Fra secoli e secoli e secoli nulla magari resterà della
nostra odierna società italiana se non una copia lacera di Creduli e credenti di Marco Ventura (Einaudi) che un qualche
archeologo leggerà per scrupolo di erudizione. Ciò gli sarà sufficiente per farsi
un’idea chiara del nostro tempo e più in particolare, come da sottotitolo del
volume, del “declino di Stato e Chiesa come questione di fede” nei trent’anni
che ci separano dall’accordo di Villa Madama fra Bettino Craxi e il cardinal
Casaroli. Noi oggi non possiamo sapere quale religione professerà il futuro
archeologo ma sappiamo già che non importa poiché, spiega Ventura, “ogni fede è
diversa dall’altra e tutte le fedi si somigliano un po’”; ciò che conta è che
“solo in parte esse colgono la realtà di una persona e di una comunità” per
indagare le quali è sempre bene rifarsi al contesto generale. Eccovelo in tutta
la lucidità con cui viene comunicato al futuro archeologo riguardo alle oscure
interconnessioni che oggi malauguratamente ci sfuggono, accecati come siamo da
contingenza e parzialità.
L’archeologo apprenderà anzitutto che l’accordo sottoscritto
da Craxi e Casaroli il 18 febbraio 1984 sembrava il rinnovamento e
l’aggiornamento dei Patti Lateranensi ma era in realtà l’annuncio di ciò che sarebbe
accaduto nell’ottobre dello stesso anno, quando i pretori disposero l’oscuramento
dei ripetitori delle tv di Berlusconi. L’intervento di Craxi fu duplice: se da
un lato gli italiani dovevano essere liberi di scegliere a chi destinare l’otto
per mille, dall’altro doveva essere garantita loro “libertà di telecomando”
(c’è scritto davvero, a pagina 6). A partire da quel momento avvennero svolte
epocali. Anzitutto “nei trent’anni che sono passati da allora la Chiesa ha
scelto il credere contro il non credere”; non credere che, con ogni evidenza, era
stato scelto nei diciannove secoli precedenti.
Inoltre a partire da quel
momento “l’Italia e la Chiesa di Roma sono venute giù insieme” come dimostra il
fatto che, a pochi mesi dall’accordo di Villa Madama, “è nata la primogenita
dell’unione fra Veronica Lario e Silvio Berlusconi al cui battesimo cattolico
presenzia lo stesso Bettino Craxi” (c’è scritto davvero, a pagina 41). Si
trattava di quello stesso Berlusconi che poi, non contento di aver fatto
battezzare i figli, un quarto di secolo dopo fece scattare “l’offensiva” contro
l’Unione Europea, rea di avere emesso una sentenza contro la presenza nei
luoghi pubblici del crocifisso che, venne rivelato fra la sorpresa generale,
“poteva essere interpretato come segno religioso”. Per questo Berlusconi siglò
un patto scellerato con la Chiesa regalando a Benedetto XVI una croce
pettorale, altamente simbolica; nella circostanza inoltre Berlusconi si
dimostrò talmente diabolico da regalare il crocifisso anti-europeo a Ratzinger
già nel 2008, un anno prima della sentenza della Corte Europea. Il fatto
innegabile che quella regalata da Berlusconi a Ratzinger fosse diversa dalla
croce pettorale indossata dal cardinal Martini segnava “l’alternativa
drammatica tra il credulo e il credente” (c’è scritto davvero, a pagina 185);
peggio, si configurava come “oltraggio al crocifisso” che veniva “regalato come
si fa con un trofeo di vittoria e un pegno di alleanza” (c’è scritto davvero,
alle pagine 223-224). La prossima volta, meglio un mazzo di fiori.
Il nostro errore di contemporanei è di considerare le cose
per quelle che sembrano, trascurandone la portata metaforica che emergerà
chiaramente in un futuro indefinito. Ad esempio, noi siamo convinti che
parlando di “ingravescente aetate” Benedetto XVI si riferisse al proprio vigore
personale quando invece si riferiva chiaramente “al vigore della Chiesa, al
declino di questa al cospetto del mondo di oggi”. Se non capiamo tutto subito è
perché in Italia è in atto una guerra religiosa fra la voce credula – la quale
“autorizza il commercio della fede. Invita alla manipolazione. Ci rende
indulgenti verso la nostra incoerenza. Ci fa sentire potenti, perché al
contempo puri e cinici” – e la voce del credente che “non ha paura di dubitare.
