Finalmente domenica!
Seconda giornata, 2 settembre 2012
La prima nuvolaglia di settembre dispone l’animo alla rilettura di romanzi solidi come Casa Howard e al riascolto di dischi crepuscolari come il White Album; è una campanella che suona la fine della ricreazione e, in virtuosa consonanza climatico-psicologica, consente di tornare a infilarsi i calzini e a rimboccarsi le maniche con pari sollievo. La prima nuvolaglia di settembre da anni crea in me un muto entusiasmo per il dovere di tornare a fare le solite cose ma cercando di farle meglio; eppure non basta a riavermi dallo sgomento di dovere, stasera, assistere impotente a un’ulteriore puntata de La Domenica Sportiva. Una settimana fa, per amore d’esperimento, avevo volutamente evitato di controllare l’andamento delle partite in fiduciosa attesa di venirne informato da Paola Ferrari o dal conduttore ombra Marco Civoli. Mai l’avessi fatto. I risultati delle partite che si erano concluse poco oltre le 22:30 sono arrivati alle 23:20, dopo cinquanta minuti di discettazioni sulle partite del giorno prima o del tardo pomeriggio (tanto valeva che si chiamasse Il Sabato Sportivo), dopo un servizio all’italiana sulla squadra del San Felice sul Panaro e dopo l’autorevole parere di Fulvio “Fuffo” Collovati. Arrivate le partite del giorno, fra una sintesi e l’altra immani fiumi di chiacchiere tanto che, tenendoci al mio stato di salute psicofisico, non ho ritenuto opportuno trattenermi oltre la mezzanotte per guardare l’Inter, che peraltro aveva vinto.
Ho cercato di recuperare nel corso della settimana mettendomi all’inseguimento delle antiche repliche che Rai Sport trasmette a casaccio. Un pomeriggio ho visto un’intera puntata de La Domenica Sportiva senza Adriano Bacconi né Gene gnocchi ma col solo Carlo Sassi seduto davanti a un monitor sul quale armeggiava un anonimo tecnico sistemato di spalle: così che sono stato più informato, e in meno tempo, su una lontana domenica del 1984 che su quella più attuale del 2012 nonostante la disparità di mezzi a disposizione. Allora ho pensato che la cronologia è una specie di forza di gravità per la quale, non importa quanto si percepisca chiaramente il punto di partenza, si finisce sempre per precipitare insensibilmente; poi, ei casi più gravi, ci si convince perfino che Paola Ferrari sia meglio di Carlo Sassi o che il cardinal Martini sia meglio di papa Pio V solo perché sono venuti dopo. Non ci si evolve ma si cade risucchiati dal vuoto del tempo che passa.
Lo stesso vale per lo spazio. Lunedì sera in un bar di Gravina ho spiegato a una compagna di classe, intimandole di non fidanzarsi mai con un meridionale, che alle scuole elementari facevano bene a sistemare la cartina geografica dell’Italia in verticale sul muro bicolore; è una parete da scalare infatti, e uno può fare innumerevoli sforzi e sacrifici per arrampicarsi fino in cima ma poi basta un attimo di distrazione – un fidanzamento appunto, o magari qualche telefonata di troppo dei genitori – che bunf!, si scivola giù senza rimedio e si fa la fine del Don Giovanni di Vitaliano brancati: il quale, di passaggio in Sicilia dopo essersi faticosamente acclimatato al nord, chiude gli occhi un minuto e dorme cinque ore. Intanto Rai Sport manda in onda Paolo Valenti che nel 1979 cerca di combattere lo spaziotempo infilando sei partite nei dieci minuti residui di un ingarbugliatissimo 90° Minuto. Mio padre lo guarda e fa: “Nel 1979 ho fatto l’ultimo viaggio con tua madre. Poi sei nato tu”.
[L'altra metà della rubrica si trova su Quasi Rete]