Che memoria corta abbiamo in Italia, corta e piena di merda come una scala da pollaio. Ogni volta che accade qualcosa di grave ci agitiamo, ci shakeriamo, trasudiamo “Ciao Tizio” e “Ciao Caio”, fingiamo di conoscere da decenni morti sconosciuti, li chiamiamo per nome di battesimo e magari ripetiamo i loro slogan decontestualizzati, appendiamo le gigantografie con la scritta “Ci mancherete”, insultiamo i colpevoli se ci stanno antipatici o li giustifichiamo se ci stanno simpatici, atteggiamo la bocca a culo di gallina per riprometterci “Mai più”, troviamo il coraggio di guardare negli occhi familiari e superstiti per dire loro “Non ci dimenticheremo”; e poi ci dimentichiamo, travolti dall’inevitabile vitalità quotidiana, dalla pigrizia, dal pressappochismo, dalla distanza e da altre morti che ci spingono a fare a gara a chi dice per primo “Ciao Sempronio”, a chi sceglie la foto più bella del deceduto fresco, a chi promette a più persone possibili che non dimenticheremo e finché non ci si dimentica e così via in eterno.
Finisce il campionato e finiscono anche gli anticipi su Quasi Rete. L'ultimo è un triste e piovoso Parma-Bologna finito 1-1 nel giorno in cui compivo dieci anni.