Sa che la storia è più grande di lui, ma sa anche che nella storia c’è un posto
per lui. Una responsabilità per lui”; e che soprattutto “non ama i buchi di
memoria in cui cadono le cose scomode”.
Una delle cose storiche che Ventura tira fuori dai buchi di
memoria è l’identificazione mistica fra Berlusconi e Ratzinger, “profeti
osannati e incompresi, destinati a incarnare l’anima dei loro popoli anche
quando le cronache li avevano dimenticati”. Il parallelismo è evidente: erano
entrambi credenti, entrambi cattolici, e “implacabili nel caricaturare il
nemico” che fosse marxista o protestante o comunista o giudice (c’è scritto
davvero, a pagina 57). E quale miglior prova di ciò del fatto che Benedetto XVI
celebrò la memoria del Concordato del 1929 stando “attento a non lasciarsi sfuggire
la parola ‘fascismo’”? E che appunto, evitando di nominare il fascismo, gli si
mostrò grato? C’è scritto davvero, a pagina 51, anche se leggendo il nudo testo
del discorso non si capisce bene come fece: forse nella circostanza il Papa si profuse
in occhiolini e smorfie degni del Pietro Ammicca di Gigi Proietti.
A partire dall’accordo del 1984 la “complicità fra Italia e
Città del Vaticano” ebbe lo scopo di “impedire l’accertamento di fatti e
responsabilità” e formare “il conflitto tra giudici e politica che divenne
strutturale nell’Italia dei decenni successivi”. Fu nell’alveo di questa
complicità che infatti “venne incubata la fede berlusconiana nei giudici
comunisti e nell’attacco di questi alla libertà del popolo”, che trovò
espressione nella “religione civile di Marcello Pera e Joseph Ratzinger che
asserviva Dio agli interessi politici e economici dei retori della nazione
cristiana”. Per questo, si presume, quello di Giovanni Paolo II fu un
pontificato mentre quello di Benedetto XVI fu un regno (c’è scritto davvero, a
pagina 138). Questa religione civile venne poi capillarmente insegnata nella
scuola pubblica di Letizia Moratti secondo questi termini: Gesù “non era il
Cristo. Non era il Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, nella
Trinità. Non era il risorto. Per combattere la secolarizzazione e il
relativismo, Gesù veniva secolarizzato e relativizzato. Era una figurina
disarticolata e devitalizzata a uso della tattica credula”.
La tattica credula consiste in un approccio alla storia “che
subordina tutto all’urgenza contingente e al posizionamento rispetto a essa di
chi parla, che non inquieta l’osservatore con una verità a lui esterna, ma gli
somministra il tranquillante di un’ortodossia, e che di conseguenza appiattisce
l’altimetria degli individui, rimuove la sostanza dei conflitti e edulcora
l’amaro lutto di generazioni”. Marco Ventura se ne guarda bene, come dimostra
la ricostruzione dello scandalo dei referendum. Sentite qui. Nel febbraio 1991
Craxi invitò gli italiani ad andare al mare anziché votare al referendum sulla
legge elettorale. Perse e poche settimane dopo Giovanni Paolo II nominò Camillo
Ruini a capo della Conferenza Episcopale Italiana; e solo quattordici anni più
tardi quello stesso Ruini invitò gli italiani a non votare al referendum sulla
fecondazione assistita del 2005. Il cerchio si chiudeva: Ruini “era divenuto
presidente dei vescovi italiani quando gli italiani preferivano le urne al
mare, il maggioritario al proporzionale, quando implodeva il cattolicesimo
politico democristiano. Ora conduceva gli italiani a votare non votando” (c’è
scritto davvero, a pagina 88). Pesava inoltre l’aggravante che “la fede di
Camillo Ruini è non solo speranza ma certezza, realtà”; insomma questo
cardinale credeva davvero a tutta la storia della creazione, del peccato
originale, dell’incarnazione e magari anche della risurrezione. Era un credulo.
