martedì 1 marzo 2011
Io proprio non sopporto quelli che, quando devono tenere una conferenza, si presentano con un foglio scritto e leggono dalla prima all’ultima parola. Credevo che fosse un vizio soprattutto italiano, invece ho notato che avviene con frequenza ancora maggiore in Inghilterra e me ne sono chiesto il motivo. Penso che ci siano ragioni differenti: gli italiani tendono a leggere per insipienza, ossia perché non si sentono sicuri dei concetti che hanno appiccicato sul foglio e, argomentando sovente senza alcuna concatenazione logica, temono non leggendo di poter dimenticare qualche passaggio. Taluni si sforzano di leggere così male da far sembrare che abbiano trovato sul leggio dei fogli scritti chissà da chi. Il loro modello è Achille Lauro di venerata memoria, il quale leggendo un discorso in parlamento inciampò una prima volta in “Penelòpe”, poi incontrò un “come la mitica Penelòpe”, poi “la celebre tela di Penelòpe” – e a quel punto sbottò voltandosi verso i banchi del proprio partito: “Ma chi cazz’è ’sta Penelòpe?”. Gli inglesi operano una scelta opposta: leggono il proprio intervento per renderlo noioso. Sanno magari di avere dei contenuti interessanti, densi, sorprendenti; sapendo che tenere sveglio l’uditorio è sintomo insindacabile di maleducazione, un’inaccettabile imposizione della propria presenza, iniziano a leggere con voce monocorde per trenta, quaranta, cinquanta minuti; il loro obiettivo è venire dimenticati in fretta, dare l’impressione di non esserci, parlare in pubblico senza farne accorgere nessuno.
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