“Il cambiamento continua”, “Cambiamo davvero”, “Cambiamo sul serio” erano gli slogan dei vari candidati. Pavia però è refrattaria agli stravolgimenti, è una città la cui via principale si chiama Strada Nuova dal 1359; da dove è nata allora la sorprendente rimonta del centrosinistra ai danni di Alessandro Cattaneo, formattatore del Pdl, fulgida promessa del centrodestra, già incoronato sindaco più amato d’Italia? Massimo Depaoli ha vinto il ballottaggio dopo essere partito dal 36%; al primo turno aveva quattromila voti in meno di Cattaneo ma al secondo duemila in più. La rimonta era tanto inimmaginabile che Daniele Bosone, presidente della provincia e senatore Pd, aveva pubblicamente promesso di tingersi i capelli di blu in caso di vittoria.
Bosone non ha considerato che a Pavia si vince con pochi voti. La stessa candidatura di Depaoli era sorta coinvolgendo uno spicchio infinitesimale di popolazione: alle primarie di febbraio si erano presentati ai gazebo solo ottocento dei circa ottomila abituali elettori del Pd; in provincia, alle primarie di Cava Manara, su seimila abitanti avevano votato in mille. Depaoli aveva ottenuto una percentuale schiacciante sul suo rivale – Luigi Furini, giornalista, interista, blogger del Fatto – ma partiva comunque da settecento voti. Per diventare sindaco gliene sono bastati 17.000, meno di uno su tre aventi diritto. Al primo turno Cattaneo ne aveva ricevuti 18.000.
Potenzialmente azzoppata in partenza, a primavera la candidatura di Depaoli è stata trasformata da individuale in collettiva. “Più che di spostare voti si trattava di mobilitare energie”, mi dice Daniela Bonanni: maestra in pensione, originaria di Casarsa come Pasolini, militante svincolata dai partiti, è stata l’anima martellante benché schiva di questa campagna elettorale. Spiega che Depaoli insegna lettere al liceo scientifico (la mattina dopo il ballottaggio stava facendo gli scrutini) e quindi, pur essendo consigliere comunale, pativa lo svantaggio di non essere noto al di fuori del ristretto ambiente dell’istruzione e della cultura pavesi. Allora lei ha pensato al cartonato. Il Pd aveva stampato una foto di Depaoli a grandezza naturale; lei ha avuto l’idea di metterla sotto un gazebo in piazza e far scattare ai passanti un selfie con l’icona del candidato meno celebre. Il messaggio da veicolare era che pochi conoscevano Depaoli ma chi lo conosceva lo avrebbe votato. I selfie, virali su facebook, hanno coinvolto studenti e perfino professori, cosa di non poco conto in una piccola città dall’Università enorme. È riuscita anche la campagna delle facce: sui manifesti di Cattaneo c’era solo lui mentre quelli di Depaoli erano un collage di sostenitori, esponenti della società civile e dell’intellighenzia locale, grandi ciascuno quanto un francobollo ma col proprio nome sotto. Alla fine erano in centonovantadue.
Il Pd ha fatto la sua parte; Debora Serracchiani è venuta a Pavia ben due volte. “La vittoria però non è solo del Pd”, continua la Bonanni. “È stata vincente la loro idea del camper che si aggirava per le periferie, ma adesso che la campagna elettorale è finita deve continuare a circolare, ad ascoltare la gente proprio perché questa vittoria ha un valore collettivo”. Di là dal merito di Depaoli, i voti di Cattaneo sono smottati. È stata solo colpa della domenica di sole e caldo, che la borghesia pavese tradizionalmente trascorre al mare? “Cattaneo mi ha dato l’impressione di essere stato lasciato solo dal partito”, azzarda, “e ha perso perché è tracimato. Era presente ovunque: pubblicità su taxi e autobus, addirittura una comparsata alla Messa di Rai 1 trasmessa domenica da Pavia”. L’ultimo atto di Cattaneo da sindaco, sabato sera, è stato una cena sul ponte che varca il Ticino, in occasione del Palio: controllava nervosamente il cellulare mentre attorno a lui figuranti in armatura medievale si sfidavano a gran colpi di spadone. “Una scena da film di Sorrentino, no? La nostra campagna invece è stata all’insegna dell’ironia, dell’allegria.”. Ma è vero che ha tenuto nella borsetta uno spray per tingere subito i capelli di Bosone? “Certamente. Adesso è blu”.