Il guaio è che siamo
ancora fermi al 1977. Era l’anno di “Un borghese piccolo piccolo”, con Alberto
Sordi che accompagna il figlio al concorso per il Ministero. Arriva la
convocazione alla prova scritta tempo tre settimane, il figlio dichiara di star
già iniziando a cacarsi sotto, il padre lo rimprovera di non fare così ché
sembra sua madre, la madre protesta ma intanto va in chiesa a fare stregonerie
con l’acquasantiera, il figlio teme comunque di non farcela, il padre prende le
ferie per aiutarlo a prepararsi e gli ripete che se fanno il loro dovere, tutti
e due a tavolino fino a tarda sera, ce la faranno. E poi, il giorno del
concorso, viene scandito il lento rituale: la mamma che assiste il ragazzo
mentre s’infila i calzini, il segno della croce prima di uscire di casa, la
dormita in tram, il cornetto al bar; questo ragazzo che non è più un ragazzo,
imbolsito, vestito come uno studente di scuola media affetto da gigantismo, ha
sette biro in tasca per timore che finisca l’inchiostro e lo sguardo spento di
un perfetto Vincenzo Crocitti che a ogni passo sembra più vecchio del padre dal
quale si fa trascinare verso il posto fisso, verso lo Stato che – esclama
Alberto Sordi – non fallisce mai.
Sul Foglio di oggi trovate un paginone in cui racconto il dipanarsi del concorso docenti convocato dall'ex ministro Proumo, spiego la differenza fra professori e alunni, faccio due complimenti a Mariastella Gelmini e incidentalmente ammetto di essere anch'io nato di donna.
[Ora disponibile anche sul sito del Foglio.]