lunedì 27 febbraio 2012
L'Italia è un Paese strano, come dimostra in scala il caso Buffon. Il grosso della polemica dopo Milan-Juventus - e temo che ce lo trascineremo fino a fine campionato - verte sulla rete non vista di Muntari e sul fatto che Buffon abbia dichiarato di non aver visto dov'era il pallone, e che se anche lo avesse visto oltre la linea di porta non avrebbe certo detto all'arbitro che era dentro. Tutti hanno criticato Buffon perché così non si fa; perché il capitano della nazionale ha il dovere morale di dire sempre la verità, anche nei periodi ipotetici; perché se ha sostenuto di non essersene accorto vuol dire che se n'era accorto di sicuro. Nessuno ha messo in conto due fattori decisivi: il primo è che il Milan ha cincischiato per il resto della partita e non ha fatto fruttare un'evidente superiorità cercando con maggiore determinazione il raddoppio che avrebbe con ogni probabilità assicurato la vittoria, mentre invece è stato più comodo dire che è stata colpa dell'arbitro, del guardalinee, del portiere avversario, delle recriminazioni di Conte, dell'onda lunga di Calciopoli, del destino cinico e baro, a me m'ha rovinato la guerra, se non c'era la guerra a quest'ora stavo a Londra, eccetera eccetera. Il secondo è che Buffon, di qua o di là dalla linea, ha fatto una parata sensazionale per plasticità e prontezza, una parata che sarebbe stata impossibile per buona parte dei suoi colleghi oltre che per i trenta o quaranta milioni di critici da poltrona che lo rimproverano perché ha osato dire ciò che pensava e ciò che molti altri avrebbero pensato al posto suo. Io non sono del novero: io ritengo che Buffon abbia fatto bene a parare senza chiedersi da che lato fosse il pallone; ritengo che avrebbe fatto bene a non autodenunziarsi all'arbitro perché con la correttezza non si va da nessuna parte, tutt'al più si viene ospitati da Fabio Fazio; ritengo consolante che il capitano della nazionale sappia quando mentire con classe perché, se lo stesso episodio fosse accaduto in una partita dell'Italia, magari decisiva, magari di un Mondiale, preferirei che un portiere non vanifichi anni di sforzi collettivi per fare bella figura davanti alle telecamere e ricevere il premio fair play che è il contentino dei perdenti. Buffon ha sbagliato a parlare così perché ha dimenticato che i suoi connazionali, appena vedono qualcuno sbagliare, diventano tutti Seneca e Catone; soprattutto non ha capito che il livore delle polemiche che lo accerchiano finge di essere causato dalla piccola e ipotetica scorrettezza ma in realtà è figlio della grande e tangibile parata, perché in Italia si perdona tutto tranne il talento.