sabato 21 aprile 2012
Non so se sia la più grande novità della politica italiana ma ieri ho avuto un illuminante colloquio con un amico che s'interrogava su quale partito, allo stato attuale delle cose, sia per lo meno decente votare alle prossime elezioni politiche, se mai ci saranno: "Beppe Grillo non se ne parla nemmeno perché il suo ideale di democrazia diretta estrema con certificati di garanzia distribuiti via internet metterebbe gli italiani che lavorano e producono qualche denaro in mano agli italiani che stanno seduti a casa e producono commenti mordaci sugli italiani che lavorano. Sinistra Ecologia e Libertà potrebbe darsi, ma solo perché Nichi Vendola andando al governo ridurrebbe l'Italia come la Puglia, con la differenza che non tutti gli italiani sono pugliesi e dopo un paio d'anni del suo governo di vaghe promesse brutte poesie e dispendiose politiche sociali, lungi dal bramare di rieleggerlo, lo rovescerebbero e ne approfitterebbero per scardinare il pachidermico e costosissimo sistema dello Stato: Nichi Vendola si ritroverebbe così a essere l'indiretto responsabile della fine dell'Italia e il voto per lui sarebbe obliquo, un metodo surrettizio per far saltare tutti i suoi sogni nazionali accondiscendendo sulle prime; ma è rischioso, perché fra gli italiani ci sono quanto meno i pugliesi che l'hanno eletto due volte e quindi sicuramente non tutti capirebbero una tattica tanto ardita. Il Pd sarebbe votabile solo a patto che cambi nome, simbolo, leader, vertici e programma; ma prima dovrebbe dotarsene. L'Italia dei Valori men che meno poiché, senza voler scomodare né Lucibello né Pacini Battaglia, l'idea che l'onestà debba essere l'unico metro di valutazione della politica è come pretendere che lo spazzolino da denti sia il criterio dirimente della critica enogastronomica. L'Udc è giunto all'eccesso di azzerare i vertici al precipuo scopo di sistemare Pierferdinando Casini al Quirinale invece di onorare con uno scatto d'orgoglio la croce che porta sul simbolo e cercare di reinstallarci il legittimo inquilino, il Papa. Il Partito della Nazione non esiste. Luca Cordero di Montezemolo ha organizzato Italia '90 (vinse la Germania), la Ferrari (vinceva sempre Hakkinen) e soprattutto la Juventus: lui la fece allenare da Maifredi, la squadra arrivò settima in campionato e gli Agnelli richiamarono di corsa Boniperti e Trapattoni, un po' come se dopo un anno di governo Montezemolo il presidente della repubblica facesse carte false per restaurare Formica e Cirino Pomicino. Gianfranco Fini, basta la parola. Il Pdl, che stando ad accurate indagini scientifiche risulta tuttora esistere, nel giro di tre anni ha tolto l'Ici e ha messo l'Imu. Se, come si vocifera, a seguito della riforma in senso proporzionale del sistema elettorale dovesse ricostituirsi un partito del Secolo d'Italia attorno alle ultime scintille della fiamma già annacquata, si tratterebbe comunque di una destra incatenata allo Stato etico per il quale ogni italiano è incantato d'amore a patto però che risulti etico con gli altri ma non con lui, e probabilmente non ne varrebbe la pena perché sarebbe una ratificazione dello status quo. La Lega in linea teorica sostiene idee condivisibili - come Calderoli quando disse testualmente che le tasse sono una cosa odiosa - ma all'atto pratico non è stata forte abbastanza da convincere un alleato di governo, liberista a chiacchiere, ad abbassare le aliquote o a favorire lo sviluppo; anzi, quando s'è trattato di riformare il sistema pensionistico ha reagito come una Camusso qualsiasi: è questo il vero problema della Lega, non i lingotti o i diamanti di Belsito, mentre il problema di Maroni non è tanto che sia l'esponente di un indipendentismo di sinistra quanto che abbia esplicitamente dichiarato di non contemplare il dogma dell'Italia ma di restare tuttavia un europeista convinto, il che è come dire che non vuoi restare nella padella perché credi nella brace. Che si vada a votare a ottobre o a marzo o a giugno o a ferragosto, in Italia manca l'unico partito votabile, un partito che batta il pugno sul tavolo e dica ciò che non si può dire, ovvero: l'Italia finisce (come da titolo di un bel vecchio libro di Prezzolini), è stato un esperimento durato centocinquant'anni e se dovesse risultare riuscito è bene andare avanti, ma se i risultati sono fallimentari come pare essere sotto gli occhi di tutti ognuno per la sua strada come la Cecoslovacchia; l'Europa un tempo era inutile ma oggi è dannosa, e c'è voluto ben meno di un secolo e mezzo per capire che l'esperimento è fallito quindi, che vi piaccia o no, arrivederci; i tedeschi sono liberi di comandare come vogliono, ma solo in Germania, e la Francia può bombardare la Libia quando le pare, ma solo con aerei e soldati francesi; l'unico elemento concreto che unisce l'Italia sono le chiese cattoliche che l'ammantano da cima a fondo pertanto l'integrazione a oltranza di immigrati di religione differente implica automaticamente la nostra disintegrazione; lo Stato non può essere il principale possessore di aziende privatizzate; le tasse sono il pagamento per un servizio, ma più è elevato il pagamento e meno soddisfacenti sono i servizi più si tende al limite del furto. Ci vuole un partito che abbia il coraggio di prendere le casse di tè e gettarle in mare allo scopo di liberare l'Italia dalla dominazione nordeuropea, da quella sino-magrebina e, se necessario, pure da quella italiana. In Italia l'unico partito votabile è quello che non c'è, l'unica novità ragionevole della politica italiana sarebbe la versione nostrana del Tea Party che, volendo localizzare, potremmo piuttosto chiamare Partito del Caffè. Tu cosa ne pensi?" "Prendo un'altra birra".