lunedì 10 marzo 2014

Ci sono cose che si capiscono e cose che si capiscono meno. Ad esempio non si capisce perché debba essere considerata discriminatoria e sessista l'imitazione di una donna, Maria Elena Boschi, a opera di un'altra donna, Virginia Raffaele. Né si capisce, a leggere i giornali, perché se io uccidessi la mia fidanzata compirei un reato più grave della mia fidanzata, qualora costei decidesse di uccidere me*; si capisce ancora meno perché un reato commesso l'8 marzo debba essere più grave di uno commesso il 7 o il 9. Non si capisce se l'8 marzo abbia poi festeggiato anche Massimo Di Cataldo la richiesta di archiviazione per percosse alla sua donna, che i più certosini di voi avranno notato in formato francobollo dopo che la stampa aveva dedicato lenzuolate alle foto di lei tumefatta. Non si capisce l'esatto senso di dichiarazioni affrettate secondo le quali "i parlamentari devono essere per metà donne": significa che sotto giacca e cravatta devono indossare la gonna o bastano rossetto e fard? Non è chiaro se la libertà della donna rivendicata a gran voce da una dozzina di manifestanti demodé si estenda fino a sgozzare i propri figli o se il caso della signora di Lecco non si configuri piuttosto come eccesso di zelo. Personalmente non capisco nemmeno il motivo per cui (mi assicurano fonti autorevoli) in una determinata parrocchia un determinato parroco abbia fatto distribuire mimose alle fedeli accompagnandole con un biglietto retorico sulla bellezza della donna; nello specifico tuttavia quest'ultimo episodio mi fa capire perché qualche giorno fa ho visto frotte di bambini mangiare beatamente un gelato col beneplacito dei genitori nonostante che fosse venerdì di quaresima.



*Mamma, non allarmarti, è un'ipotesi.