Ben, assuefatto al contrasto rispetto ai primi terrificanti giorni successivi al tuo trasferimento, ti renderai improvvisamente conto che i suoi biscotti al triplo cioccolato non li puoi trovare altrove, allora sceglierai di restare a Oxford tutta la vita, passando in cavalleria le cause che richiedono necessaria la consolazione, ingrassando.
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