Se fosse invece stato un buon credente avrebbe piuttosto riso e applaudito al
monologo che Roberto Benigni, ospite di Fabio Fazio e Roberto Saviano nel
novembre 2010, tenne in tv sull’allora freschissimo caso che coinvolgeva Ruby
Rubacuori (c’è scritto davvero e piuttosto diffusamente, da pagina 115 a pagina
125) e “il battezzato Silvio Berlusconi”, un uomo che non solo aveva fatto
battezzare i figli ma s’era perfino fatto battezzare nella più tenera infanzia,
e che chiamato così sembra un po’ il “cittadino Luigi Capeto” convocato alla
ghigliottina.
Questo è niente. Pensate che nel 2010 il cardinal Bagnasco
sostenne in un pubblico discorso che “i credenti in Cristo continueranno a
sentirci tra i soci fondatori di questo Paese oggi come nel 1980, nella fase
più acuta del terrorismo”. Prima che arrivasse Ventura nessuno aveva notato che
“proprio nel 1980, i cattolici celebrati da Angelo Bagnasco nel 2010 trovarono
al cinema, nella prova di fede dell’eroe di ‘Guerre stellari’, Luke Skywalker,
un’icona”. C’è scritto davvero, a pagina 68. Mentre tutti erano distratti dalle
mosse diversive del primo pontefice polacco, il senso del cattolicesimo era
tutto racchiuso nel dialogo fra Skywalker e il maestro Yoda mentre tentano di
estrarre la navicella spaziale da un lago fangoso: “Luke è sbalordito: -Non
posso crederci!- -Ecco perché hai fallito, ribatte il maestro jedi”.
Ed è forse solo un caso che, solo due mesi prima dell’aprile
1989 in cui fu formalizzato l’accordo sull’insegnamento della religione nelle
scuole pubbliche, Raffaele Riefoli in arte Raf cantasse sul palco di Sanremo
“Cosa resterà degli anni ’80”? C’è scritto davvero, a pagina 73. E non è
evidente che “Thatcher, Reagan e Ratzinger si incontravano in una difesa della
fede che usava la società al contempo invitava l’individuo alla riscossa,
venerando spiriti divini e economici più forti di ogni massa”? E non balza
all’occhio che Berlusconi vinse le elezioni proprio dieci anni dopo il
“Rapporto sulla fede” di Ratzinger e Vittorio Messori? C’è scritto davvero, a
pagina 79. E non è significativo che la tv pubblica mandò in onda “L’Isola dei
Famosi” fra il 2003 e il 2013, ovvero proprio quando “nell’Italia del baratro
politico dei valori, del primato di una ‘rilevanza’ che ci isolava dal mondo,
la compravendita di sesso e potere inquinò tanto la società italiana quanto la
società ecclesiale”? C’è scritto davvero anche questo, a pagina 224.
Per fortuna c’è scritto anche che un uomo giunse a salvarci.
Il futuro archeologo potrà consolarsi riguardo al nostro destino apprendendo
che, significativamente pochi mesi dopo l’accordo di Villa Madama, Roberto
Baggio s’infortunò gravemente al ginocchio. Non se ne fece scoraggiare e a
capodanno del 1988 si convertì al buddhismo. Quando l’Italia toccò il punto più
basso del baratro politico dei valori – proprio un anno e mezzo dopo la caduta
dell’ultimo governo Berlusconi e solo tre giorni dopo l’abdicazione di
Benedetto XVI – Fabio Fazio (lo stesso del monologo di Benigni) lo invitò sul
palco del Festival di Sanremo (lo stesso della canzone di Raf) e Baggio tenne
un discorso che Ventura ci svela essere stato rivolto alla “generazione
incredula”, ossia agli italiani nati dopo il fatale 1984 che ci ha portati al
punto in cui siamo. Lì Baggio ricordò “gli incidenti alle ginocchia, il
sacrificio necessario per convivere col dolore” e invitò “i giovani alla fede
dei credenti”. C’è scritto davvero, a pagina 230, ma magari a questo punto non
vi sentite più in dovere di andare a controllare.