martedì 24 giugno 2014

Maracanazo
da Pavia, Brasile-Camerun

Manco a dirlo la Rai non intuisce che ieri l'unica partita interessante da trasmettere su quattro, dicasi quattro, era Messico-Croazia e propina quindi ai propri abbonati - giova ricordarlo di tanto in tanto, la Rai si paga - l'ultima futile del Brasile. C'è la scusa che, tecnicamente, i verdeoro possono ancora essere eliminati al primo turno, raggiungendo così la Spagna nella pattumiera e facendo insindacabilmente la storia dei Mondiali: i padroni di casa e i campioni in carica eliminati d'acchito manco fossimo in Sudafrica. Sky invece esagera e a due partite dedica tre canali, anzi quattro: c'è anche il canale highlights che mostra reiteratamente tutte le azioni salienti delle partite che si stanno giocando in quel momento, aggiornandole in tempo reale man mano che se ne aggiungono di nuove salienti. L'effetto, per chi lo guarda a lungo, è lo stesso del povero Alex sottoposto al videoloop della superviolenza in Arancia Meccanica; solo che in sottofondo c'è Emis Killa anziché Beethoven, ma è colpa dello Zeitgeist. Gli altri tre canali sfoderano uno l'inevitabile Brasile-Camerun, un altro la decisiva Croazia-Messico e il terzo la diretta alternata delle due partite. Noialtri optiamo per quest'ultimo cercando di non confonderci e impelagandoci in calcoli amletici. Per esempio, a Brasilia il Camerun pareggia all'improvviso e noi giù di abaco per calcolare che, se il Brasile perde e le altre due pareggiano, passano il Messico con un punto in più e la Croazia per la differenza reti (cosa per capire la quale abbiamo dovuto ricorrere altresì ai regoli): l'arbitro Nishimura verrebbe neutralizzato dall'evenienza che non contano gli scontri diretti, tanto per salvaguardare la regolarità del torneo. Prendete ad esempio i camerunensi, che giocano con una disinvoltura ammirevole mai vista nelle due partite precedenti: qualcuno giunge a suggerire che dipenda tutto dalla polemica che hanno imbastito contro la propria stessa federazione che non voleva pagare loro adeguati premi partita. Ah sì?, avrebbero detto i camerunensi, allora noi perdiamo le prime due in maniera imbarazzante, facciamo levitare le quote delle scommesse e a eliminazione inevitabile puntiamo tutto sulla nostra vittoria contro il Brasile e vinciamo a sorpresa. Ammetto che ci sarebbe piaciuto. Oppure nel secondo tempo, mentre il Messico dilaga sulla Croazia, noi tiriamo fuori il calcolatore scientifico per stabilire che basta un altro gollettino del Messico, e/o uno del Camerun, per far arrivare il Brasile secondo nel girone e schiantarlo contro l'Olanda. Ammetto che ci sarebbe piaciuto anche questo. Il Brasile invece tira avanti sospinto da un'inerzia incomprensibile, quasi controvoglia; questo Mondiale è un piano inclinato come si capisce perfettamente quando Fred segna di panza e i cronisti di Sky, dai campi più diversi, iniziano a disquisire sulla questione se si pronunci Fred, come Buscaglione, o Fregi. (Sulla Rai, ci scommetto, si pronuncia Fredde). Nessuno fa notare invece che Fred si è fatto crescere i baffetti di Ademir, numero nove brasiliano nella fatale partita del 1950 contro l'Uruguay: gira e rigira, di qui a metà luglio sempre lì si tornerà. Allora mi viene in mente un racconto di Jonathan Lethem che per puro caso ho letto nel pomeriggio. Parla di una distopica NBA del futuro in cui i cestisti indossano delle supertute con gli skills, le doti dei campioni del basket americano del passato: il campionato diventa così una faccenda fra figuranti che impersonano giocatoroni che in realtà non si sono mai affrontati per via del brutto inghippo della cronologia e della vecchiaia. La maglia del Brasile dev'essere qualcosa del genere, uno la eredita insieme a un peso di tradizione e capacità da riprodurre e onorare; mica è facile. Nel racconto di Lethem le doti di Michael Jordan spettano a un giovane bianco modaiolo che si fa chiamare Vanilla Dunk e che le sfrutta esagerando, tirandole fuori quando non serve (esattamente come gli highlights di Sky) e per certi versi svilendole, sciupandole. Tutti lo adorano anche se è insopportabile, tranne un collega nero che spiega qual è il problema, quale la differenza impercettibile dell'usare le supertute: "Jordan aveva un gioco integrale. Il migliore di tutti i tempi. Quello di Dunk è solo uno spettacolino". Oggi, anziché guardare l'Italia tanto è inutile, leggete Jonathan Lethem: il libro si chiama L'inferno comincia dal giardino, l'ha pubblicato minimum fax, "Vanilla Dunk" è uno dei migliori racconti sportivi della storia e sostituendo a "Jordan" la parola "Pelè" e a "Dunk" la parola "Neymar" capirete perché il Brasile non vincerà il Mondiale e sarà di nuovo psicodramma.