Finalmente domenica!
Terza giornata, 16 settembre 2012
Ho abbastanza Festival Filosofia alle spalle e sulle spalle – il primo, da turista, risale al 2004 mentre l’ultimo, da rotellina del marchingegno, risale a oggi – per sapere che il problema non è lavorare di domenica ma svegliarsi al lunedì. So che il fine settimana del Festival è una lunga giornata di settantadue ore in cui si sta in piedi sull’adrenalina mentre si continua ad andare su e giù per Modena: e vai all’albergo a prelevare Lecaldano, e vai in Piazza Grande a presentare Ferraris, e vai a Sassuolo a presentare Niola, e vai a cena con l’assessore, e telefona a Lash, e intervista Searle, e affianca la Rai, e riporta in albergo Bauman, e ricordati di mangiare qualcosa e dormire un po’ negli interstizi. Conosco ogni segreto della sopravvivenza e tutto ciò non mi crea problema perché mi piace e mi diverte, è il cibo che solum è mio et ch’io nacqui per lui; e inoltre a Modena ho trascorso (sempre più tempo fa) gli anni più belli della mia vita quindi ho contratto un debito di riconoscenza nei confronti della città e delle persone che organizzano il Festival; e per soprammercato la zona mi attrae, Modena è la mia patria dell’anima e dopo avere visitato per bene il Palazzo Ducale non capisco perché gli italiani si ritrovino ad andare in vacanza alle Maldive o in Patagonia anziché a Sassuolo. E mai come quest’anno, dopo che è successo quello che è successo, io e i miei colleghi sparsi per l’Italia e per l’estero, dal Regno Unito alla Calabria, abbiamo voluto essere presenti e partecipi e portare come formiche la nostra mollichina al Festival; e quando abbiamo saputo che sabato pomeriggio, in occasione della lezione magistrale di Cacciari, sarebbe stata riaperta al pubblico dopo tre mesi e mezzo Piazza Martiri di Carpi ci siamo sentiti come se l’avessimo fatta riaprire un po’ anche noi, sebbene a essere onesti non c’entrassimo gran che.
Il lunedì invece, il lunedì è tutt’altra musica. Tutto il contrario di Zanardi che in un’intervista a Gino Cervi aveva detto che non gli piaceva tanto la felicità della domenica quando vince la gara quanto la felicità del lunedì quando ricominciava ad allenarsi; io, tutto il contrario. Il Festival tramonta, il lunedì incombe e io so che mi sveglierò tardi (lo detesto), col mal di gambe (non lo apprezzo), col mal di schiena (più del consueto), con l’obbligo di liberare entro le 11:30 la camera d’albergo, senza più i buoni pasto offerti dal Consorzio per il pranzo alla caffetteria dei Musei e la cena alla Bicicletta in Sant’Eufemia, senza più il tesserino che mi fregiava il petto consentendomi di farmi strada dovunque volessi a colpi di sguardi truci, con la sola prospettiva di passare la giornata a guardare palchi e tensostrutture che vengono smontati mentre il mal di gambe aumenta e il mal di schiena pure e l’intenzione di restare a godermi Modena fino al pomeriggio lascia pian pianino strada alla consapevolezza che la cosa più intelligente a farsi è salire sul primo treno per la Lombardia e andarmene prima di pranzo pensando che nel frattempo, proprio mentre faccio la valigia e me ne vo, in tutta la provincia di Modena stanno riaprendo le scuole che erano state chiuse in primavera a colpi di calcinacci, e concludendo che quindi, magone nonostante, io me ne andrò ma Modena resta.
[L'altra metà della rubrica si trova su Quasi Rete.]