A Natale purtroppo siamo tutti più buoni, soprattutto ora che il serial killer e il camorrista evasi la scorsa settimana sono stati rapidamente catturati e verranno altrettanto rapidamente dimenticati, così come i propositi vendicativi di far tornare in vigore la pena di morte - non per l'evasore ma per il direttore del carcere. Il sopravvento dei fatti sulle idee oscura un concetto chiave espresso in un'intervista a Repubblica da Luigi Pagano, vice-capo vicario del Dipartimento di amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia. Pagano dichiara che "il sistema funziona" perché, calcolando sul totale di permessi premio, lavoro all'esterno e semilibertà, la percentuale di detenuti che non rientra si assesta sul 5%.
Qui sta la grande distinzione e il nucleo di tutto il belluino dibattito seguito alle due evasioni. Il sistema funziona se lo si considera con gli occhi di Rousseau o Dostoevskij, secondo i quali l'uomo è naturalmente buono (non solo a Natale) e viene rovinato o dalla civilizzazione o dalle circostanze. In questa prospettiva la pena ha il compito di ricondurre il detenuto alle origini e di conseguenza il 95% di detenuti in permesso conferma la propria bontà mentre il 5% di evasi è un normale margine di errore statistico.
Se invece uno parte dall'assunto che l'uomo non sia naturalmente buono ma vada contenuto e raddrizzato, e che la detenzione serva a preservare la società da un rischio concreto, allora il sistema non funziona più perché su venti detenuti in permesso ce ne sarà sempre uno che andrà in giro a combinare altri guai o a mettere a repentaglio la sicurezza quanto meno degli agenti che lo braccano. in tal caso dopo il camorrista e il serial killer bisognerebbe catturare anche Rousseau e Dostoevskij.