martedì 12 aprile 2011
Il problema di Oxford non è che è brutta, il problema di Oxford è che è una sola. Ci vorrebbe un’Oxford per gli studenti, che per come è strutturata l’università inglese avrebbero soltanto bisogno di discoteche in magna copia e di un paio di strade ad alto scorrimento nelle quali farsi vedere mentre vanno in giro o vestiti in toga, pavoneggiandosi perché hanno letto due libri quasi fino all’ultima pagina, o mentre si calano i calzoni e si rotolano nel proprio stesso vomito alcolico. Ci vorrebbe un’altra Oxford per i turisti giapponesi, categoria che come sempre include anche i cinesi e i coreani, che stanno fermi per ore con i loro sguardi da dementi a rimirarsi palazzi insignificanti per chiunque abbia la terza elementare, o che si fanno fotografare con i loro sorrisi da dementi (pare che sia una delle loro principali caratteristiche) e con le dita a V di fronte alla locale filiale di una catena di pasticcerie; per loro basterebbe una piccola riproduzione in plastica dei principali monumenti di Oxford: la miniatura della Radcliffe Camera, la miniatura del Christ Church College, le miniature della Torre Eiffel e di Dolce e Gabbana. Ci vorrebbe un’Oxford insonorizzata nella quale rinchiudere i ragazzini italiani che vengono a fingere di imparare la lingua. Un’ulteriore Oxford sarebbe necessaria per gli intellettuali, ma dovrebbe essere dotata esclusivamente di specchi che riflettono la loro immagine mentre vanno al caffè portandosi dietro un laptop, due netbook, tre iPad, quattro Blackberry, cinque opere di Derrida e sei volumi del Kamasutra dai quali trarre le posizioni più comode per star seduti su una poltrona sembrando intelligenti. E un’Oxford per i barboni non vogliamo costruirla, visto che in determinate zone della città costituiscono la netta maggioranza degli abitanti? Poi ci vorrebbe un’apposita Oxford per gli ecologisti, capeggiati dal sindaco, in cui chiunque cooperi al surriscaldamento globale aprendo un rubinetto venga immediatamente messo al rogo; e un’Oxford per gli amministratori comunali, con delle apposite nicchie nascoste per la pubblica via come nelle abitazioni private, dalle quali costoro possano saltar fuori ingiungendo all’inconsapevole contribuente: “Paga il pedatico! Paga il rotatico! Paga il mangiatico! Paca il cacatico!”. Infine, ma potrei andare avanti fino a dopodomani, sarebbe necessaria un’Oxford per i ricercatori italiani in loco: basterebbe un’unica stradina, magari stretta ma lunga lunga lunga, visto che alcuni di loro se la tirano da qui all’eternità. Non potete immaginare che soddisfazione sarebbe andarsene non da una ma da tutte e otto.
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